(il trattino non è una casualità) La nostra attenzione rimane sveglia per 3 minuti. Questo è il prodotto di una società che ci spoglia di responsabilità e di capacità critica. Privati di onestà intellettuale, accettiamo notizie come prodotti impacchettati e indiscutibili. IN - FORMAZIONE nasce per grattare via i calli dal cervello, proporre la conoscenza come processo in divenire creato dalla partecipazione.
31 mag 2009
29 mag 2009
ABBONATEVI A "IL FATTO"
1) Racconterà i fatti, fin dalla sua testata. Darà le notizie, le analisi e i commenti che gli altri non danno, o nascondono. Parlerà dei temi che gli altri ignorano.
2) Non avrà padroni: la società editoriale è composta da alcuni piccoli soci, compresi noi giornalisti, che partecipano con quote equivalenti a un progetto comune: un quotidiano fatto solo per i suoi lettori. Senza vincoli né sudditanze ai poteri forti, politici, finanziari e industriali, che usano i giornali per i loro interessi.
3) Non chiederà né avrà finanziamenti pubblici concessi da questo o quel partito.
4) Nascerà solo se avrà dei lettori interessati ad acquistarlo, e a leggerlo. Nel paese dei giornali senza lettori, mantenuti in vita dai contribuenti, anche e soprattutto da quelli che non li comprerebbero mai, noi faremo il nostro giornale soltanto se avremo un numero di lettori sufficiente per mantenerlo in vita.
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Il nostro giornale avrà 16 pagine, tutte a colori. Uscirà sei giorni a settimana, tranne il lunedì. Sarà un giornale di carta e un giornale web. Sarà diretto da Antonio Padellaro. Avrà una redazione di giovani agguerriti. Si avvarrà di un gruppo di firme, di inviati di punta e di autori satirici che hanno condiviso con noi la lunga battaglia contro il regime berlusconiano, senza sconti per un’opposizione troppo spesso complice. Li scoprirete via via nell’apposito spazio “AnteFatto” che creeremo presto su questo e altri blog e siti amici. Con tutte le indicazioni per abbonarvi e diventare subito soci fondatori del nostro giornale (ricevendolo per posta, possedendo un coupon da presentare in edicola, scaricandolo in rete dopo la mezzanotte, e così via).
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(Vignetta di Bandanas)
28 mag 2009
25 mag 2009
INVECE
La macchia della vergogna
Vedete? Non è il processo Mills che spiega quanto e come abbia corrotto col denaro, non sono i toni mussoliniani di quando dice il Parlamento è inutile e dannoso quel che macchia sfregiandola - agli occhi degli italiani - la cappa bianca dell'imperatore. È la sua malattia senile, è quella folle corsa all'eterna giovinezza che lo porta da anni ad assumere farmaci che ne potenzino il vigore, dunque la virilità, che lo costringe a trapiantarsi pezzi di cute a intossicarsi il sangue e poi a lavarlo con le macchine. Le donne attorno a decine. Cinquanta al tavolo, ci raccontava giorni fa Riccardo De Gennaro. Una quarantina a Capodanno in Sardegna, alloggiate come al campeggio mariano in bungalow da quattro. In principio erano attrici, soubrettes portate dalla corte compiacente. Aspiranti, sempre più giovani. Ragazzine, infine minorenni. Porta un'amica, ha detto a Noemi Letizia che aveva allora 17 anni. Noemi ha portato nella villa sarda Roberta, 17 anni anche lei. Dormivano con altre «due gemelline». Non posso vivere accanto a un uomo che «frequenta minorenni», ho pregato in ogni modo chi gli sta vicino di accudirlo «come si fa con una persona che non sta bene» ha detto sua moglie Veronica. Però poi lui è andato a Porta a Porta dall'amico Vespa e ha raccontato una serie impressionante di menzogne. Senza che nessuno lo contraddicesse: nella nostra - nella sua - tv non si usa. Che era un vecchio amico di famiglia, che lui è un uomo del popolo e perciò frequenta le feste da debuttanti delle adolescenti di Portici. No, non è per questo. È perché a volte si appassiona delle ragazze da catalogo di cui Emilio Fede e altri complici «dimenticano» il book sul suo tavolo. Alle bambine, poi, ci si appassiona con facilità.
Ieri a San Siro glielo hanno rimproverato i tifosi del suo Milan. Lo so, è terribilmente desolante ma il termometro del consenso politico è questo: lo stadio. San Siro, scrive Rinaldo Gianola, è il luogo dove la curva «dava del tu a Papi ben prima di Noemi». «Quante Champions League avete vinto?» il suo argomento contro l'opposizione. Gli striscioni che gli rimproverano di spendere soldi per «comprare le veline» sono un insulto e un pericolo. Striscioni comunisti, ispirati da un giornalista suggeritore? Difficile. Persino Enrico Letta, uomo sobrio non incline ad occuparsi di letteronze, dice che «Berlusconi è in preda al nervosismo perché la vicenda di Noemi gli sta sfuggendo di mano», «spara all'impazzata: dobbiamo inchiodarlo alle sue responsabilità». Morali, prima di tutto. L'ex fidanzato della ragazza dice: io non potevo farci niente. «Sarebbe come se un salumiere si fidanzasse con Britney Spears. Cosa avevo da darle in cambio, io?». Si fidanzasse, è questo il verbo che usa. Non esiste il lodo Alfano della morale. Il direttore di Famiglia Cristiana Don Sciortino lo scrive oggi nel suo editoriale e lo dice a Roberto Monteforte: «Il premier deve chiarire, l'immunità morale non esiste». Famiglia Cristiana. Se il Papi della Patria deve fare i conti con la curva di San Siro e coi parroci comincia ad essere un problema. Certo, in un Paese normale sarebbero state sufficienti a chiamarlo a rispondere la voce dell'opposizione e dei giornali liberi. Ma siamo in Italia, che volete: il vero pericolo sono la moglie, i tifosi e il prete dal pulpito.
Di Concita De Gregorio
da l'Unità
24 mag 2009
22 mag 2009
MEDIASET IN SCIOPERO, BELLA NOTIZIA (oscurata)
I fatti: Cgil, Cisl e Uil hanno indetto per oggi uno sciopero dei lavoratori della Videotime di Roma. La Videotime è la società licenziataria di Mediaset-Rti che lavora nei centri di produzione "Palatino" e "Elios". Qui vengono registrati programmi molto seguiti: dal Tg5 a Matrix a Forum. I lavoratori della Videotime si occupano anche del programma "Uomini e Donne" di Maria De Filippi, che però viene registrato a Cinecittà. Si tratta dei tecnici, della parte di produzione, dei parrucchieri, dei truccatori, dei sarti. Insomma, di tutto il personale che serve per mettere in piedi un programma. Ebbene, dall'anno scorso sono tempi di magra. Mediaset dice di essere in crisi (ricavi netti nell'anno 2008: +9%, utile netto: +14,3%) e per questo stringe la cinghia: niente più diaria per gli esterni, fermi i passaggi di livello, diminuzione dei premi di produzione, azzeramento della politica retributiva. Questo è quanto denunciano i sindacati: "Un esempio - spiega Roberto Crescentini, delegato fistel-Cisl della Rsu di Videotime - sabato registriamo Matrix. I lavoratori hanno chiesto di lavorare in straordinario. Ma l'azienda ha chiesto ai parrucchieri solo quattro ore di lavoro, e non sette. Alla domanda: perché? La risposta è stata: l'azienda è in crisi. Figurarsi - dice Crescentini - noi siamo i primi a non voler affossare l'azienda e a capire che è in corso una grave crisi economica e finanziaria. Ma Mediaset è in crisi?". La domanda è pertinente, visto che, racconta Crescentini: "Alla puntata di Forum in cui era ospite Barbara D'Urso, Mediaset ha pagato un parrucchiere 1.300 euro. Come anche viene pagato tutti i giorni un parrucchiere per la conduttrice Rita Dalla Chiesa, ad un prezzo che ci pare esorbitante, visto il momento: 700 euro". Insomma, dicono i lavoratori, se bisogna fare sacrifici che li facciano tutti.
Secondo il dato dei sidnacati lo sciopero è andato benissimo: l'adesione ha sfiorato il tetto del 95%. Ultima chicca: il Comitato di redazione del Tg5 ha inviato un comunicato di solidarietà ai lavoratori di Videotime. Il comunicato, a quanto pare, doveva essere letto durante l'edizione odierna. Ma è stato stoppato. Ci sono notizie più importanti.
fonte il Manifesto
PERIFERIA, SBIRRI IN BORGHESE, PROCESSO, PSICOFARMACI, E ALTRE FREGNACCE
Arrestato perché sorpreso con tre grammi di hashish in tasca, sottoposto a trattamenti psichiatrici, curato con psicofarmaci e alla fine assolto dal tribunale dei minori di Roma. Una disavventura giudiziaria durata otto mesi durante i quali a Simone, 17 anni, romano, accusato di detenzione, spaccio e violenza a pubblico ufficiale, è sembrato di vivere un incubo. La sua unica colpa sono stati quei 3 grammi di fumo, insieme alla reazione avuta al momento del fermo, quando non ha capito che le persone che lo avevano bloccato in strada erano carabinieri in borghese.
La sua storia ha dell'incredibile, e inizia l'8 ottobre dell'anno scorso. Simone si trova nella periferia romana quando viene fermato dai carabinieri che, perquisendolo, gli trovano addosso i 3 grammi di «fumo». Preso alle spalle il ragazzo reagisce cercando di divincolarsi, guadagnandosi così l'accusa di violenza a pubblico ufficiale. «In caserma - spiega l'associazione tana liberi tutti, che assiste Simone - viene sottoposto a pressioni fisiche e psicologiche e finisce per ammettere tutte le accuse pur di porre fine all'interrogatorio e tornare a casa». Di storie così nel nostro paese, a causa la legge Fini-Giovanardi, ne capitano tante, ma è a questo punto che la vicenda del giovane romano diventa un calvario. Invece di essere rilasciato, Simone viene trattenuto all'interno di un Cpa (Centro di prima accoglienza) di Roma per vari giorni, in attesa di comparire davanti al Gip per l'udienza. A impedire il suo rilascio non sono i presunti reati commessi, ma la sua condizione sociale e familiare. Simone è orfano di madre e il padre ha problemi legali e psichiatrici. Il giudice non ritiene quindi opportuno far risiedere il ragazzo a casa del genitore, tanto più che nei suoi confronti è già avviato un atto di decadenza della patria potestà. Dopo il Cpa per il giovane romano si aprono le porte del CpiM (Centro di pronto intervento minori) di Torre Spaccata, ma gli assistenti sociali, in accordo con le altre autorità, vedono la sua permanenza nella capitale destabilizzante, per via delle cattive frequentazioni che potrebbero renderlo ancora più «instabile di mente». Viene dunque deciso di spostarlo fuori dalla capitale, ma nessuno si sarebbe immaginato che la scelta cadesse sul Cpm (Custodia preventiva minorenni) di Settingiano, una località a 600 chilometri da Roma in provincia di Catanzaro. In pratica Simone viene sradicato dalla propria realtà e allontanato da tutte le persone a lui care. Per di più nel Cpm viene sottoposto anche a cure psichiatriche a base di psicofarmaci che gli procurano effetti collaterali terribili, facendolo stare male. Mentre è recluso in Calabria il suo avvocato tenta di farlo riavvicinare a casa, ma il tribunale del riesame boccia la proposta di domicilio in una famiglia romana. E' l'ultimo tentativo di tirarlo fuori da li. Dal Cpm Simone uscirà soltanto il 23 marzo per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Durante la sua odissea nessuno si è preoccupato di assicurargli il diritto allo studio (al momento dell'arresto frequentava regolarmente il 4° superiore) e solo la benevolenza del preside del suo istituto alberghiero gli permetterà di non perdere l'anno. In questo periodo le uniche persone sulle quali ha potuto sempre contare sono stati gli amici del Laboratorio sociale tana liberi tutti, che da quel maledetto 8 ottobre si sono mobilitati e hanno lottato per la sua liberazione, senza «prassi terapeutiche obbligate». Ora Simone può lasciarsi alle spalle la triste vicenda che lo ha visto protagonista, e tornare al suo lavoro, al suo stage e ai suoi studi diciassettenne. Felice e di nuovo libero.
21 mag 2009
FATTI PROCESSARE
attacchi ai giudici e alibi di ferro
mentre sotto, in sovraimpressione, magari è scritto:
"Confindustria, è arrivato il tempo delle riforme"
Lui è nervoso.
la rettorica
- Non portate la croce, ma siete tutti crocefissi al legno della vostra sufficienza, che v'è data, che più v'insistete e più sanguinate: vi fa comodo dire che portate la croce come un sacro dovere, mentre pesate col peso inerte delle vostre necessità. - Abbiate il coraggio di non ammetterle quelle necessità, di sollevarvi per voi stessi... Ma su quelle è misurato il vostro possibile e l'impossibile, il sopportabile e l'insopportabile dei doveri da compiere per guadagnarvi in pace la vita; quando v'adattate ai moti del corpo, della famiglia, della città, della religione, dite: io faccio i miei doveri d'uomo, di figlio, di cittadino, di cristiano e a questi doveri commisurate i diritti. Ma il conto non torna."
20 mag 2009
Il Cavaliere impunito
Questo è un Paese dove il premier ha risolto tanta parte dei suoi antichi guai giudiziari con leggi ad personam che gli hanno consentito proscioglimenti a colpi di prescrizione, e che si è protetto dall'ultima pendenza grazie allo scudo del Lodo Alfano, imposto a maggioranza poco meno di un anno fa, quasi come "atto fondativo" della nuova legislatura.
Ora, di quell'ennesimo colpo di spugna preventivo si comprende appieno la ragion d'essere. Secondo i giudici milanesi, l'avvocato inglese incassò 600 mila dollari dal gruppo Fininvest per testimoniare il falso nei processi per le tangenti alla Guardia di Finanza e All Iberian. "Mentì per consentire a Berlusconi l'impunità", recita un passaggio delle 400 pagine delle motivazioni. Un'accusa gravissima. Una prova schiacciante. Dalla quale il Cavaliere, guardandosi bene dal difendersi nel processo, ha preferito svicolare grazie al salvacondotto di un'altra legge ritagliata su misura, e ora sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale. Perché dietro la formula enfatica che dà il titolo al Lodo Alfano (cioè la "sospensione dei processi per le Alte Cariche dello Stato") è chiaro a tutti che l'unica carica da salvare era ed è la sua. "Riferirò in Parlamento", annuncia ora Berlusconi. Bontà sua. Pronuncerà l'ennesima, violenta invettiva contro le toghe rosse e la magistratura comunista, "cancro da estirpare" nell'Impero delle Libertà. E invece basterebbe pronunciare una sola parola, quella che non ascolteremo mai: dimissioni.
di Massimo Giannini
fonte "La Repubblica"
19 mag 2009
NON SARA' UN'ALTRA GENOVA
Ci saranno gli studenti del Centro universitario autonomo ma anche quelli che si sono staccati dall'Onda e hanno organizzato il campeggio ecologista Sherwood sulle rive del Po. Ci saranno anche i milanesi dell'Onda che ieri annunciavano: "Marceremo su Torino e non accetteremo nessuna zona rossa". Nell'aula magna l'organizzazione è in mano al centro sociale Askatasuna: "Non ci lasceremo intimidire dagli incidenti".
La prima delle due cariche, della mattinata, si svolge di fronte al castello del Valentino, sede del cosiddetto "G8 dell'Università". Definizione quanto mai ingenua e inopportuna per la riunione dei vertici di una quarantina di università sparse in 19 paesi del mondo: "Vorrei che si usasse un'altra espressione. Questa è un freno e genera equivoci", confessa il rettore del Politecnico, Francesco Profumo, che più di altri colleghi ha voluto ospitare la riunione. Preoccupazione tardiva perché il solo nome "G8" promette di attirare in città studenti e contestatori da tutta Europa e se davvero, come dice il rettore, "non si vuole discutere di politica ma di economia, etica, ecologia", forse era meglio precisarlo prima.
Nelle stesse ore il rettore dell'Università, Ezio Pelizzetti, ha deciso di chiudere per 4 giorni la storica sede delle facoltà umanistiche di Palazzo Nuovo. Una scelta dettata dalla paura e da un malcelato risentimento nei confronti dei dirimpettai del Politecnico: "Quando nella mia università entrano manifesti che inneggiano ai black bloc - si giustifica Pelizzetti - non posso fare finta di nulla. E poi il G8 dell'Università è stato organizzato dal Politecnico senza coinvolgerci. E allora sapete che cosa vi dico? Siccome nessuno si è fatto carico delle possibili conseguenze del contro-summit, non vedo perché dovrei preoccuparmene io. Chiudo e basta. E facciano quello che vogliono".
Il bilancio della giornata di ieri non serve certo a calmare gli animi. Due cariche, tre fermati (poi rilasciati), un poliziotto e due manifestanti feriti, tra i quali una dirigente nazionale di Rifondazione. Ma è su oggi che si concentra l'attenzione. Il sindaco Sergio Chiamparino invita "tutti a non gettare benzina sul fuoco". Un appello erga omnes, come si dice? "Un appello a tutti. Dai media, alla politica. Ho sentito paragoni con Genova che mi paiono, sinceramente, fuori luogo. Sono dichiarazioni che rischiano di spingere le cose esattamente nella direzione che si vorrebbe evitare". Ma per il sindaco "ci sono comunque le condizioni perché si possano svolgere sia il summit dei rettori, sia la protesta civile di chi dissente. E penso che questo possa avvenire senza bloccare la vita della città". Oggi a vigilare sul corteo ci saranno un migliaio di agenti. Tutti sperano che, alla fine, si rivelino troppi per difendere il castello dei rettori.
fonte la Repubblica
di Paolo Griseri
17 mag 2009
TECNICA DELLO STERMINIO
AVETE VISTO REPORT?
16 mag 2009
15 mag 2009
Trento: aggressione fascista alla sede di Rifondazione Comunista
Tavolo LGBTQ Trento
Collettivo femminista deGenere
Partito della Rifondazione Comunista del Trentino
dialogo tra me e una mia amica di Sinistra e Libertà
Ciao Luca
Luca
ciao
Maria
spero che le statistiche non siano vere
Luca
ma di quali statistiche parli?
io non sono riuscito a vederlo tutto ballarò
Maria
Sugli Italiani
Luca
ah, beh
Maria
Erano sconfortanti
Luca
certo. brutta vita, quella dei sociologi
Maria
Due italiani su tre approvano i metodi adottati dal governo sul tema dell'immigrazione, compreso l'uso della violenza
Luca
hai mai riflettuto sullo statuto ontologico del concetto di "problema"?
la semantica postideologica del "problema concreto"
ha snaturato l'essenza del concetto di problema
pro-blema è sempre un'astrazione dalla concretezza dello stato
è sempre un "atto politico" quello di individuare, tematizzare un problema.
il "problema", non è mai "in sè e per sè"
contestualmente a tale slittamento semantico
si è affermato l'utilizzo dell'"emergenza" come pratica di governo
"emergenza " rientra in quella classe di concetti che denotano sia una condizione oggettiva, uno "stato" della realtà
sia la reazione emotiva che un particolare stato della realtà suscita
dunque
il dominio avviene attraverso le parole.
è di questo che dovremo occuparci, più che delle statistiche.
(i dati di una statistica non possono essere "falsi". una statistica, per il solo fatto di esistere, E' la verità. come sopra, brutta la vita dei sociologi)
Maria
E' assurdo
E' assurdo
E' assurdo
E' assurdo
E' assurdo
E' assurdo
E' assurdo
Se in televisione viene detto che il 75% degli Italiani approva Berlusconi, indipendentemente dall'attendibilità della statistica, si tende a prendere tale affermazione come oro colato
Luca
no no, non bisogna dire "si tende a prendere tali affermazioni come oro colato". bisonga dire: é vero.
se qualcuno, con cartesiana disposizione al dubbio, ti chiedesse: come faccio io ad esserne certo? la risposta è già là: è una statistica.
Maria
Ma la validazione gli viene attribuita dalla televisone in tal caso
Luca
no. dalla televisione viene attribuito quello che Walter Benjamin definirebbe "valore d'esposizione" e Guy Debord "realtà dello spettacolo". Tuttavia, è il "discorso televisivo" che è costretto a usare la statistica per convalidarsi.
Maria
Ma anche viceversa
Una statisitca non può rappresentare tutto il reale relativo ad un argomento
C'è il rischio della spirale del silenzio
Luca
il problema è che una statistica non "rappresenta" il reale (in tal caso, la tua obiezione sarebbe giustificata). una statistica E' il reale. Il motivo per cui la tua obiezione, secondo me, è spuntata e ininfluente, è che utilizza le stesse armi del nemico; armi che sono state inventate per uno scopo e che non possono che servire quello scopo, anche se utilizzate da soggetti "antagonisti"
quando tu dici, ponendo una obiezione al discorso televisivo, che "la realtà non è rappresentata nella sua totalità dalla statistica", sei sempre nell'ambito della statistica come rappresentazione della realtà. La "statistica come rappresentazione della realtà" è precisamente l'ideologia della statistica, la sua produzione illusoria, il suo effetto di verità. Bisogna affrontare invece la questione in modo diverso. Bisogna dire che la statistica E' la realtà.
Maria
Ma che succede una volta ce si fferma questo?
Luca
si è più scientifici
di conseguenza, l'agire politico è meglio indirizzato, ecc ec
Maria
Secondo il criterio di scienza comunemente accettato
Ma forse il criterio di scienza deve cambiare
Luca
intendo secono il criterio di Marx.
non "utopistici", "moralistici", "umanistici", "solidaristici", ecc ecc. Scientifici.
13 mag 2009
i RESPINGIMENTI ai tempi di Prodi
Proprio quella mattina, alla televisione italiana, qualcuno di loro ha sentito un rappresentante dell’Acnur dichiarare incostituzionale il blocco navale deciso dall’Italia e nella fretta di partire l’ha interpretato come un via libera. Da una settimana l’Italia ha infatti schierato la flotta nel Canale d’Otranto per fermare le carrette albanesi in fuga dal loro paese precipitato nella guerra civile. Il crack delle piramidi finanziarie ha bruciato due miliardi di dollari in pochi mesi lasciando sul lastrico migliaia di albanesi che avevano venduto la terra e il bestiame con il miraggio di interessi del 300%. La popolazione è in rivolta, comitati di insorti, vere e proprie bande armate, hanno assunto il controllo delle città, ovunque si è diffuso un clima di terrore.
L’unico ad arrivare, in elicottero dalla Sardegna, e a versare celebri lacrime, fu Silvio Berlusconi. Decisionale come sempre, in un colloquio di venti minuti a porte chiuse in faccia ai giornalisti, propose ai superstiti di ospitarli tutti a casa sua. “Nessuno di noi accettò,” ricorda Krenan Xhavara, loro portavoce.” ‘Metti i soldi per ritrovare i cadaveri,’ gli abbiamo detto,” che era l’unica cosa che ci interessava in quel momento.. ‘È troppo profondo’ ha risposto lui.” Sembra però che, incaponitosi, Silvio, sia riuscito a portarsi via da un gruppo di profughi precedenti una famiglia che ha finto di sistemare in una casa della Regione a Canneto Pavese per poi abbandonarla a se stessa. Un vizio se è vero, come sembra, che anche uno dei due piloti albanesi disertori, atterrati una ventina di giorni prima, il 6 marzo, con il loro Mig nell’aereoporto militare di Galatina, sia finito a guidare l’elicottero di Berlusconi!
12 mag 2009
Dalle camicie nere a quelle verdi...la democrazia continua a restare sotto scacco...il popolo resta a guardare
sul tentativo di seccessione leghista, emerge il ruolo dell'attuale ministro
Maroni, la passione delle ronde
Nel '96 reclutava le Guardie padane
In una lettera come membro del "Governo provvisorio" invitava gli iscritti
a presentare le domande di adesione: "Nessuna scheda resti in sezione"
Il ministro degli Interni, Roberto Maroni
ROMA - Da reclutatore della ronde della Repubblica Federale della Padania a regolarizzatore delle ronde della Repubblica Italiana. Dalle carte, in parte inedite, dell'indagine svolta nel '96 dall'allora procuratore di Verona Guido Papalia sulla secessione leghista è possibile ricostruire nei dettagli l'iperbole politica di Roberto Maroni passato da "portavoce" del comitato provvisorio di liberazione della Padania, nel 1996. A ministro dell'Interno in carica del terzo Governo Berlusconi.
LA LETTERA DEL RECLUTATORE - IL RICORSO DEL GUP
L'indagine del procuratore Papalia contro tutto lo stato maggiore della Lega Nord aveva per oggetto la secessione ("la loro intenzione di disciogliere l'unità dello stato"), e le ronde padane (la Guardia nazionale padana e le "camicie verdi, aventi all'evidenza caratteristiche paramilitari"). E' tutt'ora pendente
presso il gip veronese in attesa che la Consulta si pronunci su un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato (vedi allegato, ndr) per l'uso che la
procura veronese ha fatto delle intercettazioni telefoniche di alcuni parlamentari leghisti. In questa inchiesta sulla "costituzione, il 14 settembre del '97, a Venezia, di un governo della Padania" (da allora mai disciolto) il cui presidente del consiglio risultava Maroni, sono attualmente ancora indagati tre ministri leghisti del governo Berlusconi: lo stesso Maroni, il
ministro per le Riforme e leader leghista Umberto Bossi, e il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli.
Da quei documenti giudiziari che portano il timbro della procura di Verona, emergono dal passato dettagli e particolari che acquistano oggi nuovi significati soprattutto se riletti alla luce del dibattito di in corso sul ddl sicurezza. E sulla determinazione della Lega Nord a porre oggi la fiducia sul pacchetto di norme fra cui spicca, non a caso, la regolarizzazione su tutto il
territorio nazionale delle ronde.
Le carte della procura di Verona testimoniano che Maroni, tredici anni fa, era il "portavoce" del "Comitato di liberazione della Padania" il cui statuto prevedeva "la non collaborazione, la resistenza fiscale e la disobbedienza civile" come "forma di lotta democratica per garantire il diritto di autodeterminazione dei
popoli". E che si avvaleva delle "camicie verdi" per garantire il "servizio d'ordine organizzato nell'ambito dei territorio della Padania".
Oggi Maroni è il ministro dell'Interno della "tolleranza zero" che - contro il parere di tutti i sindacati dei poliziotti che lo accusano, come dice Enzo Letiza del'Anfp, di "togliere il monopolio dell'ordine pubblico alla Polizia e di stornare fondi dalle forze dell'ordine ai volontari della sicurezza" - vuole legittimare tutte le ronde d'Italia. Comprese forse anche quelle di cui nel '96 era reclutatore e responsabile: la "Federazione della Guardia nazionale padana" e le "camicie verdi" (tutt'ora esistenti e operanti nelle realtà del Nord nell'ambito della Protezione civile, seppure con la faccia più presentabile di onlus).
Secondo l'atto costitutivo in origine di questa Federazione - presente fra le migliaia di carte processuali - sottoscritto da Maroni, Gnutti e Bossi, uno degli scopi della Gnp era "proporre l'esercizio del tiro a segno come momento di pacifico riferimento
storico, come attività sportiva, di svago e motivo di aggregazione sociale". Non a caso, nei moduli di iscrizione alla Gnp era prevista la domanda sul possesso di porto d'armi da parte dell'aspirante. Tiro a segno e porto d'armi, tuttavia, non si spiegano di fronte al dettato dell'art. 2 comma "d" che mette tra i princìpi ispiratori delle Guardie padane: "... il rifiuto di ogni attività che implichi anche indirettamente il ricorso all'uso delle armi o della violenza".
In sostanza, il Maroni ministro dell'Interno potrebbe legittimare, oggi - fra le tante ronde sparse un po' ovunque per il Paese - anche l'ex servizio d'ordine del governo provvisorio della Padania di cui era membro e portavoce, oggi onlus.
Che fosse proprio lui il reclutatore della Gnp, del resto, emerge con inoppugnabile chiarezza da una pagina spuntata dai trenta faldoni stipati nell'ufficio del gip di Verona.
Si tratta di una lettera del 7 ottobre del '96, firmata a mano "affettuosi saluti padani, Roberto Maroni", nella quale l'attuale ministro dell'Interno annunciava che per la costituzione della Gnp erano arrivate talmente tante domande, "che il governo Provvisorio della Repubblica Padana ha proceduto nel giro di pochi giorni alla costituzione di 19 Compagnie provinciali".
"Per consentire tale reclutamento - si legge ancora in quella lettera di Maroni - il Governo padano ha approvato una campagna di reclutamento di volontari in tutte le provincie". "Attenzione - ammoniva poi - La
domanda di adesione alla Gnp deve essere trasmessa al goverrno via fax e nessuna scheda dovrà essere conservata all'interno della sezione della Lega Nord. La Gnp riveste carattere strategico per il futuro della Padania". Che cosa fosse in realtà quel carattere strategico della Gnp lo chiarirà, il 22 settembre del '96, Irene Pivetti, ex presidente della Camera leghista, al procuratore Papalia che la interrogò come teste.
"Bossi mi spiegò - verbalizzò la Pivetti - cosa significasse per lui la Guardia nazionale Padana: "quando un popolo si sveglia, mi disse, ha bisogno del suo esercito". La regolarizzazione delle ronde che la Lega farà passare ponendo oggi la fiducia alla Camera è questione antica. Ci aveva già provato nel '96 con la
Repubblica Padana. In un documento acquisito il 13 gennaio del '98 dalla Questura di Pavia c'è infatti una "proposta di legge d'iniziativa del governo della Padania" rivolta al suo Parlamento. E intitolata "norme per la costituzione della Guardia nazionale Padana e per il riconoscimento delle associazioni volontarie di prevenzione e controllo della sicurezza dei cittadini
e del territorio denominato Guardia nazionale Padana".
Ciò che a Maroni non riuscì nel '97 quando era portavoce del Governo Provvisorio della Repubblica Padana, gli potrebbe riuscire in questi giorni, dieci anni dopo, come ministro dell'Interno della Repubblica italiana.
di Alberto Custodero fonte "La Repubblica"
11 mag 2009
masse di criminaloidi
8 mag 2009
DECRETO "ABRACADABRA"
di ANTONELLO CAPORALE
fonte la Repubblica
UN MILITARE PER OGNI BELLA RAGAZZA
E' lui la mente selvaggia dell'aggressione, rischia pena di morte
Fonte: © APCOM.net - Pubblicata il 06/04/2009
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CHICAGO - Rischia la pena di morte Steven Green, ex militare americano in Iraq, accusato di essere stato il regista del massacro di una famiglia e lo stupro di una ragazzina di 14 anni. L'ex soldato, congedato dall'esercito per «turbe della personalità» prima che si scoprisse la strage, sarà giudicato a partire da oggi dalla corte del Kentucky (centro-est degli Stati Uniti). Pesano su di lui le accuse di essere l'ideatore dell'orribile spedizione, avvenuta nella notte del 12 marzo 2006 in compagnia di altri quattro soldati, e l'esecutore materiale dello sterminio della famiglia irachena. Gli altri soldati sono già stati condannati davanti a una Corte marziale, dove sono stati ascoltati gli inquietanti dettagli relativi ai fatti. Prima del brutale piano, i cinque uomini si sarebbero «caricati» bevendo whisky e giocando a carte a un posto di controllo a Mahmudiyah, 30 chilometri a sud della capitale Baghdad.
Iraq: il soldato Green alla sbarra per stupro e omicidio famiglia
http://www.diariodelweb.it/Articolo/Mondo/?d=20090406&id=78453
Il soldato Green a un certo punto avrebbe detto ai suoi commilitoni di «voler andare in una casa e uccidere degli iracheni», ha rivelato uno dei soldati sotto processo, James Barker, condannato all'ergastolo. I militari hanno poi indossato vestiti neri e maschere, per farsi passare da insorti, e si sono diretti nella casa della ragazzina, Abeer Kassem Hamza al Janabi, che avevano notato al mercato del villaggio.
Al momento del suo arresto da parte dell'Fbi nell'abitazione della nonna in Carolina Del Nord, ha dichiarato: «Pensate che sia io il mostro», ma sono «George Bush e Dick Cheney che dovrebbero essere arrestati». I legali non sono riusciti a rinviare il caso davanti a un tribunale militare, che, secondo loro, avrebbe potuto tenere conto della situazione in Iraq. Hanno anche rinunciato a far valere l'incapacità mentale del loro cliente.
lunedì 6 aprile 2009
Cavalli Giovanna
Pagina 15(11 gennaio 2008) - Corriere della Sera
prostituzione di strada. I viados brasiliani (e anche gli italiani che li
imitano, spacciandosi per sudamericani) l'esercitano principalmente in viale
Abruzzi, di notte; le slave e le sudamericane battono i marciapiedi di corso
Buenos Aires e delle vie vicine, sin dal primo mattino, assieme alle
tossicodipendenti italiane; le marocchine, che servono soprattutto i loro
connazionali e gli altri magrebini, operano dalle parti di via Benedetto
Marcello, assieme alle prostitute italiane più anziane e meno appetibili; i
tunisini attendono gli omosessuali sui bastioni di porta Venezia, la sera; le
africane, assieme alle slave e alle sudamericane, agiscono dal tardo mattina
nell'area di piazza Aspromonte, diventata, come ha scritto uno dei comitati di
zona, un "luna park del sesso" a cielo aperto, per la particolare concentrazione
di alberghi e pensioni compiacenti, tollerati (non si sa perchè) dalle forze di
polizia, anche se senza licenza o con licenza irregolare. [...] Frequenti sono
anche le minacce ai pochi abitanti della zona che osano protestare contro questa
vergogna che avvilisce il quartiere, così come le liti e le risse anche cruente
tra individui coinvolti nelle varie attività legali.[...]QUesta situazione ha
spinto una parte consistente della popolazione a richiedere un maggior controllo
de parte delle forze dell'ordine, ma con scarso esito [...]. I responsabili
dell'ordine pubblico, che tendono a sottovalutare la criminalità e i suoi
effetti distruttivi sul territorio affermano infatti, apertamente, di aver ben
altre scale di priorità (anche se non precisano quali).
U. Melotti, Criminalità e conflittualità. Il disagio urbano
Il maschio medio italiano, in una percentuale che mi sembra realistico
stimare attorno al 60%, tende a frequentare con insistenza questa nuova
prostituzione straniera. Ho parlato di quali sono le molle scatenanti: il
dominio e l'inferiorizzazione. Nei racconti che raccolgo prevale un desiderio e
un diritto a praticare violenza senza che questa venga neppure in qualche modo
contrattata. Non ci troviamo pertanto di fronte a degli amanti particolari del
genere "sado-maso", non ci troviamo di fronte a delle richieste "tecniche", ci
troviamo di fronte a un sentirsi padroni completi e totali di un altro corpo, un
corpo da poter utilizzare e martirizzare perchè per sua "natura"
sottomesso.
Quello che intendo dire è che le pratiche di violenza fisica - pugni,
schiaffi, incatenamenti, utilizzo di coltelli o fruste improvvisate sono
estremamente frequenti - così come sono estremamente frequenti le costrizioni a
rapporti orali senza preservativo. Non trascurabile come pratica è quella dello
stupro di gruppo. Si tratta di una pratica ormai molto consolidata. Solitamente
si carica già in gruppo una giovane albanese e dopo averle promesso un permesso
extra, premio che non viene quasi mai corrisposto, la si trascina in una zona
molto appartata della città o in una abitazione privata, usandola per il tempo
che si ritiene opportuno. Dentro questo utilizzo non vi è quasi limite, nel
senso che, per esempio, le bruciature dei seni con la cenere delle sigarette
fanno parte di una pratica consolidata. Quello che sembra emergere dai racconti
delle giovani albanesi o delle nere è il forte senso di "diritto" che sembra
animare il maschio italiano; quello che sembra renderlo particolarmente felice è l'aver trovato finalmente un corpo il cui destino "naturale" è quello di essere sottomesso.Nei loro racconti quello che mi sembra esca fuori è la loro non
esistenza, sia che il rapporto avvenga singolarmente o in gruppo, è una sorta di
"competizione" con se stesso e con gli altri, e il corpo della prostituta viene
utilizzato come puro strumento "tecnico".
L. Tarantini, "Migrazioni femminili e devianza: una ricerca sulla
prostituzione nigeriana nella città di Genova"
Genova, quartiere della Foce [zona in cui è consueta la prostituzione delle
straniere, soprattutto nigeriane e albanesi], un sabato di settembre, mezzanotte
circa. Sono seduto al tavolino di un bar all'aperto. Un fuoristrada accosta
bruscamente a una donna nera sul marciapiede. Due uomini di mezza età scendono
di corsa e afferrano la donna gridando: " Vieni con noi". Altri due restano in
macchina. La donna si divincola. Un uomo seduto vicino a me, a una decina di
metri dalla scena, osserva: "devono essere poliziotti" (in realtà hanno l'aria
di reduci da una cena). I due uomini scesi dal fuoristrada gridano: "Fagli un
pompino!", e spingono con forza all'interno del veicolo la testa della donna,
che scalcia. Poco dopo la donna viene buttata fuori e cade per terra. Il
fuoristrada riparte sgommando.