(il trattino non è una casualità) La nostra attenzione rimane sveglia per 3 minuti. Questo è il prodotto di una società che ci spoglia di responsabilità e di capacità critica. Privati di onestà intellettuale, accettiamo notizie come prodotti impacchettati e indiscutibili. IN - FORMAZIONE nasce per grattare via i calli dal cervello, proporre la conoscenza come processo in divenire creato dalla partecipazione.
29 set 2009
73 ANNI RUBATI AL GOVERNO
Tanti auguri a noi tutti
di Concita De GregorioNel giorno del compleanno del premier (73) abbiamo pensato di farci un regalo, anzi due: di farli a voi. Il primo è la raccolta dei primi otto numeri della Silvio Story, la vera storia delle origini della fortuna e del successo di quest'uomo che «si è fatto da solo», come sempre dice, non senza - tuttavia - qualche aiutino.
Al collega di Le Monde che ci chiedeva come mai abbia avuto tanto successo in edicola questa storia a puntate e perché ce ne sia bisogno abbiamo risposto che la memoria è diventata un bene evanescente (disprezzato, spesso: antimoderno), che ci si dimentica della settimana scorsa figurarsi del ‘73, che l'eterno presente a cui la costante esibizione di sciocchezze ci costringe impedisce di pensare, di ricordare, di tenere a mente le origini della storia. Che non è vero che chiunque abbia talento in questo paese può fare fortuna, al contrario. È vero che la spregiudicatezza e il malaffare hanno costituito le fortune di chi oggi impedisce agli italiani che non partecipano al Monopoli del Sultano di avere la minima chance di campare con decenza. Che i soldi - fatti come, lo si spiega - in trent'anni hanno vinto sul resto. Ma è una vittoria che non lascia eredi poiché si basa sulle fortune - sull'impunità, sullo strapotere - di uno solo: come tutti mortale, l'età che avanza lo ricorda, come tutti destinato a passare. Conviene dunque cominciare a ripassare fin d'ora come questa storia sia iniziata e studiare come a scuola gli errori da evitare in futuro: a destra come a sinistra. Di errori, nei decenni, è disseminato il cammino compiuto fin qui: equamente distribuiti, quelli sì ed è l'unica equità visibile.
Il secondo regalo è la libertà di dire una cosa semplice ma tabù: alle ragazze di vent'anni non piace questo coetaneo del nonno per le sue doti naturali. Lo frequentano perché è potente e può dare qualcosa in cambio. Di solito lo fa. Il paese si sta adeguando rapidamente a considerare la prostituzione - non solo fisica, la prostituzione di chi si mette al servizio di chi paga - come la principale forma di sopravvivenza in epoca di stenti. Anche la moda lo fa. Due giornali come il Financial Times e l'Herald Tribune hanno segnalato ieri, all'unisono, come la moda italiana sia sia piegata allo stile "delle infauste feste di Berlusconi". Velina style. Trasparenze e guepiere da ragazza-immagine in attesa di candidatura. Difendiamoci: le ragazze, noi stessi, l'Italia e persino il made in Italy. Ribelliamoci. L'Italia è piena di donne magnifiche capaci di fare film, scrivere libri e riparare motori, di scendere in fondo al mare a recuperare relitti e studiare le stelle, di crescere figli e insegnare a scuola, di sopportare gli stenti senza perdere la dignità, di tenersi in faccia la propria faccia senza volere quella che cancella il tempo, di credere che il tempo sulla faccia sia una medaglia, invece, segno prezioso della propria storia. Chiediamo silenzio a chi non dà voce, lavoro a chi non lo paga: non un marito miliardario, no, nè una carta di credito per fare shopping. Non è questo che vogliono le donne. Le veline non hanno colpa se non quella di non vedere alternativa. Mostriamogliela. Ribelliamoci subito, a partire dal suo compleanno e per sempre.
fonte www.unita.it
28 set 2009
SPAGNA!
La decisione sulla pillola del giorno dopo ha l'obiettivo di diminuire il numero di aborti, soprattutto tra le adolescenti. Nel 2007, secondo il ministero, 10.600 le minorenni rimaste incinte di cui 6.273 avevano deciso di abortire, 500 di queste con meno di 15 anni (su un totale di 112.138 aborti volontari).
Cambiano le regole anche per la legge sull'aborto, con un progetto di riforma varato sempre ieri con l'obiettivo di modificare il testo approvato nell'ormai lontano 1985. Il testo deve passare al vaglio dei due rami del parlamento, poi, una volta approvato, l'aborto verrà completamente depenalizzato entro le 14 settimane, si potrà interrompere la gravidanza entro le 22 in caso di problemi al feto e di gravi rischi per la salute fisica e psicologica della donna. La legge abbassa inoltre l'età legale per prendere la decisione autonomamente da 18 a 16 anni. «Diritti, garanzie e rispetto sono le chiavi della nuova legge», ha affermato, presentando il testo, la vicepremier Maria Teresa Fernandez de la Vega. Viene potenziato anche il lato della prevenzione, perché «l'obiettivo del governo è prevenire le gravidanze non desiderate e che nessuna donna si debba trovare di fronte alla durissima decisione di abortire».
Inevitabili le critiche. L'associazione femminista Donne di fronte al Congresso, definisce «intollerabile» il limite di 22 settimane per intervenire in caso di rischi per la salute della donna, un tetto che non esiste nella legislazione attuale. L'Associazione della cliniche che effettuano l'operazione, considera invece «arretrato» il limite delle 14 settimane e i «3 giorni di riflessione» previsti prima dell'intervento.
La battaglia è però attesa da destra. Il Partido popular ha promesso guerra in parlamento, soprattutto per la riduzione a 16 anni della maggior età per decidere. Durissimo l'ultra-conservatore Foro de la Famiglia: «Una legge profondamente ingiusta, un passo indietro nel diritto alla vita". I movimenti per la vita, sostenuti dalla chiesa, si sono dati appuntamento per il 17 ottobre a Madrid per una grande manifestazione di protesta.
fonte ilmanifesto.it
di Alberto D'Argenzio
24 set 2009
L'ORA DEGLI APPELLI
fonte la Repubblica
22 set 2009
Scontro islamici - Santanchè
Il tar del Lazio boccia Sacconi
di Eleonora Martini
ELUANA ENGLARO Il Tar del Lazio boccia Sacconi: «Libertà di cura»«I pazienti in stato vegetativo permanente, che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare», «non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso». E «possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti». Non potevano essere più chiare le motivazioni - rese note ieri - della sentenza con la quale il Tar del Lazio boccia la direttiva emessa nel dicembre 2008 dal ministro del welfare Maurizio Sacconi che imponeva alle regioni e alle Asl di non permettere in nessun caso la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione forzata in pazienti in stato vegetativo permanente, cercando così di evitare che si compisse la volontà di Eluana Englaro, morta poi il 9 febbraio 2009 nella clinica "La Quiete" di Udine. Come già fece il Tar della Lombardia, insomma, viene sancito ancora una volta il diritto costituzionale alla libertà di cura: nessuno può essere nutrito o idratato contro la propria volontà. E infatti i giudici della III sezione quater, presieduta da Mario Di Giuseppe, nella sentenza emessa sul ricorso del "Movimento di difesa del cittadino" contro l'iniziativa di Sacconi, puntualizzano che il paziente «vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi». Quindi anche la libertà di morire di morte naturale è un «diritto costituzionale quale è quello della libertà personale che l'art. 13 qualifica come inviolabile». Una sentenza che risulta indigeribile ai pro-life del Pdl proprio mentre alla Camera si prepara l'ultima battaglia sul testamento biologico. Anche se ieri dal centrodestra si è udita qualche voce laica in più. Ma il ministro Sacconi, invece, non ci sta e rilancia la sua proposta di una «leggina Englaro» da approvare prima che il parlamento concluda l'iter del ddl Calabrò. Al momento però nemmeno la commissione Affari sociali ha un testo scritto con il quale confrontarsi.
fonte: il manifesto
madonna con hitler
In difesa di Veneziano era sceso in campo il critico Ivan Quaroni, che aveva spiegato sempre al Corriere del Veneto come «l’iconografia nazista è sempre stata usata e lo sarà ancora, proprio perché disturba. In quanto simbolo assoluto del Male, crea un forte stridore con ciò che rappresenta il suo opposto. Ma non credo che sia una tela offensiva: il suo valore sta nella sensazione di spaesamento che crea questo accostamento tra due opposti».
Dalla parte dell’artista anche Massimo Simonetti, direttore artistico della manifestazione, perché «non è il nostro ruolo ritirare un’opera e prendere posizione su ciò che artisti e galleristi presentano, non ritenendo automaticamente blasfema e quindi condannabile ogni tipo di espressione che contenga simboli religiosi o politici».
Veneziano non è nuovo a queste provocazioni. Anni fa fece scandalo dipingendo una Madonna con ai suoi piedi due supereroi al posto di San Giovanni e di Gesù, e raffigurando un’orgia che aveva come protagonisti Berlusconi, Mussolini e Hitler.
È già successo che l’uso di simboli nazisti susciti forti critiche. Negli anni passati, per esempio, grandi polemiche avevano accompagnato anche le fioriere a forma di svastica di Giovanni Morbin e l’Hitler inginocchiato in preghiera di Maurizio Cattelan.
Fonte: Libero
20 set 2009
LE RONDE NERE SONO ARRIVATE
16 set 2009
SANTO SUBITO
una purulenta mescolanza di sudditanza, disservizio e falsa coscienza
15 set 2009
AGENDA ROSSA
Manifestazione "Agenda Rossa"
Roma, sabato 26 settebre 2009 - ore 14
Il popolo della "agende rosse" scende in piazza a sostegno dei magistrati di Palermo e Caltanissetta
14 set 2009
SILENZIO, PARLA VESPA.
La decisione è stata presa per «valorizzare un momento importante per il paese», spiega Antonio Marano, vicedirettore generale che si affretta ad assicurare: «Per Ballarò non c'è alcun problema, è solo uno spostamento che abbiamo ritenuto opportuno visto il tipo di evento e per non far sovrapporre due pòrogrammi di approfondimento».
Ma il conduttore di Ballarò non ci sta: «È un atto immotivato ai miei occhi, non riesco a comprenderne le ragioni. Avremmo potuto trattare gli stessi temi dello speciale di Raiuno, non vedo il motivo di sostituirci». «Abbiamo un inviato in Abruzzo da due settimane - spiega Floris -, e la cerimonia del 15 settembre era un avvenimento previsto da prima che presentassimo la trasmissione. Naturalmente poi avremmo parlato anche di altro, di attualità politica e di attualità economica. La prima puntata era stata inoltre presentata una settimana fa in una conferenza stampa tenuta alla presenza del capo ufficio stampa Rai». Per questo, conclude Floris, «sono dispiaciuto, certo, ed è dire poco. È come aver lavorato per mandare in stampa un giornale e vederne poi un altro in vendita nelle edicole. A tutti quelli che mi telefonano allarmati dico che mi auguro che sia solo un episodio sgradevole e grave, e che mi auguro che andremo in onda prima possibile dicendo tutto quello che abbiamo da dire».
E il Pd attacca: «La cancellazione voluta dalla direzione generale Rai della puntata di Ballarò è grave e inaccettabile». «La Rai blocca l'esordio stagionale di una trasmissione chiave nel palinsesto informativo per far spazio ad una trasmissione che si annuncia come celebrativa e 'spettacolare' tutta programmata a favore del premier», denuncia Vincenzo Vita, senatore del Pd e componente della commissione di Vigilanza sulla Rai. «Contro queste tentazioni di trasformare l'informazione e l'approfondimento in reality show - aggiunge - è ancora più importante partecipare in massa alla manifestazione di sabato 19 in favore della libertà e dell'autonomia dell'informazione promossa dalla Federazione della stampa e da tantissime associazioni».
fonte www.unita.it
13 settembre 2009
PROSSIMAMENTE . .
La nuova lettera di Michele Santoro ai vertici Rai
Al Direttore generale
p.c. al Direttore di Raidue
Gentile Direttore,
da più di una settimana i nostri spot giacciono presso gli “uffici competenti” e non vengono trasmessi. Nel frattempo sono diventati i più visti su Youtube in Italia e tra i primi dieci al mondo. Sempre su Youtube sono anche al primo posto per gradimento.
Ma forse a lei e al Direttore di RaiDue non piacciono. Perché? Intendete sostituirli? E con cosa e quando intendete farlo, visto che gli spot di altre trasmissioni sono in onda da mesi, mentre RaiDue non da’ notizia dell’inizio di Annozero previsto per il 24 settembre?
Resto in attesa di una risposta e invio cordiali saluti
Michele Santoro
da voglioscendere.ilcannocchiale.it
9 set 2009
8 set 2009
LETTERA DAL CARCERE DI ORISTANO
fonte osservatoriorepressione.org
7 set 2009
REPORT SENZA COPERTURA LEGALE
07 settembre 2009
CASO LONZI
In sostanza "Marcellino", era stato preso a botte prima di quell'11 luglio del 2003 a causa dei suoi atteggiamenti poco in linea con le regole del carcere. Lonzi era un tossicodipendente che utilizzava spesso e volentieri i fornellini da campeggio per "sniffare" gas. Pratica che non veniva tollerata di certo da chi era addetto alla sorveglianza delle celle. E' quindi certo che nei giorni precedenti a quel tragico 11 luglio Marcello Lonzi avesse già passato alcuni giorni in isolamento e lì avrebbe subito percosse. La magistratura sarebbe riuscita a ricostruire tutto questo dando quindi un'altra chiave di lettura alle indagini in corso in via di conclusione. Il pm Antonio Giaconi sta ancora attendendo la terza perizia medico legale che dovrà arrivare sulla sua scrivania direttamente da Siena entro la fine del mese di settembre. Poi ancora qualche ultimo interrogatorio e infine la conclusione delle indagini prevista entro la fine dell'anno.
Adesso dunque mancherebbe soltanto da ricostruire per filo e per segno cosa accadde quel giorno per poter dimostrare che Marcello Lonzi subì delle percosse che lo portarono alla morte. Le perizie medico legali fino ad oggi analizzate dalla Procura hanno sempre dimostrato come Lonzi sia morto per un arresto cardiaco.
Adesso c'è da capire se qualche elemento esterno stressante (come ad esempio le percosse) abbia potuto determinare l'arresto del cuore del detenuto. Venerdì la madre di Lonzi, Maria Ciuffi, è stata ricevuta dal Procuratore della Repubblica Francesco De Leo, con il quale ha parlato dello stato delle indagini per circa un'ora. A dimostrazione del fatto di come la giustizia voglia dire ancora la sua in questa storia.
Giacomo Niccolini
tratto da Il Corriere di Livorno del 30 agosto 2009
fonte www.senzasoste.it
IL CONTO ALLA ROVESCIA
Chi e' piu' furbo
Dice un antico adagio che in Italia senza il Vaticano non si governa. Quando è ostile suonano campane a morto. Lo spiegava Gianni Letta qualche giorno fa ai suoi più giovani colleghi, gli anziani lo sanno benissimo. Lo diceva ieri su questo giornale Cirino Pomicino, l'antica scuola democristiana non lascia dubbi: quando la Chiesa volta le spalle comincia il conto alla rovescia. È accaduto a governi di ogni colore, è accaduto sempre. Non c'è dubbio che l'eliminazione di Boffo avvenuta per mano del giornale di Berlusconi - seppure funzionale ad una resa dei conti tutta interna alle gerarchie ecclesiastiche - segni un punto di non ritorno. Letta aveva lavorato a lungo, nei mesi estivi, per accorciare la distanza tra le due sponde del Tevere. Oggi, dopo gli stracci, la distanza è una voragine. Dunque: meno dieci, meno nove... Per il dopo Berlusconi vescovi e cardinali stanno lavorando alla ricostituzione di una nuova Dc: un nuovo centro, si chiami Rosa bianca o altro, capace di tenere insieme i cattolici in fuga da Berlusconi e quelli che non dovessero sentirsi più a loro agio nel Pd in caso di sconfitta del progetto Franceschini. L'ago della bilancia - il magnete della nuova Dc - sarebbe in questo caso Pierferdinando Casini, da tempo in sapiente equilibrio al Centro. A sinistra c'è chi pensa, Bersani tra questi, che si debba guardare in prospettiva ad alleanze strategiche con l'Udc. C'è anche chi osserva - Franceschini e Marino, in modo diversamente esplicito - che le articolazioni dell'Udc sul territorio, i dirigenti locali nelle regioni e nelle città non siano esattamente quello che si intende quando si parla di rinnovamento e di risanamento della classe politica. Il popolo della sinistra - forse, chissà - non gradirebbe: a Cosenza e a Tempio Pausania assai meno che a Roma. A destra intanto scalda i muscoli Gianfranco Fini proiettato verso un prestigioso avvenire. An sta lavorando a un progetto sul testamento biologico, per dire l'ultima, assai distante da quello degli alleati di governo. Più equilibrato, diciamo. E sull'immigrazione, e sulle donne, e sul lavoro: Fini si smarca. In prospettiva anche il partito di Fini (depurato dai berluscones) potrebbe essere un buon alleato del Nuovo centro. Quando c'è di mezzo il Vaticano - direbbe Andreotti - non conviene fare a chi è più furbo. Meno che mai se Berlusconi impalla l'orizzonte. Speriamo che chi sovrintende alle strategie abbia fatto bene i conti nel disegnare il percorso dei prossimi cinque anni, speriamo che lo sforzo di prevedere il futuro non offuschi il presente. Bisognerebbe pensare ad una proposta per il paese, nell'attesa: una proposta di lungo respiro e se non porta frutti subito pazienza. Le astuzie, in tempi così, durano un attimo.
Dei tempi che ci aspettano vi raccontiamo: storie di precari della scuola, di medici inoccupati, di operai ancora sui tetti. Un autunno disperato e frastornato dai rulli di tamburo delle truppe del Caimano assoldate per zittire. Lo scriveva qui Luigi De Magistris: è alle porte il tentativo finale di affondare il sistema democratico. Da oggi ogni domenica De Magistris scriverà per noi una pagina di diario: la sua «Agenda rossa», come quella scomparsa di Borsellino. Agenda dall'Europa, rossa perché è un gran bel colore. Benvenuto tra noi.
di Concita De Gregorio
fonte l'unita.it
l'immagine è di edoardo baraldi
6 set 2009
ZEITGEIST
Basato su ricerche effettuate dall’autore, è un film a volte duro, ma che indubbiamente dà un forte scossone a chi lo vede. Le parole del suo creatore:
[..] è mia speranza che le persone non prendano quello che vedono nel film come verità, ma la trovino per loro stesse, perchè la verità non è parlata, è realizzata.
sono del tutto sensate, soprattutto in contesti come questi, in cui vengono trattati argomenti di vasta portata sociale ed emozionale, come la religione, gli eventi dell’11 settembre, l’ingerenza di gruppi bancari di lungo corso sul sistema economico-politico mondiale.
Il film nasce per essere diffuso e condiviso il più possibile, ed è dunque disponibile per la visione ed il download gratuito. Grazie al lavoro di traduzione e sottotitolatura in italiano effettuato da luogocomune.net, è possibile vederlo direttamente su Google Video cliccando su questo collegamento: http://video.google.it/videoplay?docid=4684006660448941414
fonte http://www.marenectaris.net/journal/?p=12
LA TESSERA DEL TIFOSO
fonte osservatoriorepressione.org
LIBERI TUTTI
Caro Papa, parla delle violenze ai gay
di Delia Vaccarello
"Caro Papa avrai certamente saputo di Dino, quel giovane omosessuale che è ricoverato all'ospedale sant'Eugenio per le ferite riportate a causa di un'aggressione che si è svolta a Roma". Inizia così la lettera aperta a Benedetto VXI di Gianni Geraci del Guado, gruppo di cristiani omosessuali di Milano.
Due gay si scambiavano effusioni: uno è stato accoltellato all'addome, l'altro ferito al cuoio capelluto per via di una bottiglia spaccata sulla testa. E' successo dieci giorni fa a Roma dinanzi al Gay village. Il caso non isolato, in una estate che si annunciava violenta, potrebbe interrogare la coscienza di molti. Il gruppo Pd alla Camera ha chiesto a Fini di discutere alla riapertura la proposta di legge contro l'omofobia, prima firmataria Paola Concia. La proposta ha incassato l'appoggio del sindaco Alemanno e di Adolfo Urso viceministro del commercio estero (il no di Buttiglione).
La lettera continua: "Caro Papa, la persona che ha picchiato non approvava il fatto che Dino scambiasse pubblicamente tenerezze con un altro giovane. Li ha apostrofati, alla fine li ha aggrediti... Di certo non approvi questa aggressione, anche se, probabilmente, in merito all'opportunità di certe manifestazioni pubbliche di tenerezza tra due persone dello stesso sesso, potresti pensarla più o meno come il disgraziato che l'ha compiuta.".
La legge ci vuole, ma non basta. Lo ricorda Vittoria Franco, Pd, occorre "approvare anche una normativa per il riconoscimento delle unioni civili. Solo la cultura dei diritti può contrastare questo clima di intolleranza". Diritti? Un attentato incendiario lo scorso martedì alla discoteca Qube, luogo di serate gay e friendly, è il seguito. Nel frattempo, a Rimini, Daniele Priori vicepresidente di Gaylib e il suo compagno Ciri Ceccarini, vengono presi a pugni e calci e insultati con epiteti omofobici . E' la degenerazione di un diverbio per il parcheggio. Non basta, a Napoli una coppia di uomini viene aggredita da un gruppo di ragazzini.
A Roma si parla di fiaccolata contro tutte le intolleranze. Il presidente della Provincia, Zingaretti, auspica che tutti rispondano all'appello. Alemanno e Cicchitto condividono. L'indignazione del mondo glbt è alle stelle: "Ci mobiliteremo" annunciano molte sigle. "Ormai è una violenza al giorno", dichiara Mancuso, Arcigay. Si profila una grande manifestazione per ottobre.
Geraci prosegue la sua missiva: "Caro Papa, tante persone hanno criticato le veglie di preghiera per le vittime dell'omofobia dei gruppi di omosessuali credenti. Dicevano che non aveva senso parlare di una violenza omofobica che c'era solo nelle nostre teste. A costoro, a quelli che, come l'aggressore del giovane Dino, non si vergognano degli istinti violenti che suscita in loro l'immagine di due uomini o di due donne che si scambiano un bacio, credo si debbano ricordare le parole della Congregazione per la Dottrina della Fede: Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente...".
Sono necessarie una legge contro l'omofobia e una primavera dei diritti. Ma urge che il valore della non-violenza venga ribadito senza tacere il nome di alcune tra le tante vittime.
Geraci conclude: "Caro Papa, ti chiedo di intervenire per esprimere la tua solidarietà al povero Dino, per condannare l'episodio di violenza che si è svolto nella tua diocesi e per condannare tutti gli episodi analoghi che si svolgono in ogni parte del mondo".
Fonte www.unita.itBASTA DORMIRE!
Insomma, cara Opposizione e cari sindacati uniti tutti, fino ad ora dove eravate? In vacanza? In attesa di un'altra Onda da cavalcare? La protesta si allarga. Da Milano a Palermo, da Roma e Napoli. Da Campobasso alla Sardegna. Da Torino a Catania. Da Messina a Bologna. Sud. Nord. Est. Ovest. Isole comprese. Protesta unitaria. Striscioni e dialetti gridati in italiano corretto e anche in dialetto, così i Leghisti non si possono lamentare. Basta andare su www.retescuole.net per accorgersi delle proporzioni della protesta. Sulla rete è in atto un grande dibattito sulla scuola. C'è chi fa notare a Gelmini che, anche prima delle sue recenti dichiarazioni, l'indennità di disoccupazione esiste già da anni, come l'accesso alle supplenze brevi: attraverso le graduatorie di istituto. Domanda: ma chi paga i supplenti, signorina Gelmini, lo Stato o i comuni? Chi si interroga su che fare per avere più visibilità in un paese in cui l'informazione non è più informazione. C'è chi parla di Gelmini come di una calamità naturale e chi si rende conto che il disastro non coinvolge solo i precari, ma tutti i docenti che da anni, anzi decenni, lavorano su posti vacanti che non vengono posti in ruolo. C'è chi ricorda che lavora in scuole senza carta igienica e chi propone di bloccare autostrade, ferrovie e strade come gli agricoltori o i camionisti. Chi si accorge come l'informazione ha messo l'pinione pubblica contro i docenti visti come «lavativi» e «scansafatiche» per giustificare i tagli al bilancio. Chi invoca Napolitano e chi Obama: «Arruolerà legioni di insegnanti pagandoli meglio anche a costo di aumentare le tasse!».
Bene, questa è la realtà . Ma troppi media italiani non sono sintonizzati con la realtà . Città invisibili, docenti invisibili. Opposizione e cari sindacati uniti tutti, e voi? Il fatto è questo: migliaia di docenti e genitori non si sentono rappresentati dal governo, ma neppure da voi. Tremonti e Gelmini da oltre un anno parlano di quello che hanno in mente. E voi? Di fronte a questi dati allarmanti, anche solo per ragioni di puro opportunismo politico, come è possibile che non riusciate a mettere in moto un'opposizione più forte e più determinata su questo tema specifico? Come è possibile che anche sul tema scuola riusciate solo a giocare di rimbalzo dicendo che il governo sbaglia senza opporre alternative di segno completamente opposto? Già vi siete fatti superare a sinistra una volta dall'Onda; quest'anno replicate?
Cara Opposizione e cari sindacati tutti della scuola, vi ricordate come Cei ha difeso le scuole private cattoliche di fronte all'ipotesi ventilata di togliere un po' di fondi? Imparate da loro, se non avete idee. O aprite gli occhi: se vedete veramente anche voi il più grande licenziamento di massa della storia della nostro Repubblica, che poi avviene sulla formazione dei più giovani, muovetevi. E presto. O ancora non è abbastanza per mettere la difesa della scuola pubblica italiana come punto centrale di qualsiasi vostro programma di oggi e di domani? Per smetterla di parlare con un governo incapace e pericoloso che sta facendo male ogni giorno di più ai nostri bambini e ai nostri ragazzi? Non è abbastanza per mettere da parte i personalismi di corrente e di partito e organizzare una seria e determinata opposizione unitaria a oltranza? Cosa di peggio deve ancora accadere? I precari della scuola stanno facendo di tutto e di più per protestare contro il più grande licenziamento di massa della storia della Repubblica italiana: 150mila docenti in tre anni, di cui quasi 60mila solo quest'anno. A Milano e Torino scendono in piazza e si incatenano davanti al provveditorato. A Palermo fanno lo sciopero della fame. A Napoli e Caserta salgono sui tetti. A Roma si mettono in mutande, non sono le hostess dell'Alitalia e allora per attirare l'attenzione dei media bloccano per ore le assegnazioni delle supplenze annue fino all'arrivo dei carabienieri. A Benevento Dario Franceschini sale sui tetti dell'ufficio scolastico provinciale insieme a loro e dice: «Lo Stato sta mettendo in atto il più grande licenziamento di massa della storia italiana nel settore in cui bisogna investire di più, ossia nell'educazione dei nostri figli». Ha usato le parole «licenziamento di massa». Per la prima volta. Anche se è deciso da oltre un anno.
Insomma, cara Opposizione e cari sindacati uniti tutti, fino ad ora dove eravate? In vacanza? In attesa di un'altra Onda da cavalcare? La protesta si allarga. Da Milano a Palermo, da Roma e Napoli. Da Campobasso alla Sardegna. Da Torino a Catania. Da Messina a Bologna. Sud. Nord. Est. Ovest. Isole comprese. Protesta unitaria. Striscioni e dialetti gridati in italiano corretto e anche in dialetto, così i Leghisti non si possono lamentare. Basta andare su www.retescuole.net per accorgersi delle proporzioni della protesta. Sulla rete è in atto un grande dibattito sulla scuola. C'è chi fa notare a Gelmini che, anche prima delle sue recenti dichiarazioni, l'indennità di disoccupazione esiste già da anni, come l'accesso alle supplenze brevi: attraverso le graduatorie di istituto. Domanda: ma chi paga i supplenti, signorina Gelmini, lo Stato o i comuni? Chi si interroga su che fare per avere più visibilità in un paese in cui l'informazione non è più informazione. C'è chi parla di Gelmini come di una calamità naturale e chi si rende conto che il disastro non coinvolge solo i precari, ma tutti i docenti che da anni, anzi decenni, lavorano su posti vacanti che non vengono posti in ruolo. C'è chi ricorda che lavora in scuole senza carta igienica e chi propone di bloccare autostrade, ferrovie e strade come gli agricoltori o i camionisti. Chi si accorge come l'informazione ha messo l'pinione pubblica contro i docenti visti come «lavativi» e «scansafatiche» per giustificare i tagli al bilancio. Chi invoca Napolitano e chi Obama: «Arruolerà legioni di insegnanti pagandoli meglio anche a costo di aumentare le tasse!».
Bene, questa è la realtà . Ma troppi media italiani non sono sintonizzati con la realtà . Città invisibili, docenti invisibili. Opposizione e cari sindacati uniti tutti, e voi? Il fatto è questo: migliaia di docenti e genitori non si sentono rappresentati dal governo, ma neppure da voi. Tremonti e Gelmini da oltre un anno parlano di quello che hanno in mente. E voi? Di fronte a questi dati allarmanti, anche solo per ragioni di puro opportunismo politico, come è possibile che non riusciate a mettere in moto un'opposizione più forte e più determinata su questo tema specifico? Come è possibile che anche sul tema scuola riusciate solo a giocare di rimbalzo dicendo che il governo sbaglia senza opporre alternative di segno completamente opposto? Già vi siete fatti superare a sinistra una volta dall'Onda; quest'anno replicate?
Cara Opposizione e cari sindacati tutti della scuola, vi ricordate come Cei ha difeso le scuole private cattoliche di fronte all'ipotesi ventilata di togliere un po' di fondi? Imparate da loro, se non avete idee. O aprite gli occhi: se vedete veramente anche voi il più grande licenziamento di massa della storia della nostro Repubblica, che poi avviene sulla formazione dei più giovani, muovetevi. E presto. O ancora non è abbastanza per mettere la difesa della scuola pubblica italiana come punto centrale di qualsiasi vostro programma di oggi e di domani? Per smetterla di parlare con un governo incapace e pericoloso che sta facendo male ogni giorno di più ai nostri bambini e ai nostri ragazzi? Non è abbastanza per mettere da parte i personalismi di corrente e di partito e organizzare una seria e determinata opposizione unitaria a oltranza? Cosa di peggio deve ancora accadere?
di Giuseppe Caliceti
fonte www.ilmanifesto.it
3 set 2009
1 set 2009
L'INCOERENTE
Non stupisce quindi che Silvio Berlusconi, capo di un governo che ha promosso alcune delle norme più rigide d'Europa sull'immigrazione, dal reato di immigrazione clandestina ai medici spia, fino al sistematico ricorso ai respingimenti al confine, si trasformi in un agnellino terzomondista quando si trova in visita nei paesi del Nordafrica.
E' sfuggita ai media italiani - ma non alla rete - la performance del presidente del consiglio dello scorso 18 agosto, allorché si trovava in visita privata a Tunisi. Durante la visita, al termine di un incontro con il presidente tunisino Ben Alì, il presidente del consiglio ha partecipato a Ness Nessma, programma della televisione satellitare tunisina Nessma TV, acquisita lo scorso anno per il 50 per cento da Mediaset e dalla società di Tarak Ben Ammar Quinta Communications. Interpellato sui temi dell'immigrazione su una tv maghrebina di sua proprietà, guardata da centinaia di migliaia di nordafricani, poteva il premier ripetere il solito copione «cattivista» ormai noto in patria o vantarsi delle norme emanate dal suo governo? Certo che no: ricordatevi la storia della bussola.
Ecco un'altra giravolta, quindi: Berlusconi spalanca le porte dell'Italia ai cittadini del Maghreb. Il video è stato trovato, sottotitolato e reso disponibile dal blogger e collaboratore de l'Unità Daniele Sensi, che sostiene – e ne ha ogni ragione – che a questo punto “il pacchetto sicurezza in realtà non è mai esistito”. Nel corso della trasmissione, infatti, Berlusconi sostiene la necessità di "aumentare le possibilità di entrare legalmente in Italia" (altro che quote) e che il nostro paese ha “il dovere di guardare a quanti vogliono venire in Italia con totale apertura di cuore, e di dare a coloro che vengono in Italia la possibilità di un lavoro, di una casa, di una scuola per i figli e la possibilità di un benessere che significa anche la salute, l'apertura di tutti i nostri ospedali per le loro necessità, e questa è la politica del mio governo". Insomma, lavoro, case, scuole e ospedali per gli immigrati. Come programma di governo non è male. Chissà che ne pensano gli elettori della Lega...
fonte unita.it
IDEA NAZISTA
Il primo fatto potrebbe dirsi storico, se questo aggettivo non fosse ormai inflazionato. Conosciamo abbastanza bene le vicende delle popolazioni italiane lungo tre millenni. E si può dire con certezza che mai nella loro lunga storia esse avevano conosciuto un così alto grado di convergenza effettiva e generalizzata verso un’unica lingua come è avvenuto in questi nostri anni. Dopo secoli in cui, Firenze e Toscana a parte, l’uso dell’italiano era restato appannaggio dei soli radi ed esili ceti istruiti quando scrivevano, dopo i decenni posteriori all’Unità politica, in cui l’uso effettivo dell’italiano aveva mosso alcuni passi, restando però sempre nettamente minoritario rispetto all’uso dei molti dialetti, nell’Italia della Repubblica e delle istituzioni democratiche masse crescenti si sono volte all’uso dell’italiano. Oggi ne è capace, come l’Istat permette di affermare con attendibilità statistica, il 95% della popolazione. Una convergenza del genere non si era mai vista nella nostra storia. Connesso a questo, un secondo fatto. Non in tutte, ma in molte famiglie italiane (comprese quelle di leghisti) l’italiano è diventato lingua d’uso abituale: si stima (sempre grazie all’Istat) nel 40% dei casi. Non bisogna più nascere in Toscana o in famiglie «di signori», come era ancora cinquanta o sessant’anni fa, per possedere l’italiano come un bene propriamente nativo, che si trova in famiglia e non più soltanto o soprattutto a scuola. Certamente questo è destinato a pesare e già pesa nella nuova familiarità e tranquillità con cui molti usano la nostra lingua.
Con ciò siamo al terzo fatto. Solo i più colti ricordano i nomi di Graziadio Isaia Ascoli e Giacomo Devoto. I due grandi linguisti, il primo nel 1874, il secondo quasi un secolo dopo sostennero che l’italiano andava appreso e usato generalmente, cosa che a lor tempo non avveniva, senza che però si dovessero mettere al bando i dialetti e le parlate minoritarie (di cui Ascoli fu tra i primi indagatori), ma anzi conservandone l’uso come punto di partenza dell’apprendimento scolastico della lingua (diceva Ascoli) e (aggiungeva Devoto) come riserva naturale di energie espressive per un parlare e scrivere meno inamidato e paludato dell’usuale. Usuale allora, ma ancora anni dopo Italo Calvino diagnosticava il «terrore semantico», il terrore delle efficaci e semplici parole dirette che troviamo nel parlato e nei dialetti, come difetto costitutivo dello scrivere di troppi intellettuali italiani. Ascoli e Devoto pochi li hanno letti, qualcuno in più ha letto i saggi di Calvino, ma a buon senso, affidandosi istintivamente al fai da te nazionale, se il 95% della popolazione sa esprimersi in italiano, il 60% conserva, accanto all’uso della lingua comune, la possibilità e abitudine di usare uno dei dialetti, nella vita privata, tra amici e conoscenti.
Ma i dialetti italiani non sono solo questo. Tutti sono la testimonianza viva di un patrimonio di cultura e di tradizioni e, spesso, sono diventati espressione d’arte. E la cultura italiana migliore, Croce come Gramsci, non ha esitato a considerare e additare come cosa propria, parte di un composito patrimonio unitario, i grandi testimoni delle letterature dialettali, il romanesco Belli come il milanese Porta, e, nel Novecento, Tessa e Noventa, Buttitta e il Pasolini friulano, Pierro e De Filippo, il ligure Firpo e il marchigiano Scataglini. E si potrebbe e dovrebbe continuare. Del resto, anche su più ampia scala di massa, la fortuna delle canzoni dialettali, tradizionali e recenti o recentissime, le napoletane, milanesi, siciliane, è una fortuna significativamente nazionale. Nessuna grossolanità leghista impedirà di sentire nostre, dalle Alpi e Trieste a Lampedusa, O mia bela Madunina e O suldato innammurato. Paolo Conte ha spiegato bene, una volta, che ritmo e struttura sillabica delle nostre parlate dialettali rispondono meglio dell'italiano alle esigenze non solo della melodia, ma dei ritmi rock. Molti, non solo genialmente Renzo Arbore, hanno sfruttato questa indicazione. E, canzoni a parte, il toscano Benigni, il napoletano Troisi, il romano Sordi, il milanese Iannacci, a tacere di Fo che ha varcato i confini nazionali, circolano liberamente, senza passaporto regionale, nella nostra comune cultura. Nessun passaporto ha chiesto e chiede nemmeno la nostra prosa letteraria per intarsiarsi di dialettalità lombarda o napoletana o romana o siciliana come hanno fatto Gadda e Pasolini, fanno Mazzucco e Pariani e Starnone. Tutto questo sta dentro il nostro dna comune sia più affinato sia più popolare.
Così l’Italia ci si consegna oggi come un paese capace finalmente di possedere e usare la comune lingua nazionale, ma anche capace d’essere un paese fruttuosamente e marcatamente plurilingue. Oggi sappiamo che il plurilinguismo non è un’eccezione. L’idea che in un’area, entro i confini di un territorio, o nel cervello di un singolo, ci sia e debba esserci un’unica lingua è ampiamente falsificata dagli studi. A partire dagli anni cinquanta una valorosa e tenace sociolinguista americana, Barbara Grimes, ha avviato e aggiornato il non facile censimento delle lingue vive nel mondo. Oggi ne contiamo settemila, mediamente circa 35 per ogni stato della terra. Lasciando per ora da parte le parlate importate dagli immigrati, che richiedono un’attenzione specifica, con le sue trentasei parlate native (italiano, grandi raggruppamenti di dialetti, lingue di minoranza d’antico insediamento) l’Italia è dunque nella media. Se fa eccezione è per la circolazione nazionale dei patrimoni linguistici locali entro la comune italianità linguistica.
In questo consapevole costituirsi in grande comunità plurilingue ha avuto una parte di rilievo la nostra scuola di base. Ho accennato prima ad Ascoli e Devoto. Ho omesso di dire che le indicazioni ascoliane furono raccolte e tradotte in chiave educativa da un grande filologo, Ernesto Monaci, e un non meno grande pedagogista, Giuseppe Lombardo Radice. A partire dagli anni sessanta e settanta del Novecento i loro suggerimenti e le loro esperienze educative sono stati raccolti prima da singoli gruppi di insegnanti, come quelli del Movimento di Cooperazione Educativa, poi, filtrati e coordinati, sono diventati indicazioni di programma e di curricolo nella scuola di base. Il rispetto delle differenze linguistiche e dialettali è diventato pratica ovvia e corrente nella scuola elementare ed è stato certamente non ultimo dei fattori che l'hanno portata a diventare una delle migliori, più efficienti e qualificate del mondo. Questa consapevole vocazione plurilingue della nostra scuola di base è stata di recente additata a modello esemplare nel recente DERLE-Document européen de référence pour les langues de l’éducation, elaborato da studiosi di vari paesi (non italiani!) entro il Consiglio d'Europa e ora in traduzione in italiano a cura di una associazione di insegnanti e studiosi.
La mediocrità opinante a ruota libera di troppa parte degli interventi giornalistici in materia di educazione e scuola annebbia tra troppi colti e tra i politici la percezione di tutto ciò. E forse neanche educatori e linguisti hanno fatto tutto il possibile per rendere noto che la pluralità idiomatica non è un accidente stravagante, ma un fatto fisiologico per la specie e le comunità umane e che una cattiva scuola o provvedimenti stolidi possono tentare di soffocare questo fatto, ma non riescono a spegnerlo senza tentare di spegnere l’umanità stessa. Nel mondo antico di cui restiamo sempre debitori furono primi gli Epicurei e poi i primi cristiani, quelli del miracolo della Pentecoste, a capire e insegnare ciò che gli studi moderni confermano: che il seme della differenza linguistica e culturale è in ciascuno di noi, nelle nostre coscienze e nel nostro cervello. Soltanto un nazista pazzoide, come fu Hitler, o un decerebrato che si rivolga a decerebrati può rovinosamente fantasticare di altre strade.
di Tullio De Mauro
fonte unita.it