Salute mentale, la Puglia si affida al privato
Di AipsiMed , Mar, 27/05/2008 - 08:21
http://www.aipsimed.org/node/1707
Di Rosa Stano. Dopo la chiusura dei manicomi, a seguito della legge 180, una serie di inadempienze, di omissioni e di latitanze da parte delle istituzioni ha portato al fallimento dei vari Progetti Obiettivo in campo nazionale e regionale.
Il malfunzionamento dei Servizi territoriali, assolutamente non in grado di garantire la totale presa in carico dei pazienti e di assicurare loro le cure e la riabilitazione adeguata, la mancanza di personale opportunamente motivato e formato, l’assenza di una rete sociale in grado di promuovere un effettivo processo di integrazione socio-sanitaria sono le manifestazioni più eclatanti del fallimento di una politica sanitaria basata ormai sul
sistema delle deleghe. In base al “principio di sussidiarietà”, infatti, si è ritenuto più facile delegare ai privati la Salute Mentale, appaltando strutture e pagando per rette, sottraendo risorse umane ed economiche al servizio pubblico, senza alcuna garanzia di buon funzionamento.
A metà della legislatura che vede al governo della Regione Puglia una Giunta di centro-sinistra, il cui programma elettorale non poche speranze aveva alimentato avendo assunto, tra le priorità, l’impegno di un radicale cambiamento delle politiche della Salute Mentale, si registra invece una deludente gestione dell’esistente, nel segno della continuità con politiche calibrate sugli interessi consolidati di pochi gruppi privati, trasversali alle forze politiche, che dall’attuale configurazione dei servizi psichiatrici traggono “ fatturato” e quindi ostacolano qualsiasi
ipotesi di cambiamento che metta in discussione la loro cospicua fetta di mercato.
Questo spiega l’anomalia pugliese così come emerge dai dati riportati anche nella Bozza di Piano Sanitario Regionale nel capitolo sulla Salute mentale: eccesso di posti letto nelle strutture riabilitative, tutte private (2,59 p.l. ogni 10.000 abitanti contro 1 p.l. previsto nel Progetto Obiettivo Nazionale) con un basso turn- over (il 52% è ospite della stessa struttura per più di tre anni, mentre il 44%, alla dimissione, passa in altre strutture: in pratica non si riabilita nessuno!). Un timido, ma significativo, segnale di cambiamento si era prodotto con la Legge Regionale 26/2006 (Interventi in materia sanitaria) che all’art. 9 (Disposizioni programmatiche per la Salute mentale) aveva recepito alcune istanze avanzate dalle Associazioni di tutela dei pazienti e da Psichiatria
democratica: l’apertura dei C.S.M. per 24 ore con l’adeguamento del personale e con dotazione di posti letto in day-hospital, forme di riabilitazione alternative alla residenzialità in strutture private, vincolo dell’innalzamento degli standard minimi per gli accreditamenti, istituzione di una Commissione regionale, composta anche da rappresentanti delle associazioni di tutela dei pazienti, avente funzioni di proposta, monitoraggio e verifica
sull’attuazione delle politiche di salute mentale.
Ebbene, a distanza di due anni nulla è stato attuato: la Commissione, pur istituita con D.G.R. n.36 del 23/01/2007, non è mai stata convocata e resa operativa; i C.S.M. continuano a funzionare (?) solo per sei ore al
giorno e a configurarsi come meri ambulatori, impossibilitati, per carenza di risorse e di personale, a rispondere
alla complessità dei bisogni dei pazienti e delle famiglie, mentre le decisioni politiche continuano a favorire e a potenziare le nuove forme di istituzionalizzazione (leggi minicomi) gestite monopolisticamente dal Privato sociale che assorbe i due terzi delle già scarse risorse destinate
alla Salute Mentale. Nel frattempo, tanto per ribadire quali sono gli interessi
prioritari in campo, un solo atto concreto da parte del governo regionale: si tratta della deliberacon la quale la Giunta ha aggiornato le tariffe delle strutture residenziali in mano ai
privati, con una spesa di ben 4 milioni di euro, assicurando il pagamento del “vuoto perpieno”egarantendo loro la gestione di tutte le strutture riabilitative presenti e future e persino dell’assistenza domiciliare. Delibera che, nonostante la mobilitazione di Psichiatria Democratica, della CGIL, delle Associazioni di utenti e di familiari e la presa di posizione del
consigliere regionale Pietro Manni, è passata col “silenzioassenso” della Commissione Sanità.
Ed ancora, nel Documento di indirizzo economico funzionale del S.S.R. 2008, D.G.R. n. 95 del 31/01/2008, vengono destinati in favore degli ex ospedali psichiatrici di Bisceglie e Foggia, gestiti dall’Ente ecclesiastico “Casa della Divina Provvidenza Opere Don Uva”(1), risorse per 71.540.000,00 euro. Di contro, con le briciole restanti, 465.000,00 euro, si pretende di migliorare la qualità dei S.P.D.C. dove si continua a fare uso e abuso di contenzione, e neanche un euro può essere destinato al potenziamento dei C.S.M. ed all’adeguamento del personale dei servizi pubblici, lasciando così inattuata la L.R. 26/2006. La lettura della bozza di P.S.R. conferma come la permeabilità delle Istituzioni, nelle componenti politica e burocratica, ai “poteri forti” comprometta irrimediabilmente la possibilità di aprire una fase nuova di ridefinizione delle politiche di salute mentale. A dir poco schizofrenico, infatti, appare il capitolo sulla Salute mentale laddove, mentre nella prima parte l’analisi delle anomalie e delle criticità strutturali della risposta pubblica alla domanda di salute mentale è corretta e se ne individuano le cause nello sbilanciamento delle risorse in favore delle strutture gestite dai privati, peraltro non sottoposte ad alcuna valutazione di qualità ed efficacia, nella seconda parte, di definizione delle strategie, nulla di conseguente è riscontrabile, nessuna misura va nella direzione di nuovi percorsi terapeutici e riabilitativi centrati sulla persona sofferente, atti a garantire la restituzione del diritto ad un ruolo sociale, alla casa, alla formazione, al lavoro; ancora trascurata la Neuropsichiatria infantile; nessuna progettualità per gli inserimenti lavorativi; nessuna iniziativa per l’apertura dei CSM oltre le sei ore.
Se questo è lo stato delle cose, nessuna meraviglia se il destino dei pazienti psichiatrici è ineluttabilmente quello della cronicizzazione e, tante volte, quello della morte violenta, come recentemente è accaduto per due donne che non hanno potuto trovare accoglienza presso il Servizio territoriale che serra i battenti dopo le ore 14.00, una deceduta in seguito ad un T.S.O., legata al letto di un reparto psichiatrico, nonostante l’avanzata età di 81 anni, e l’altra suicida per
disperazione e per abbandono: morti che non meritano indignazione, non analisi sociologiche, non autocritica da parte di amministratori e addetti ai lavori, morti da nascondere per non infastidire i responsabili. Non si vede, purtroppo, chi oggi avverta l’urgenza di costruire un altro Marco Cavallo: allora si trattò di liberare i matti da luoghi di aberrante segregazione,oggi di liberarli dalle pervasive forze del mercato.
E non è certo più facile!
Di AipsiMed , Mar, 27/05/2008 - 08:21
http://www.aipsimed.org/node/1707
Di Rosa Stano. Dopo la chiusura dei manicomi, a seguito della legge 180, una serie di inadempienze, di omissioni e di latitanze da parte delle istituzioni ha portato al fallimento dei vari Progetti Obiettivo in campo nazionale e regionale.
Il malfunzionamento dei Servizi territoriali, assolutamente non in grado di garantire la totale presa in carico dei pazienti e di assicurare loro le cure e la riabilitazione adeguata, la mancanza di personale opportunamente motivato e formato, l’assenza di una rete sociale in grado di promuovere un effettivo processo di integrazione socio-sanitaria sono le manifestazioni più eclatanti del fallimento di una politica sanitaria basata ormai sul
sistema delle deleghe. In base al “principio di sussidiarietà”, infatti, si è ritenuto più facile delegare ai privati la Salute Mentale, appaltando strutture e pagando per rette, sottraendo risorse umane ed economiche al servizio pubblico, senza alcuna garanzia di buon funzionamento.
A metà della legislatura che vede al governo della Regione Puglia una Giunta di centro-sinistra, il cui programma elettorale non poche speranze aveva alimentato avendo assunto, tra le priorità, l’impegno di un radicale cambiamento delle politiche della Salute Mentale, si registra invece una deludente gestione dell’esistente, nel segno della continuità con politiche calibrate sugli interessi consolidati di pochi gruppi privati, trasversali alle forze politiche, che dall’attuale configurazione dei servizi psichiatrici traggono “ fatturato” e quindi ostacolano qualsiasi
ipotesi di cambiamento che metta in discussione la loro cospicua fetta di mercato.
Questo spiega l’anomalia pugliese così come emerge dai dati riportati anche nella Bozza di Piano Sanitario Regionale nel capitolo sulla Salute mentale: eccesso di posti letto nelle strutture riabilitative, tutte private (2,59 p.l. ogni 10.000 abitanti contro 1 p.l. previsto nel Progetto Obiettivo Nazionale) con un basso turn- over (il 52% è ospite della stessa struttura per più di tre anni, mentre il 44%, alla dimissione, passa in altre strutture: in pratica non si riabilita nessuno!). Un timido, ma significativo, segnale di cambiamento si era prodotto con la Legge Regionale 26/2006 (Interventi in materia sanitaria) che all’art. 9 (Disposizioni programmatiche per la Salute mentale) aveva recepito alcune istanze avanzate dalle Associazioni di tutela dei pazienti e da Psichiatria
democratica: l’apertura dei C.S.M. per 24 ore con l’adeguamento del personale e con dotazione di posti letto in day-hospital, forme di riabilitazione alternative alla residenzialità in strutture private, vincolo dell’innalzamento degli standard minimi per gli accreditamenti, istituzione di una Commissione regionale, composta anche da rappresentanti delle associazioni di tutela dei pazienti, avente funzioni di proposta, monitoraggio e verifica
sull’attuazione delle politiche di salute mentale.
Ebbene, a distanza di due anni nulla è stato attuato: la Commissione, pur istituita con D.G.R. n.36 del 23/01/2007, non è mai stata convocata e resa operativa; i C.S.M. continuano a funzionare (?) solo per sei ore al
giorno e a configurarsi come meri ambulatori, impossibilitati, per carenza di risorse e di personale, a rispondere
alla complessità dei bisogni dei pazienti e delle famiglie, mentre le decisioni politiche continuano a favorire e a potenziare le nuove forme di istituzionalizzazione (leggi minicomi) gestite monopolisticamente dal Privato sociale che assorbe i due terzi delle già scarse risorse destinate
alla Salute Mentale. Nel frattempo, tanto per ribadire quali sono gli interessi
prioritari in campo, un solo atto concreto da parte del governo regionale: si tratta della deliberacon la quale la Giunta ha aggiornato le tariffe delle strutture residenziali in mano ai
privati, con una spesa di ben 4 milioni di euro, assicurando il pagamento del “vuoto perpieno”egarantendo loro la gestione di tutte le strutture riabilitative presenti e future e persino dell’assistenza domiciliare. Delibera che, nonostante la mobilitazione di Psichiatria Democratica, della CGIL, delle Associazioni di utenti e di familiari e la presa di posizione del
consigliere regionale Pietro Manni, è passata col “silenzioassenso” della Commissione Sanità.
Ed ancora, nel Documento di indirizzo economico funzionale del S.S.R. 2008, D.G.R. n. 95 del 31/01/2008, vengono destinati in favore degli ex ospedali psichiatrici di Bisceglie e Foggia, gestiti dall’Ente ecclesiastico “Casa della Divina Provvidenza Opere Don Uva”(1), risorse per 71.540.000,00 euro. Di contro, con le briciole restanti, 465.000,00 euro, si pretende di migliorare la qualità dei S.P.D.C. dove si continua a fare uso e abuso di contenzione, e neanche un euro può essere destinato al potenziamento dei C.S.M. ed all’adeguamento del personale dei servizi pubblici, lasciando così inattuata la L.R. 26/2006. La lettura della bozza di P.S.R. conferma come la permeabilità delle Istituzioni, nelle componenti politica e burocratica, ai “poteri forti” comprometta irrimediabilmente la possibilità di aprire una fase nuova di ridefinizione delle politiche di salute mentale. A dir poco schizofrenico, infatti, appare il capitolo sulla Salute mentale laddove, mentre nella prima parte l’analisi delle anomalie e delle criticità strutturali della risposta pubblica alla domanda di salute mentale è corretta e se ne individuano le cause nello sbilanciamento delle risorse in favore delle strutture gestite dai privati, peraltro non sottoposte ad alcuna valutazione di qualità ed efficacia, nella seconda parte, di definizione delle strategie, nulla di conseguente è riscontrabile, nessuna misura va nella direzione di nuovi percorsi terapeutici e riabilitativi centrati sulla persona sofferente, atti a garantire la restituzione del diritto ad un ruolo sociale, alla casa, alla formazione, al lavoro; ancora trascurata la Neuropsichiatria infantile; nessuna progettualità per gli inserimenti lavorativi; nessuna iniziativa per l’apertura dei CSM oltre le sei ore.
Se questo è lo stato delle cose, nessuna meraviglia se il destino dei pazienti psichiatrici è ineluttabilmente quello della cronicizzazione e, tante volte, quello della morte violenta, come recentemente è accaduto per due donne che non hanno potuto trovare accoglienza presso il Servizio territoriale che serra i battenti dopo le ore 14.00, una deceduta in seguito ad un T.S.O., legata al letto di un reparto psichiatrico, nonostante l’avanzata età di 81 anni, e l’altra suicida per
disperazione e per abbandono: morti che non meritano indignazione, non analisi sociologiche, non autocritica da parte di amministratori e addetti ai lavori, morti da nascondere per non infastidire i responsabili. Non si vede, purtroppo, chi oggi avverta l’urgenza di costruire un altro Marco Cavallo: allora si trattò di liberare i matti da luoghi di aberrante segregazione,oggi di liberarli dalle pervasive forze del mercato.
E non è certo più facile!
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Vogliamo raccogliere adesioni per far modificare la delibera della Regione Puglia del luglio 2008, per la parte che riguarda i contratti tra le ASL e gli enti gestori delle strutture accreditate (cosiddetto vuoto per pieno).
Andrea mazzeo