(il trattino non è una casualità) La nostra attenzione rimane sveglia per 3 minuti. Questo è il prodotto di una società che ci spoglia di responsabilità e di capacità critica. Privati di onestà intellettuale, accettiamo notizie come prodotti impacchettati e indiscutibili. IN - FORMAZIONE nasce per grattare via i calli dal cervello, proporre la conoscenza come processo in divenire creato dalla partecipazione.
27 giu 2009
da repubblica
di TITO BOERI
In tutto il mondo la parola d'ordine di chi ha in mano le leve della politica economica è oggi definire una "exit strategy", una strategia di uscita dalla crisi. Si tratta di pensare a misure che valgano non solo per portarci fuori dalla recessione.
Ma anche e soprattutto per il dopo, quando finalmente saremo fuori dalla depressione più nera del Dopoguerra. Per il nostro governo, invece, la parola d'ordine è sempre stata e continua ed essere un'altra: "guadagnare tempo" e "negare sempre e comunque l'evidenza" della crisi. È esattamente con questo spirito che è stata varata la manovrina d'estate, un pacchetto di interventi altamente eterogenei, accomunati solo dalla loro natura transitoria e piccola entità. Insomma, le solite bandierine da esibire nei convegni. Anche le misure potenzialmente più utili - come la detassazione degli utili reinvestiti - sono rese del tutto inefficaci dai limiti temporali (giugno 2010) e dai tetti loro imposti. Per indurre le imprese a investire non si può aggiungere incertezza a incertezza, unendo ai rischi della crisi quelli di non vedersi riconosciuti gli aiuti promessi dallo Stato.
Erano molto attesi i provvedimenti sul mercato del lavoro alla luce della forte crescita della disoccupazione a inizio 2009. Il provvedimento più importante consiste nella proroga della proroga, la possibilità concessa ai lavoratori in Cassa Integrazione di allungare ulteriormente la durata dei trattamenti loro riservati e addirittura rimpinguarli fino al 100 per 100 cento del salario precedente. Questo avverrà frequentando corsi di formazione forniti dalla stessa impresa presso cui operavano. La misura non può certo migliorare le opportunità di impiego di quei lavoratori che sono occupati in quelle tante imprese che non hanno un futuro oltre la crisi. Al contrario, si tratta di un tampone che serve solo ad illudere il lavoratore. Come ampiamente documentato, chi è in Cassa Integrazione dedica molto meno tempo (per la precisione un terzo del tempo) di chi è disoccupato nella ricerca di un impiego alternativo. Rischierà poi di dover cercare un lavoro in fretta dopo aver perso da troppo tempo contatto col lavoro vero, quando tutto è più difficile.
Ma questa misura, assieme al premio ventilato per le imprese che non metteranno più lavoratori in esubero, è soprattutto uno schiaffo ai lavoratori che hanno sin qui già perso il lavoro. Ci riferiamo, ai quei 400 mila precari, quasi tutti giovani, che non si sono visti rinnovare il contratto dall'inizio della crisi, secondo i dati sin qui disponibili (che si fermano a tre mesi fa). Di questi, nella migliore delle ipotesi, solo uno su tre riceve un sussidio di disoccupazione ordinario per pochi mesi, a fronte di una durata della disoccupazione che nel cinquanta per cento dei casi è superiore ai 12 mesi. Ovviamente la proroga della Cassa Integrazione non li interessa. Al contrario, il provvedimento servirà a rendere ancora più difficile per loro trovare un impiego alternativo perché le imprese in difficoltà, incentivate a tenere in busta paga i lavoratori in esubero, reagiranno bloccando le assunzioni.
Per questo governo quel 25 per cento di disoccupazione fra chi ha meno di 35 anni in Italia semplicemente non esiste. Lo ha detto chiaramente in queste settimane il ministro Sacconi, che ha invitato i giovani a fare gli imbianchini anziché perdere tempo nella ricerca di lavori in cui possano meglio utilizzare il proprio capitale umano a beneficio di tutti. Lo ha poi ribadito, qualche giorno dopo, il ministro Tremonti, che ha sostenuto che per essere contabilizzati come disoccupati dall'Istat basta rispondere svogliatamente ad una telefonata fatta a 1000 persone. Niente di più falso. Si tratta di 280.000 interviste, non poche delle quali svolte di persona, a casa dell'intervistato, e la condizione di disoccupato viene accertata sulla base di una serie di domande che definiscono oggettivamente lo stato di disoccupazione, sulla base di criteri molto restrittivi: ad esempio, basta lavorare anche solo un'ora nell'ultima settimana per non essere più contato tra i disoccupati. Che vivono una condizione di disagio effettivo, non di svogliatezza o pigrizia: i disoccupati rilevati dalle statistiche sulle forze di lavoro sono, ad esempio, due volte più vittime di crisi depressive e stressati di chi un lavoro ce l'ha. Del resto chi oggi svilisce le statistiche dell'Istat qualche anno fa, quando la disoccupazione calava, parlava di "cifre inequivocabili che confermano la bontà e l'efficacia delle azioni intraprese dal governo".
E non può che avere il sapore del commissariamento dell'Istat la scelta, in questo clima, di creare una banca dati integrata sul mercato del lavoro, gestita dai ministeri del Tesoro e del Lavoro con gli istituti "vigilati o controllati dai ministeri".
In ogni caso da ieri l'informazione economica in Italia è ancora meno libera. Non solo per le ennesime gravissime minacce del presidente del Consiglio, di cui si dà conto in altre parti del giornale. Il fatto è che il governo ha fatto un regalo alla Fieg, Federazione Italiana Editori di Giornali, ripristinando l'obbligo per le società quotate di fare pubblicità a pagamento sui giornali non solo di eventi societari, ma anche di informazioni sensibili. Lo ha fatto contravvenendo a una delibera della Consob che aveva ritenuto sufficiente la semplice comunicazione, a titolo gratuito per le società, su Internet. E ha respinto le dimissioni di Lamberto Cardia, l'eterno presidente della Consob, che era stato messo in minoranza all'interno della commissione proprio per aver cercato di andare incontro alle richieste della Fieg. L'interrogativo che ogni democratico dovrebbe porsi è: che cosa potrebbe pretendere il governo in cambio di questa concessione fatta agli editori, soprattutto in un momento in cui mass media e carta stampata versano in grave crisi?
23 giu 2009
Anti-G8 a l'Aquila: il corteo si farà?
I primi a mobilitarsi contro il G8 saranno i vicentini del no-Dal Molin che per il 4 luglio promuovono una manifestazione, con partenza dal presidio permanente per finire, forse, con l’occupazione della base militare. Non è da escludere che abruzzesi e altri attivisti no-global vadano a Vicenza a dar man forte a quello che si presenta come il primo appuntamento della settimana anti-summit. Nella notte tra il 5 e il 6 invece, esattamente alle 3 e 32 (l’orario in cui si è avvertita la scossa più devastante il 6 aprile scorso), si svolgerà a L’Aquila la fiaccolata «Memoria, verità e giustizia» per ricordare le vittime e le responsabilità. Come quella - denunciano i comitati - dei costruttori e della protezione civile, che «sapeva e non ha fatto nulla».
La giornata più «turbolenta» sarà quella del 7, dove si preannuncia il benvenuto ai potenti della Terra. Non si sono ancora decise le modalità. La rete romana, al momento, parla di «piazze tematiche» che confluiranno in una contestazione unitaria. Mentre nel capoluogo abruzzese si svolgerà, in contemporanea, un «forum» nel parco allestito dall’Unicef in cui si dibatterà insieme a varie comunità locali «ribelli» (come quella di Chiaiano, i no-Dal Molin e i no-Tav) di modelli di sviluppo, democrazia e partecipazione dal basso.
L’8 e il 9 la protesta diventerà generale, con manifestazioni su tutto il territorio, blitz e azioni estemporanee. In vista del 10, giorno del corteo nazionale promosso, tra gli altri, dal Patto di Base (Cobas, Rdb e Sdl), rete campana, Socialismo Rivoluzionario e Rete dei comunisti. La manifestazione partirà dalla stazione di Paganica e toccherà i luoghi simbolo del terremoto: le tendopoli di Onna, Tempera, San Gregorio, Sant'Elia, per concludersi all'ingresso del centro storico.
Una marcia che però ha generato frizioni nell’assemblea dei no-G8, che alla fine non hanno trovato un’intesa. «È una forzatura, non tutti gli aquilani capirebbero l’arrivo da fuori di migliaia di persone, meglio rispettare il loro cammino», dice Sara Segni del comitato 3e32. La paura è che venga interpretata come una «chiamata dall’alto» e che possa distogliere l’attenzione dalla questione «ricostruzione» a quella dei possibili scontri. «È l’ultima vetrina internazionale per esprimere dissenso - continua Segni - Meglio lasciare la protesta solo agli aquilani sempre più arrabbiati, facciamo un anti-G8 creativo e intelligente e delocalizziamo la rivolta in tutto il Paese».
Tra le adesioni al corteo c’è anche quella dell’Epicentro solidale, a testimoniare che non c’è una frattura netta tra abruzzesi e non. Di questo si fa forza Piero Bernocchi dei Cobas. «Non ci sono divisioni tra chi vuole criticare questi vertici e chi vuole opporsi al decreto sull’Abruzzo - sostiene - Sono due facce della stessa medaglia». Comunque la maggior parte dei comitati abruzzesi, pur non aderendo alla marcia, buttano acqua sul fuoco: «Siamo comunque uniti nel contestare il vertice, poi ognuno decide le sue forme».
fonte manifesto
di Giacomo Russo Spena
22 giu 2009
21 giu 2009
PROCESSO ALDROVANDI: LA SENTENZA
Tre anni e otto mesi, ha chiesto ieri il pm ferrarese Nicola Proto, per l'omicidio colposo di Federico Aldrovandi. Quando Patrizia Moretti, la madre del diciottenne ucciso in via Ippodromo, ha udito la richiesta di condanna per i quattro autori del violentissimo controllo di polizia del 25 settembre 2005, non ha potuto fare a meno di ripensare al notiziario ascoltato mentre usciva di casa per venire in tribunale. La radio parlava di una maestra condannata a tre anni per uno schiaffo a un suo alunno. Pene a parte - per l'eccesso colposo, il massimo del codice penale è di 5 anni - la requisitoria del pm, che ereditò il caso nella primavera del 2006, ha voluto restituire a Federico Aldrovandi la dignità di un diciottenne, con pregi e limiti. «Senza quell'incontro sarebbe ancora vivo», ha detto il magistrato dopo cinque ore di requisitoria. Sarebbe bastato girarlo su un fianco, farlo respirare anziché tenerlo prono, faccia a terra, venendo meno all'«obbligo di protezione» generato dal «contatto sociale» tra le volanti e un ragazzo. Le ultime parole di Federico sono «pesanti come un macigno», quella mattina chiedeva di smetterla: «Aiutatemi… Basta!».
fonte: osservatorio sulla represione
16 giu 2009
LOST IN BERLUSCONI
Come spiegare tutti i misteri che nelle ultime settimane si sono addensati sul presidente del consiglio Berlusconi? Rispondendo alle domande della stampa? No. Troppo semplice. Meglio ingaggiare un team di sceneggiatori esperti a risolvere i misteri con spiegazioni più fantasiose possibili. E chi meglio degli sceneggiatori di Lost, la serie tv americana di culto, può cimentarsi con il Noemigate?
Questa l'idea di partenza che c'è dietro “Lost in Berlusconi” un geniale video che tramite il passaparola sta spopolando sul web (e con i sottotitoli in inglese punta anche al "mercato" estero). I quattro sceneggiatori sono rinchiusi in uno scantinato (o in una delle “stazioni” della Dharma) e devono risolvere in un modo “plausibile” tutte le incongruenze venute fuori dalle vicende private del presidente del consiglio. Ed ecco così che tra spostamenti indietro nel tempo, dissociatori molecolari e altre invenzioni (con intuizione finale impossibile da “spoilerare” cioè rivelare) ecco miracolosamente risolte tutte le grane di Berlusconi. E per gli sceneggiatori (interpretati da Fabrizio Giannini, Alessandro Averone, Stefano Fresi, Roberto Pappalardo e Cobol Pongide) fama, soldi e “veline” a disposizione... O forse no...
15 giugno
fonte l'Unità
di Cesare Buquicchio
15 giu 2009
12 giu 2009
CHI SCANDALIZZERA' UNO DI QUESTI BAMBINI, MEGLIO PER LUI NON ESSERE MAI NATO
per aver preso una nota in condotta
E' accaduto a Truccazzano, nell'hinterland del capoluogo lombardo
di Gabriele Cereda
Prende una nota in condotta alla scuola elementare e si impicca a nove anni. Un bambino di Truccazzano, hinterland di Milano, ieri pomeriggio si è tolto la vita stringendosi il collo con un laccio di tela al lampadario della sua cameretta. Sotto choc la cittadina, mentre divampano le polemiche per le punizioni facili. Alla scuola elementare Fratelli Ferradini, in via Dante, i compagni e gli insegnanti sono disperati. Era tutto pronto per la festa di fine anno, invece si ritroveranno al funerale di un bambino.
Il piccolo non ha retto alla vergogna di quel richiamo ufficiale preso a pochi giorni dalla fine della scuola. Tornato a casa, col suo fardello, ha mostrato il libretto scolastico con il richiamo alla mamma. Una sgridata, ma nulla di più. Tutto sembrava essere finito. Ma non era così. Dentro di sé covava rabbia e frustrazione per essere stato ripreso davanti alla classe. Ha aspettato che la madre uscisse di casa per mettere in atto il suo piano: farla finita. Sono attimi drammatici, cerca qualcosa con cui soffocarsi. È questione di istanti, la donna si è allontata di pochi isolati per una rapida commissione. Al suo rientro lo chiama. Ma la vocina del bimbo non risuona per casa. Uno strano presentimento la guida in cameretta. Appena apre la porta, davanti agli occhi le si para la scena che nessun genitore può reggere.
Valutazione del comportamento degli studenti
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e successive modificazioni, in
materia di diritti, doveri e sistema disciplinare degli studenti
nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, in sede di
scrutinio intermedio e finale viene valutato il comportamento di ogni
studente durante tutto il periodo di permanenza nella sede
scolastica, anche in relazione alla partecipazione alle attivita' ed
agli interventi educativi realizzati dalle istituzioni scolastiche
anche fuori della propria sede.
11 giu 2009
Criminali in parlamento
Il plurimputato e pluriprescritto Silvio Berlusconi per raggiungere il risultato è stato costretto a ricorrere al voto di fiducia. Le nuove norme contenute nel disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche sono infatti talmente indecenti da risultare indigeste persino a un pezzo importante della sua maggioranza.
Da una parte, s'interviene sul diritto-dovere d'informare con disposizioni grossolane e illiberali stabilendo, per esempio, che le lettere di rettifica vadano pubblicate integralmente (anche dai blog) senza possibilità di replica. Insomma, se un domani Tizio scriverà a un giornale per negare di essere stato arrestato, la sua missiva dovrà finire in pagina, in ogni caso e senza commenti, pur se inviata dal carcere di San Vittore. Dall'altra, per la gioia di delinquenti di ogni risma e colore, si rendono di fatto impossibili le intercettazioni. Gli ascolti saranno infatti autorizzati, con una procedura farraginosa e lentissima, solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Cioè quando ormai si è sicuri che l'intercettato è colpevole. E in ogni caso non potranno durare più di due mesi. Inoltre le microspie potranno essere piazzate solo nei luoghi in cui si è certi che vengano commessi dei reati: detto in altre parole, è finita l'epoca in cui le cimici nascoste nelle auto e nei salotti dei mafiosi ci raccontavano i rapporti tra Cosa Nostra e la politica.
Che Berlusconi e un parlamento formato da nominati e non da eletti dal popolo, in cui sono presenti 19 pregiudicati e una novantina tra indagati e miracolati dalla prescrizione e dall'amnistia, approvi sia pure tra qualche mal di pancia leggi del genere non sorprende. A sorprendere sono invece le reazioni (fin qui pressoché assenti) di quasi tutti i direttori dei quotidiani e dei comitati di redazione dei telegiornali (dai direttori dei tg, infatti, non ci si può aspettare più nulla). Quello che sta accadendo in parlamento dovrebbe essere la prima notizia del giorno. E invece a tenere banco è la visita di Gheddafi e le polemiche intorno alla sua figura di dittatore. Così a furia di parlare di Libia nessuno si accorge di come il vero suk sia ormai qui, a Roma, tra Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi. E di come, tra poco, nessuno potrà più raccontarlo.
di Marco Travaglio
ARRIVANO LE RONDE NERE.
FONTE: peace reporter
osservatorio sulla repressione
10 giu 2009
5 giu 2009
nudità
Walter Benjamin
Destino e carattere
[in Angelus Novus. Saggi e frammenti, Torino, Einaudi 1962, pp. 31-38.]
4 giu 2009
DESTRA, SINISTRA E OPINIONI SULL’IMPARZIALITA’ DEI GIUDICI
Nel 2007
Nel 2008
Che farà di questo passo Berlusconi e chi come lui usa questo genere di argomenti? Plauderà a primo imputato di fede musu1mana che ricuserà Gandus perché è ebrea? O al primo ladro ateo che negherà legittimità alla sentenza del cattolico Caccialanza? Ripugna dover scendere nella disamina delle identità culturali, politiche e persino religiose che ogni magistrato dismette quando veste la toga di giudice in udienza, ma è uno dei frutti avvelenati di questo modo di nutrire il dibattito pubblico.
Così velenoso da inquinare ormai persino il modo di ragionare di chi, per criticare Berlusconi, in questi giorni ha ritenuto di opporgli il contro-argomento per il quale Gandus sarebbe un giudice che ha dimostrato di saper essere imparziale in quanto in passato ha assolto un importante esponente dello schieramento di Berlusconi (Formigoni), e l’ha fatto proprio in un processo nel quale la sua posizione aveva un forte nesso con il patteggiamento e il pesante risarcimento accettato in precedenza dal fratello di Berlusconi (Paolo):come se l’imparzialità di un giudice non consistesse nell’assicurare eguale attenzione alle ragioni delle parti, ma si misurasse su una sorta di pareggio dei risultati, come se dipendesse da una opportunistica par condicio dei verdetti, come se solo l’assoluzione di un potente facesse maturare un bonus spendibile per condannarne un altro e viceversa.
Chiacchiere da bar sport, verrebbe da dire. Ma si farebbe un grave errore: il lunedì al bar sport, ormai, si parla della partita della domenica con maggiore competenza e superiore onestà intellettuale.
3 giu 2009
2 giu 2009
LE DONNE ?
ROMA - Un ricordo di quelli ormai archiviati. "Quando all'università, a Torino, una di noi prendeva la parola c'era sempre qualche ragazzo che scandiva "calzetta, calzetta"". La poetessa Maria Luisa Spaziani ride. Ma in queste ultime settimane è diventato sempre più difficile per le donne italiane infischiarsene del passato. Non perché a qualcuno viene in mente di dire "tornatevene a fare la calzetta", ma per quel casting di "pupe" con il quale il presidente del Consiglio e leader del Pdl, Silvio Berlusconi pensava di fare la selezione delle donne candidate alle europee. Per via delle festicciole in Sardegna. Dell'affaire di Berlusconi e della giovanissima Noemi. Dei vizi privati e dei comportamenti pubblici. Delle veline.
LEGGI IL TESTO DELL'APPELLO:
http://download.repubblica.it/pdf/2009/due_giugno_donne.pdf
In poche parole: "Di queste donne che assurgono agli onori dei media se sono compiacenti verso i potenti e asservite a un modello mercificato e lesivo dell'identità femminile". L'Italia e le donne italiane sono molto altro. Comincia così l'appello "Per una Repubblica che rispetti le donne" delle donne insignite delle alte onorificenze repubblicane nel giorno della festa del 2 giugno. Sono la poetessa Spaziani (Cavaliere di Gran Croce); Maria Bianca Bosco Tedeschini Lalli, prima donna rettore d'Italia e fondatrice dell'università Roma 3, Grande ufficiale della Repubblica come Silvia Costa, una vita in politica e nelle istituzioni e ora candidata del Pd a Strasburgo; la giornalista e scritttrice Elena Doni. E poi, i commendatori della Repubblica suor Eugenia Bonetti, missionaria; Linda Laura Sabbadini; Rosa Valentino, presidente dell'associazione delle donne giuriste; Paola Spada; Gigliola Zecchi; Anna Maria Comito; e l'ufficiale della Repubblica, Susanna Diku, ginecologa, che nel 2000 fu la prima donna straniera a cui Carlo Azeglio Ciampi assegnò l'alta onorificenza; la capoverdiana Maria Josè Mendez Evola, che per anni in Italia ha lavorato come collaboratrice domestica, oggi è sociologa, ricercatrice.
E molte, molte altre donne che non si sono arrese mai, che rappresentano uno spaccato del paese, e che hanno deciso di "rompere il silenzio assordante".
"C'è un'immagine degradata delle donne e mercificata con la complicità della quarta carica dello Stato", attacca
Sono di sinistra, prevalentemente, tante le adesioni di parlamentari democratiche. Però l'appello sarà inviato anche alle donne della destra. Dice Silvia Costa: "Perché questo loro silenzio? Sembra la preoccupazione esclusiva di servire un padre/padrone. Invece ci vorrebbe solidarietà". Non quell'attacco di Daniela Santanché contro Veronica Lario, la moglie del premier che ha denunciato il "ciarpame politico", i vizi privati ("mio marito frequenta monorenni"), le preoccupazioni, e chiesto il divorzio. Le donne italiane da che parte stanno?
fonte la Repubblica
di Giovanna Casadio