L'Aquila, la protesta delle carriole "Rimuoviamo le macerie dal centro storico"
L'appello dei comitati per la prossima domenica: "Utilizzeremo anche i picconi"
L'ombra della mafia su una ditta incaricata di sgomberare i detriti
L'AQUILA - La rivolta delle carriole. Gli aquilani le useranno, domenica prossima, contro le macerie. In centinaia, forse migliaia - secondo gli auspici dei comitati cittadini che hanno indetto la manifestazione - si ritroveranno, di nuovo e per protestare, nel centro storico soffocato dai detriti. Stavolta però, proveranno a risolvere il problema da soli, almeno simbolicamente. Con le loro mani e con le carriole, appunto. "Utilizzeremo anche i picconi, se necessario - commenta Mattia Lolli, uno degli esponenti del comitato 3e32 che si occupa dell'organizzazione della protesta - Del resto, è l'unica soluzione. È trascorso un anno e le macerie sono ancora lì, mentre Comune e Protezione Civile si rimpallano le responsabilità. Non è giusto. Dobbiamo dare un segnale forte. Si è parlato di efficientismo all'Aquila nel post-terremoto, mentre il problema più evidente e semplice da risolvere, come lo smaltimento degli effetti del terremoto, è rimasto lì, sotto gli occhi di tutti noi. Con il complice silenzio dell'informazione televisiva che ha raccontato la favola della ricostruzione felice". E così, tra le vie della "città provvisoria", tra i palazzi dell'emergenza finanziati dal governo, la manifestazione di domenica già la chiamano "la rivolta delle carriole". L'appuntamento è alle ore 10 in piazza Duomo. Sarà la terza protesta organizzata negli ultimi quindici giorni all'Aquila. Intanto, ieri mattina è scattata la protesta di 130 commercianti aquilani che nonostante il terremoto e la paralisi delle attività sono costretti a pagare la tassa di occupazione di suolo pubblico.
E se per gli aquilani le macerie sono un problema da risolvere, per la criminalità organizzata - secondo un rapporto presentato alla commissione parlamentare Antimafia dal prefetto dell'Aquila, Franco Gabrielli - rappresentano un affare. Nelle carte spunta anche l'assegnazione diretta da parte del Comune dell'Aquila ad una ditta aquilana (senza gara d'appalto ed utilizzando la normativa dell'urgenza) dei lavori per lo smaltimento delle macerie. Un affare da 50 milioni di euro.
"La società in questione (T&P S. r. l) - è scritto rapporto - un mese dopo l'aggiudicazione si è modificata sensibilmente, con l'ingresso di un nuovo socio con legami con altre società, in una delle quali (l'Abruzzo Inerti S. r. l. di L'Aquila) vanta partecipazioni la Sicabeton s. p. a. di Roma, operante nel settore del cemento che controlla a sua volta numerose imprese sia in Italia che all'estero; la Sicabeton s. p. a figura nel citato elenco di ditte "a rischio" fornito dalla Direzione Nazionale Antimafia. Difatti, alcune società e personaggi del gruppo in questione hanno formato oggetto delle indagini condotte dal Ros dell'Arma dei Carabinieri di Palermo i cui esiti furono compendiati nel rapporto che nel 1991 fu consegnato al giudice Giovanni Falcone". Non solo. Scrive ancora Gabrielli: "La Sicabeton ed un'altra controllata sono affidatarie di commesse da parte del Dipartimento della Protezione Civile e nei loro confronti è in corso presso la Prefettura di Roma l'istruttoria per il rilascio delle informazioni antimafia". Successivamente, la Procura dell'Aquila ha aperto un'inchiesta e il Comune ha bloccato la gara d'appalto.
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