27 giu 2009

da repubblica

La manovrina delle illusioni
di TITO BOERI


In tutto il mondo la parola d'ordine di chi ha in mano le leve della politica economica è oggi definire una "exit strategy", una strategia di uscita dalla crisi. Si tratta di pensare a misure che valgano non solo per portarci fuori dalla recessione.

Ma anche e soprattutto per il dopo, quando finalmente saremo fuori dalla depressione più nera del Dopoguerra. Per il nostro governo, invece, la parola d'ordine è sempre stata e continua ed essere un'altra: "guadagnare tempo" e "negare sempre e comunque l'evidenza" della crisi. È esattamente con questo spirito che è stata varata la manovrina d'estate, un pacchetto di interventi altamente eterogenei, accomunati solo dalla loro natura transitoria e piccola entità. Insomma, le solite bandierine da esibire nei convegni. Anche le misure potenzialmente più utili - come la detassazione degli utili reinvestiti - sono rese del tutto inefficaci dai limiti temporali (giugno 2010) e dai tetti loro imposti. Per indurre le imprese a investire non si può aggiungere incertezza a incertezza, unendo ai rischi della crisi quelli di non vedersi riconosciuti gli aiuti promessi dallo Stato.

Erano molto attesi i provvedimenti sul mercato del lavoro alla luce della forte crescita della disoccupazione a inizio 2009. Il provvedimento più importante consiste nella proroga della proroga, la possibilità concessa ai lavoratori in Cassa Integrazione di allungare ulteriormente la durata dei trattamenti loro riservati e addirittura rimpinguarli fino al 100 per 100 cento del salario precedente. Questo avverrà frequentando corsi di formazione forniti dalla stessa impresa presso cui operavano. La misura non può certo migliorare le opportunità di impiego di quei lavoratori che sono occupati in quelle tante imprese che non hanno un futuro oltre la crisi. Al contrario, si tratta di un tampone che serve solo ad illudere il lavoratore. Come ampiamente documentato, chi è in Cassa Integrazione dedica molto meno tempo (per la precisione un terzo del tempo) di chi è disoccupato nella ricerca di un impiego alternativo. Rischierà poi di dover cercare un lavoro in fretta dopo aver perso da troppo tempo contatto col lavoro vero, quando tutto è più difficile.

Ma questa misura, assieme al premio ventilato per le imprese che non metteranno più lavoratori in esubero, è soprattutto uno schiaffo ai lavoratori che hanno sin qui già perso il lavoro. Ci riferiamo, ai quei 400 mila precari, quasi tutti giovani, che non si sono visti rinnovare il contratto dall'inizio della crisi, secondo i dati sin qui disponibili (che si fermano a tre mesi fa). Di questi, nella migliore delle ipotesi, solo uno su tre riceve un sussidio di disoccupazione ordinario per pochi mesi, a fronte di una durata della disoccupazione che nel cinquanta per cento dei casi è superiore ai 12 mesi. Ovviamente la proroga della Cassa Integrazione non li interessa. Al contrario, il provvedimento servirà a rendere ancora più difficile per loro trovare un impiego alternativo perché le imprese in difficoltà, incentivate a tenere in busta paga i lavoratori in esubero, reagiranno bloccando le assunzioni.

Per questo governo quel 25 per cento di disoccupazione fra chi ha meno di 35 anni in Italia semplicemente non esiste. Lo ha detto chiaramente in queste settimane il ministro Sacconi, che ha invitato i giovani a fare gli imbianchini anziché perdere tempo nella ricerca di lavori in cui possano meglio utilizzare il proprio capitale umano a beneficio di tutti. Lo ha poi ribadito, qualche giorno dopo, il ministro Tremonti, che ha sostenuto che per essere contabilizzati come disoccupati dall'Istat basta rispondere svogliatamente ad una telefonata fatta a 1000 persone. Niente di più falso. Si tratta di 280.000 interviste, non poche delle quali svolte di persona, a casa dell'intervistato, e la condizione di disoccupato viene accertata sulla base di una serie di domande che definiscono oggettivamente lo stato di disoccupazione, sulla base di criteri molto restrittivi: ad esempio, basta lavorare anche solo un'ora nell'ultima settimana per non essere più contato tra i disoccupati. Che vivono una condizione di disagio effettivo, non di svogliatezza o pigrizia: i disoccupati rilevati dalle statistiche sulle forze di lavoro sono, ad esempio, due volte più vittime di crisi depressive e stressati di chi un lavoro ce l'ha. Del resto chi oggi svilisce le statistiche dell'Istat qualche anno fa, quando la disoccupazione calava, parlava di "cifre inequivocabili che confermano la bontà e l'efficacia delle azioni intraprese dal governo".

E non può che avere il sapore del commissariamento dell'Istat la scelta, in questo clima, di creare una banca dati integrata sul mercato del lavoro, gestita dai ministeri del Tesoro e del Lavoro con gli istituti "vigilati o controllati dai ministeri".

In ogni caso da ieri l'informazione economica in Italia è ancora meno libera. Non solo per le ennesime gravissime minacce del presidente del Consiglio, di cui si dà conto in altre parti del giornale. Il fatto è che il governo ha fatto un regalo alla Fieg, Federazione Italiana Editori di Giornali, ripristinando l'obbligo per le società quotate di fare pubblicità a pagamento sui giornali non solo di eventi societari, ma anche di informazioni sensibili. Lo ha fatto contravvenendo a una delibera della Consob che aveva ritenuto sufficiente la semplice comunicazione, a titolo gratuito per le società, su Internet. E ha respinto le dimissioni di Lamberto Cardia, l'eterno presidente della Consob, che era stato messo in minoranza all'interno della commissione proprio per aver cercato di andare incontro alle richieste della Fieg. L'interrogativo che ogni democratico dovrebbe porsi è: che cosa potrebbe pretendere il governo in cambio di questa concessione fatta agli editori, soprattutto in un momento in cui mass media e carta stampata versano in grave crisi?

23 giu 2009

Anti-G8 a l'Aquila: il corteo si farà?


Se Berlusconi era convinto di depotenziare il «movimento» spostando all’ultimo istante il vertice internazionale dalla Maddalena al capoluogo abruzzese rimarrà deluso. Almeno a sentire l’assemblea della Rete dei comitati No-g8 che si è radunata domenica scorsa per promuovere le contestazioni. Che dureranno l’intera settimana. «La popolazione locale inizialmente ha visto di buon occhio lo spostamento - spiega Renato De Nicola dell’Abruzzo social forum - Ma adesso percepisce la fallimentare politica del governo e vede quell’appuntamento come una vetrina per criticare il decreto ricostruzione». Non solo. La militarizzazione del territorio, il controllo sociale nelle tendopoli, l’enorme speculazione in atto e la mancanza di fondi per ricostruire fanno montare la protesta.
I primi a mobilitarsi contro il G8 saranno i vicentini del no-Dal Molin che per il 4 luglio promuovono una manifestazione, con partenza dal presidio permanente per finire, forse, con l’occupazione della base militare. Non è da escludere che abruzzesi e altri attivisti no-global vadano a Vicenza a dar man forte a quello che si presenta come il primo appuntamento della settimana anti-summit. Nella notte tra il 5 e il 6 invece, esattamente alle 3 e 32 (l’orario in cui si è avvertita la scossa più devastante il 6 aprile scorso), si svolgerà a L’Aquila la fiaccolata «Memoria, verità e giustizia» per ricordare le vittime e le responsabilità. Come quella - denunciano i comitati - dei costruttori e della protezione civile, che «sapeva e non ha fatto nulla».
La giornata più «turbolenta» sarà quella del 7, dove si preannuncia il benvenuto ai potenti della Terra. Non si sono ancora decise le modalità. La rete romana, al momento, parla di «piazze tematiche» che confluiranno in una contestazione unitaria. Mentre nel capoluogo abruzzese si svolgerà, in contemporanea, un «forum» nel parco allestito dall’Unicef in cui si dibatterà insieme a varie comunità locali «ribelli» (come quella di Chiaiano, i no-Dal Molin e i no-Tav) di modelli di sviluppo, democrazia e partecipazione dal basso.
L’8 e il 9 la protesta diventerà generale, con manifestazioni su tutto il territorio, blitz e azioni estemporanee. In vista del 10, giorno del corteo nazionale promosso, tra gli altri, dal Patto di Base (Cobas, Rdb e Sdl), rete campana, Socialismo Rivoluzionario e Rete dei comunisti. La manifestazione partirà dalla stazione di Paganica e toccherà i luoghi simbolo del terremoto: le tendopoli di Onna, Tempera, San Gregorio, Sant'Elia, per concludersi all'ingresso del centro storico.
Una marcia che però ha generato frizioni nell’assemblea dei no-G8, che alla fine non hanno trovato un’intesa. «È una forzatura, non tutti gli aquilani capirebbero l’arrivo da fuori di migliaia di persone, meglio rispettare il loro cammino», dice Sara Segni del comitato 3e32. La paura è che venga interpretata come una «chiamata dall’alto» e che possa distogliere l’attenzione dalla questione «ricostruzione» a quella dei possibili scontri. «È l’ultima vetrina internazionale per esprimere dissenso - continua Segni - Meglio lasciare la protesta solo agli aquilani sempre più arrabbiati, facciamo un anti-G8 creativo e intelligente e delocalizziamo la rivolta in tutto il Paese».
Tra le adesioni al corteo c’è anche quella dell’Epicentro solidale, a testimoniare che non c’è una frattura netta tra abruzzesi e non. Di questo si fa forza Piero Bernocchi dei Cobas. «Non ci sono divisioni tra chi vuole criticare questi vertici e chi vuole opporsi al decreto sull’Abruzzo - sostiene - Sono due facce della stessa medaglia». Comunque la maggior parte dei comitati abruzzesi, pur non aderendo alla marcia, buttano acqua sul fuoco: «Siamo comunque uniti nel contestare il vertice, poi ognuno decide le sue forme».

fonte manifesto
di Giacomo Russo Spena

21 giu 2009

PROCESSO ALDROVANDI: LA SENTENZA


Tre anni e otto mesi, ha chiesto ieri il pm ferrarese Nicola Proto, per l'omicidio colposo di Federico Aldrovandi. Quando Patrizia Moretti, la madre del diciottenne ucciso in via Ippodromo, ha udito la richiesta di condanna per i quattro autori del violentissimo controllo di polizia del 25 settembre 2005, non ha potuto fare a meno di ripensare al notiziario ascoltato mentre usciva di casa per venire in tribunale. La radio parlava di una maestra condannata a tre anni per uno schiaffo a un suo alunno. Pene a parte - per l'eccesso colposo, il massimo del codice penale è di 5 anni - la requisitoria del pm, che ereditò il caso nella primavera del 2006, ha voluto restituire a Federico Aldrovandi la dignità di un diciottenne, con pregi e limiti. «Senza quell'incontro sarebbe ancora vivo», ha detto il magistrato dopo cinque ore di requisitoria. Sarebbe bastato girarlo su un fianco, farlo respirare anziché tenerlo prono, faccia a terra, venendo meno all'«obbligo di protezione» generato dal «contatto sociale» tra le volanti e un ragazzo. Le ultime parole di Federico sono «pesanti come un macigno», quella mattina chiedeva di smetterla: «Aiutatemi… Basta!».
I testimoni lo hanno ricordato più volte durante le ventisei udienze di un processo che si trascina da quasi due anni ed è stato possibile solo grazie all'ostinazione di una madre e un padre che hanno aperto un blog dopo cento e più giorni di silenzio e hanno avviato una controindagine.
IL RITORNO DA BOLOGNA
Tra le 3.30 e le 4 del mattino Federico e quattro amici tornano dal Link, il locale di Bologna dove avevano trascorso il sabato sera. Prende le mosse da lì la ricostruzione del pubblico ministero che smonterà l'alibi dei quattro imputati. Interrogati immediatamente dopo i fatti, interrogati uno ad uno con metodi a dir poco bruschi, tutti gli amici dell'Aldro sono concordi nel riferire le buone condizioni di Federico. Gli piaceva farsi due passi prima di rientrare, «non era agitato, era normale che tornasse a casa a piedi». Durante il viaggio aveva sonnecchiato. Nessuno di loro nega che fosse «interessato al mondo delle sostanze». Era, a detta di Proto, «un assuntore assolutamente occasionale». E quella notte, a Bologna, aveva preso due "francobolli" di Lsd, due dosi. Di quegli acidi non si troverà traccia alcuna nel sangue del ragazzo. Forse erano un "pacco". Ma su quei francobolli si reggeranno la versione ufficiale, più volte rettificata, e la difesa dei quattro agenti. Federico è al parchetto dell'Ippodromo subito dopo le 5. Dalle 5.18, per 5 minuti, partiranno una decina di chiamate dal suo cellulare. Tutte a vuoto, tutte verso suoi amici. Forse voleva essere accompagnato a casa, suggerisce Proto, invitando a non avventurarsi nel campo di altre illazioni.
GLI ORARI
Alle 5.48 la prima telefonata al 112, che dirotterà ai colleghi della questura la segnalazione, su un «soggetto che sbatte dappertutto». Quattro minuti dopo la prima volante è sul posto, due minuti dopo la richiesta di ausilio. Alle 5.58 un altro cittadino avverte il 113 di alcune urla (tra cui «polizia di merda») e dirà di aver udito sgommate. Un altro residente testimonierà di aver sentito, prima delle 6, quelle stesse urla. Vedrà arrivare la seconda volante. Ricorderà la stessa frase - «Apri il baule, presto!» - riferita dalla superteste, Annemarie, la donna camerunense che ha deposto due anni fa in sede di incidente probatorio. Alle 6 e un minuto la questura chiede l'intervento dei carabinieri. Sette minuti dopo, quando arrivano i militari, verrà sollecitato l'arrivo dell'ambulanza. Proto divide in tre fasi il misterioso controllo di polizia e scova alcuni «elementi» che lascerebbero pensare a una ricostruzione degli orari, da parte della polizia, tesa a restringere i tempi dell'intervento. I tempi, secondo il pubblico ministero, non tornano. La prima fase (dalle 5.53 alle 5.59) è quella in cui i testi sentono i colpi sulla carrozzeria. Gli agenti diranno che Federico era saltato addosso alla vettura ma Proto ha un dubbio: il cofano della volante è intonso. L'atterramento e l'azione dei manganelli (tra le 5.59 e le 6.03) è stato reso indelebile dalla testimonianza della donna camerunense, che parlerà solo dopo un lungo periodo di riflessione, terrorizzata dalla sua condizione di migrante precaria. Dalle 6.03, l'ultima fase: il ragazzo è a terra, in posizione prona, chiede aiuto. Sei minuti dopo, prima i carabinieri, poi i sanitari, lo troveranno ammanettato, faccia a terra, senza vita. Forse, ipotizza la pubblica accusa, la macchina della polizia si sarebbe potuta trovare già lì prima della chiamata del 113. Diverse testimonianze usano il plurale per indicare i protagonisti delle urla in via Ippodromo, sentono sgommate e vedono lampeggianti. Anche l'unica donna imputata, alle 5.54, dirà al telefono che «erano fermi lì» senza convincere il pm che non si riferisse alla vettura dei suoi colleghi. E spicca nel racconto di Proto, l'inattendibilità delle deposizioni del responsabile delle volanti, lo stesso che farà interrompere la registrazione delle telefonate del centralino. Perché?
LA SUPERTESTE
Annemarie vide Federico passare in mezzo alle due vetture. Lo vide accennare una sforbiciata senza colpire nessuno. In un attimo sono tutti sopra di lui «come le formiche», «con i bastoni». Proto continua a ricordare. Gli occhi di Patrizia e Lino tornano a riempirsi di lacrime. Aldro si dimenava, ma era a terra. Chiedeva aiuto. Prese manganellate e calci ovunque, poi si sedettero su di lui. Si spezzano due manganelli. Si domanda il pm se fossero vecchi o se siano stati usati in modo improprio. E, «dopo un po' Federico non si muove più». L'azione fu «violenta e rapida», dice Proto rileggendo le frasi ricordate dalla superteste: uno degli agenti si accorse del sangue, la poliziotta rispose che «non siamo stati mica noi, è la roba». Un altro si rese conto delle luci che si accendevano nelle casette di via Ippodromo. Sempre la donna-poliziotto esortò i colleghi a «moderare». Il pm è sicuro: «Fu un'azione smisurata». Incrocia le testimonianze. Quello dei poliziotti «è un altro film», che descrive un ragazzo inferocito che se la prende con l'agente. «Qualcuno - dice Proto - non dice la verità». E le ferite sul corpo della vittima sono compatibili con l'uso degli sfollagente e con la compressione, compatibili con le testimonianze e i riscontri oggettivi di foto e rilievi.
LE PRIME INDAGINI
Alle 6.12 uno degli imputati disse al telefono che l'avevano «bastonato di brutto». Il pm dà conto delle preoccupazioni degli agenti - riscontrate in alcune chiamate - di giustificare le botte in testa al ragazzo. Quelle botte sono l'eccesso colposo. «Il ragazzo era sfigurato. E, se picchi in testa per molto tempo, eccedi, esageri», continua il pm. E prende nota di come le prime indagini, pochi minuti dopo la morte, sembrano tese a capire cosa avessero visto i testimoni per aggiustare il tiro della versione ufficiale. Alla pm di turno fu fornito «un omesso avviso, un imperfetto avviso» così da non farla passare sul luogo del delitto, e fu tenuta all'oscuro delle testimonianze raccolte. La prima versione fu quella della morte per droga. Chi fu interpellato dai poliziotti, quella mattina, disse che gli agenti «volevano pararsi il culo».
LE PERIZIE
Ma che le droghe non ebbero alcun rilievo fu chiaro già pochi giorni dopo la morte. Il sangue di Federico restituì lievi tracce e ininfluenti. Lo stato di eccitazione psicomotoria non avrebbe nulla a che vedere col bad trip ipotizzato nelle perizie della procura e delle difese. Il pm s'è mostrato perplesso dai metodi di queste perizie che hanno evitato di cogliere il nesso tra l'agitazione del ragazzo e la colluttazione, tra la costrizione e la morte. Per enfatizzare il ruolo delle sostanze sarebbero stati minimizzati i segni di asfissia e ignorate le testimonianze sulla prolungata fase di costrizione. Più precise le consulenze delle parti civili che collegheranno l'agitazione psicomotoria, il debito di ossigeno anche ai violenti sforzi di Federico e alla pressione subita una volta a terra. Nella fase finale del processo, inoltre, spunterà la foto del cuore spezzato del ragazzo rimasta fuori dalle documentazioni fornite alle parti. Il suo cuore, diranno gli esperti, fu compresso come un sandwich. All'asfissia posturale si somma l'asfissia meccanica sottolineata dai rantoli e dalle suppliche del ragazzo che moriva. «Questa azione è stata esagerata - dirà il pm puntando l'indice su - un intervento che doveva essere diverso». Federico stava male: andava fermato o aveva bisogno di aiuto? Era necessario picchiarlo con i manganelli quattro contro uno? Uno degli imputati fa sì con la testa. Proto insiste: Era necessario picchiarlo in testa, e quando era a terra? E poi perché tenerlo in quella posizione? Sul corpo del ragazzo ci sono segni di difesa mentre sarebbe evidente la «predisposizione all'offesa» dei quattro imputati che agirono «fuori dai limiti dell'adempimento di un dovere». Per questo e per l'omissione di soccorso chiede per tutti pene uguali, 3 anni e 8 mesi, al termine di una requisitoria che Fabio Anselmo, uno dei legali degli Aldrovandi, definisce «ineccepibile e precisa» e uno degli imputati bolla come scandalosa. Le difese annunciano una ricostruzione alternativa per il 23 e 24 giugno. La sentenza è attesa per il 6 luglio dopo le repliche delle parti civili. Intanto, per i genitori di Aldrovandi, quello che già è emerso è che «il pm ha fatto il suo dovere. Non tutti possono dire lo stesso».
Checchino Antonini
fonte: osservatorio sulla represione

16 giu 2009

LOST IN BERLUSCONI





Come spiegare tutti i misteri che nelle ultime settimane si sono addensati sul presidente del consiglio Berlusconi? Rispondendo alle domande della stampa? No. Troppo semplice. Meglio ingaggiare un team di sceneggiatori esperti a risolvere i misteri con spiegazioni più fantasiose possibili. E chi meglio degli sceneggiatori di Lost, la serie tv americana di culto, può cimentarsi con il Noemigate?

Questa l'idea di partenza che c'è dietro “Lost in Berlusconi” un geniale video che tramite il passaparola sta spopolando sul web (e con i sottotitoli in inglese punta anche al "mercato" estero). I quattro sceneggiatori sono rinchiusi in uno scantinato (o in una delle “stazioni” della Dharma) e devono risolvere in un modo “plausibile” tutte le incongruenze venute fuori dalle vicende private del presidente del consiglio. Ed ecco così che tra spostamenti indietro nel tempo, dissociatori molecolari e altre invenzioni (con intuizione finale impossibile da “spoilerare” cioè rivelare) ecco miracolosamente risolte tutte le grane di Berlusconi. E per gli sceneggiatori (interpretati da Fabrizio Giannini, Alessandro Averone, Stefano Fresi, Roberto Pappalardo e Cobol Pongide) fama, soldi e “veline” a disposizione... O forse no...


15 giugno
fonte l'Unità
di Cesare Buquicchio

12 giu 2009

CHI SCANDALIZZERA' UNO DI QUESTI BAMBINI, MEGLIO PER LUI NON ESSERE MAI NATO


fonte dell'articolo di cronaca: la Repubblica

Milano, bimbo suicida a nove anni
per aver preso una nota in condotta
E' accaduto a Truccazzano, nell'hinterland del capoluogo lombardo
di Gabriele Cereda
Prende una nota in condotta alla scuola elementare e si impicca a nove anni. Un bambino di Truccazzano, hinterland di Milano, ieri pomeriggio si è tolto la vita stringendosi il collo con un laccio di tela al lampadario della sua cameretta. Sotto choc la cittadina, mentre divampano le polemiche per le punizioni facili. Alla scuola elementare Fratelli Ferradini, in via Dante, i compagni e gli insegnanti sono disperati. Era tutto pronto per la festa di fine anno, invece si ritroveranno al funerale di un bambino.

Il piccolo non ha retto alla vergogna di quel richiamo ufficiale preso a pochi giorni dalla fine della scuola. Tornato a casa, col suo fardello, ha mostrato il libretto scolastico con il richiamo alla mamma. Una sgridata, ma nulla di più. Tutto sembrava essere finito. Ma non era così. Dentro di sé covava rabbia e frustrazione per essere stato ripreso davanti alla classe. Ha aspettato che la madre uscisse di casa per mettere in atto il suo piano: farla finita. Sono attimi drammatici, cerca qualcosa con cui soffocarsi. È questione di istanti, la donna si è allontata di pochi isolati per una rapida commissione. Al suo rientro lo chiama. Ma la vocina del bimbo non risuona per casa. Uno strano presentimento la guida in cameretta. Appena apre la porta, davanti agli occhi le si para la scena che nessun genitore può reggere.






Art. 2.
Valutazione del comportamento degli studenti
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e successive modificazioni, in
materia di diritti, doveri e sistema disciplinare degli studenti
nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, in sede di
scrutinio intermedio e finale viene valutato il comportamento di ogni
studente durante tutto il periodo di permanenza nella sede
scolastica, anche in relazione alla partecipazione alle attivita' ed
agli interventi educativi realizzati dalle istituzioni scolastiche
anche fuori della propria sede.






“Non saranno più tollerati gli atti che non rispettano i compagni di classe, gli insegnanti, le strutture, il patrimonio comune”. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha spiegato nel corso dell’audizione alla Commissione Cultura della Camera, le misure per “ripristino della disciplina a scuola”. Gelmini, ha annunciato, che “allo studio ci sono provvedimenti e norme più severe”.




11 giu 2009

Criminali in parlamento

I piduisti amici del boss mafioso Vittorio Mangano e di altri noti criminali ce l'hanno fatta. Tra ieri e oggi, nel silenzio complice di buona parte della stampa italiana, è stata abolita la libertà di parola. D'ora in poi, salvo ripensamenti del Senato, sarà impossibile raccontare sulla base di atti giudiziari i fatti e i misfatti delle classi dirigenti. Chi lo farà rischierà di finire in prigione da 6 mesi a tre anni, di essere sospeso dall'ordine dei giornalisti e, soprattutto, dal suo giornale, visto che gli editori andranno incontro a multe salatissime, fino a un massimo di 465.000 euro.

Il plurimputato e pluriprescritto Silvio Berlusconi per raggiungere il risultato è stato costretto a ricorrere al voto di fiducia. Le nuove norme contenute nel disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche sono infatti talmente indecenti da risultare indigeste persino a un pezzo importante della sua maggioranza.

Da una parte, s'interviene sul diritto-dovere d'informare con disposizioni grossolane e illiberali stabilendo, per esempio, che le lettere di rettifica vadano pubblicate integralmente (anche dai blog) senza possibilità di replica. Insomma, se un domani Tizio scriverà a un giornale per negare di essere stato arrestato, la sua missiva dovrà finire in pagina, in ogni caso e senza commenti, pur se inviata dal carcere di San Vittore. Dall'altra, per la gioia di delinquenti di ogni risma e colore, si rendono di fatto impossibili le intercettazioni. Gli ascolti saranno infatti autorizzati, con una procedura farraginosa e lentissima, solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Cioè quando ormai si è sicuri che l'intercettato è colpevole. E in ogni caso non potranno durare più di due mesi. Inoltre le microspie potranno essere piazzate solo nei luoghi in cui si è certi che vengano commessi dei reati: detto in altre parole, è finita l'epoca in cui le cimici nascoste nelle auto e nei salotti dei mafiosi ci raccontavano i rapporti tra Cosa Nostra e la politica.

Che Berlusconi e un parlamento formato da nominati e non da eletti dal popolo, in cui sono presenti 19 pregiudicati e una novantina tra indagati e miracolati dalla prescrizione e dall'amnistia, approvi sia pure tra qualche mal di pancia leggi del genere non sorprende. A sorprendere sono invece le reazioni (fin qui pressoché assenti) di quasi tutti i direttori dei quotidiani e dei comitati di redazione dei telegiornali (dai direttori dei tg, infatti, non ci si può aspettare più nulla). Quello che sta accadendo in parlamento dovrebbe essere la prima notizia del giorno. E invece a tenere banco è la visita di Gheddafi e le polemiche intorno alla sua figura di dittatore. Così a furia di parlare di Libia nessuno si accorge di come il vero suk sia ormai qui, a Roma, tra Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi. E di come, tra poco, nessuno potrà più raccontarlo.

di Marco Travaglio

ARRIVANO LE RONDE NERE.


Quest'estate, salvo imprevisti, i volontari della Guardia Nazionale Italiana (Gni) dovrebbero iniziare a pattugliare le strade delle città italiane in applicazione del disegno di legge sulla sicurezza del governo Berlusconi (approvato dalla Camera lo scorso 14 maggio, ora all'esame del Senato) che all'articolo 3 (commi 40-44) prevede il concorso di "associazioni di cittadini non armati" al presidio del territorio (le cosiddette ronde). Sono ex appartenenti alle forze armate e alle forze dell'ordine e normali cittadini "patrioti e nazionalisti" pronti a "servire la nostra terra e il popolo italiano" svolgendo attività di vigilanza "per potenziare la sicurezza nei centri urbani" ma anche di "protezione civile" e di "promozione e divulgazione della storia, delle lingue e delle tradizioni Italiane con particolare riferimento all'Impero Romano". Hanno un Comandante Generale, il colonnello dei carabinieri in congedo Augusto Calzetta, di Massa Carrara, e un Presidente Nazionale, il giovane ex alpino Maurizio Correnti, di Torino (città in cui si trova anche la loro sede nazionale: le sedi operative sono, per ora, a Sarzana, Reggio Calabria e Siracusa). Indossano una divisa: camicia grigia (inizialmente era prevista kaki) con cinturone e spallaccio neri, cravatta nera, pantaloni grigi con banda nera laterale nera, basco o kepì grigio con il simbolo della Gni: l'aquila imperiale romana. Il loro equipaggiamento completo prevede elmetto, anfibi neri, guanti di pelle e una grossa torcia elettrica di metallo nero. Al braccio portano una fascia nera con la "ruota solare", simbolo del Partito Nazionalista Italiano (Pni): la nascente formazione politica che sta dietro alla Gni. Anche i membri del Pni avranno un'uniforme: la stessa della Guardia Nazionale Italiana. Il programma politico del Pni, di stampo statalista e collettivista, prevede tra l'altro la pena di morte per "gli usurai, i profittatori e i politicanti", la lotta "contro il parlamentarismo corruttore" e la creazione di "un forte potere centrale dello Stato" e di "camere sindacali e professionali", il diritto di cittadinanza e l'accesso alle cariche pubbliche "solo per chi sia di sangue italiano", lo stop a "ogni nuova immigrazione di non-italiani" e l'immediata espulsione forzata di "tutti i non-italiani che sono immigrati in Italia dopo il 31 dicembre 1977", il divieto di pubblicazione di "giornali che contrastano con l'interesse della comunità" e l'abolizione di tutte le organizzazioni e istituzioni "che esercitano un influsso disgregatore sulla nostra vita nazionale".I paramilitari del colonnello Calzetta e le camicie grigie del Pni debutteranno ufficialmente il 13 giugno a Milano, al numero 5 di via Chiaravalle, angolo via Larga, in occasione del congresso nazionale del Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale di Gaetano Saya, che nella sua pagina internet personale si dichiara "l'ispiratore politico" della Guardia Nazionale Italiana". Estimatore di Berlusconi e acerrimo nemico di Fini, Saya, che dopo il recente scioglimento di Alleanza Nazionale è rimasto l'unico depositario del simbolo dell'Msi di Almirante, è il sedicente ex agente segreto della Nato e del Sismi, ex ‘gladiatore'ed ex massone che già nel 2003 provò a creare un gruppo paramilitare di ‘camice grigie' (i Reparti di Protezione Nazionale) e che nel 2005 venne arrestato per l'oscura vicenda dei ‘servizi paralleli' (il Dssa, Dipartimento Studi Strategici Antiterrorismo, diretto da Gaetano Saya e Riccardo Sindoca): una "banda di pataccari" secondo l'allora ministro degli Interni Pisanu, che però risultò avere rapporti con i vertici degli apparati di sicurezza dello Stato, in particolare con i servizi segreti militari.

FONTE: peace reporter
osservatorio sulla repressione

10 giu 2009

5 giu 2009

nudità


Il destino è il contesto colpevole di ciò che vive. Esso corrisponde alla costituzione naturale del vivente, a quell'apparenza non ancora del tutto dissolta, a cui l'uomo è così sottratto che non ha mai potuto risolversi interamente in essa, ma – sotto il suo impero – ha potuto restare invisibile solo nella sua miglior parte.Il giudice può vedere destino dove vuole; in ogni pena deve ciecamente infliggere destino. L'uomo non ne viene mai colpito, ma solo la nuda vita in lui, che partecipa della colpa naturale e della sventura in ragione dell'apparenza. Nel senso del destino questo vivente può essere accoppiato alle carte come ai pianeti, e l'indovina si avvale della semplice tecnica di inserirlo, con le cose più immediatamente certe e calcolabili (cose impuramente gravide di certezza), nel contesto della colpevolezza. Con ciò essa apprende in segni qualcosa su una vita naturale nell'uomo che essa cerca di porre al posto del capo di prima 2 ; come d'altra parte l'uomo che si reca da lei abdica a se stesso a favore della vita colpevole. Il contesto della colpa è temporale in modo affatto improprio, affatto diverso, per genere e misura, dal tempo della redenzione o della musica o della verità. Dalla determinazione del carattere particolare del tempo del destino dipende la piena illuminazione di questi rapporti. Il cartomante e il chiromante mostrano, in ogni caso, che questo tempo può essere reso, in ogni momento, contemporaneo ad un altro (che non significa presente). È un tempo non autonomo, parassitariamente aderente al tempo di una vita superiore, meno legata alla natura. Esso non ha presente, poiché gli istanti fatali esistono solo nei cattivi romanzi, e conosce anche passato e futuro solo in inflessioni caratteristiche.

Walter Benjamin

Destino e carattere

[in Angelus Novus. Saggi e frammenti, Torino, Einaudi 1962, pp. 31-38.]

4 giu 2009

DESTRA, SINISTRA E OPINIONI SULL’IMPARZIALITA’ DEI GIUDICI

La partita pericolosa che si gioca sulle toghe

Nel 2007 la Cassazione ha stabilito che Silvio Berlusconi poteva non sapere o non aver comunque direttamente a che fare con i 434mila dollari della sua Fininvest bonificati dal conto del suo avvocato storico direttamente al conto estero di un giudice. E sempre la Cassazione nel 2001 aveva stabilito che, benché il capo dei servizi fiscali della Fininvest avesse ammesso di aver pagato tre tangenti alla Guardia di Finanza, Berlusconi poteva esserne ignaro: per il premier queste sentenze valgono, visto che rimarca di essere sempre uscito senza condanne definitive dai processi intentatigli.

Nel 2008 la Cassazione ha stabilito che era priva di fondamento la pretesa del premier di ricusare uno dei suoi giudici nel processo Mills, e cioè la presidente Nicoletta Gandus tacciata d’essere prevenuta nei suoi confronti: per Berlusconi questa sentenza non vale, di continuo il premier rimette in discussione il risultato della «partita» già risolta dalla Suprema Corte, continua a dire «è come se Mourinho avesse arbitrato Inter-Milan» nonostante la Cassazione abbia appunto già ribadito che a far giocare accusa e difesa sul caso Mills non è stata Mourinho-Gandus ma una corretta terna arbitrale guidata da Collina-Gandus. Perché i giudici erano tre, non una. Non solo Gandus, qualificata «nemica» e «estremista di sinistra» per aver anni fa, pubblicamente e insieme a decine di altri giuristi, criticato alcune leggi sia del governo Berlusconi che del governo Prodi. Ma anche Loretta Dorigo e Luigi Caccialanza, il magistrato che nella motivazione si capisce che ha redatto la parte cruciale della sentenza, cioè l’analisi contabile che esclude la riferibilità al solo cliente Attanasio dei soldi finiti all’avvocato Mills e addita invece la commistione con almeno una parte dei soldi Fininvest provenienti dal cosiddetto «dividendo Horizon»: e Caccialanza, nella cerchia degli avvocati milanesi, è notoriamente non solo un magistrato molto preparato e stimato, ma anche super-cattolico, estraneo alla politica togata, e certo non classificabile in schemi ideologici analoghi a quelli appiccicati a Gandus.

Che farà di questo passo Berlusconi e chi come lui usa questo genere di argomenti? Plauderà a primo imputato di fede musu1mana che ricuserà Gandus perché è ebrea? O al primo ladro ateo che negherà legittimità alla sentenza del cattolico Caccialanza? Ripugna dover scendere nella disamina delle identità culturali, politiche e persino religiose che ogni magistrato dismette quando veste la toga di giudice in udienza, ma è uno dei frutti avvelenati di questo modo di nutrire il dibattito pubblico.

Così velenoso da inquinare ormai persino il modo di ragionare di chi, per criticare Berlusconi, in questi giorni ha ritenuto di opporgli il contro-argomento per il quale Gandus sarebbe un giudice che ha dimostrato di saper essere imparziale in quanto in passato ha assolto un importante esponente dello schieramento di Berlusconi (Formigoni), e l’ha fatto proprio in un processo nel quale la sua posizione aveva un forte nesso con il patteggiamento e il pesante risarcimento accettato in precedenza dal fratello di Berlusconi (Paolo):come se l’imparzialità di un giudice non consistesse nell’assicurare eguale attenzione alle ragioni delle parti, ma si misurasse su una sorta di pareggio dei risultati, come se dipendesse da una opportunistica par condicio dei verdetti, come se solo l’assoluzione di un potente facesse maturare un bonus spendibile per condannarne un altro e viceversa.

Chiacchiere da bar sport, verrebbe da dire. Ma si farebbe un grave errore: il lunedì al bar sport, ormai, si parla della partita della domenica con maggiore competenza e superiore onestà intellettuale.

dalla rassegna stampa del Csm

Corriere della Sera, 31 maggio 2009 pag. 12

di Luigi Ferrarella


3 giu 2009

LOTTA DI CLASSE!























nave pinar, 20 aprile 2009. 

Immigrati abbandonati in mare per 15 giorni, mentre Italia e Malta litigavano su chi dovesse prendersene la responsabilità.


2 giu 2009

LA STRISCIA ROSSA

Berlusconi è ossessionato da me, tanto non gliela do... Donne, non votatelo, ci vede solo in posizione orizzontale. Daniela Santanchè, marzo 2008

fonte l'Unità

LE DONNE ?

ROMA - Un ricordo di quelli ormai archiviati. "Quando all'università, a Torino, una di noi prendeva la parola c'era sempre qualche ragazzo che scandiva "calzetta, calzetta"". La poetessa Maria Luisa Spaziani ride. Ma in queste ultime settimane è diventato sempre più difficile per le donne italiane infischiarsene del passato. Non perché a qualcuno viene in mente di dire "tornatevene a fare la calzetta", ma per quel casting di "pupe" con il quale il presidente del Consiglio e leader del Pdl, Silvio Berlusconi pensava di fare la selezione delle donne candidate alle europee. Per via delle festicciole in Sardegna. Dell'affaire di Berlusconi e della giovanissima Noemi. Dei vizi privati e dei comportamenti pubblici. Delle veline.


LEGGI IL TESTO DELL'APPELLO:

http://download.repubblica.it/pdf/2009/due_giugno_donne.pdf



In poche parole: "Di queste donne che assurgono agli onori dei media se sono compiacenti verso i potenti e asservite a un modello mercificato e lesivo dell'identità femminile". L'Italia e le donne italiane sono molto altro. Comincia così l'appello "Per una Repubblica che rispetti le donne" delle donne insignite delle alte onorificenze repubblicane nel giorno della festa del 2 giugno. Sono la poetessa Spaziani (Cavaliere di Gran Croce); Maria Bianca Bosco Tedeschini Lalli, prima donna rettore d'Italia e fondatrice dell'università Roma 3, Grande ufficiale della Repubblica come Silvia Costa, una vita in politica e nelle istituzioni e ora candidata del Pd a Strasburgo; la giornalista e scritttrice Elena Doni. E poi, i commendatori della Repubblica suor Eugenia Bonetti, missionaria; Linda Laura Sabbadini; Rosa Valentino, presidente dell'associazione delle donne giuriste; Paola Spada; Gigliola Zecchi; Anna Maria Comito; e l'ufficiale della Repubblica, Susanna Diku, ginecologa, che nel 2000 fu la prima donna straniera a cui Carlo Azeglio Ciampi assegnò l'alta onorificenza; la capoverdiana Maria Josè Mendez Evola, che per anni in Italia ha lavorato come collaboratrice domestica, oggi è sociologa, ricercatrice.

E molte, molte altre donne che non si sono arrese mai, che rappresentano uno spaccato del paese, e che hanno deciso di "rompere il silenzio assordante".

"C'è un'immagine degradata delle donne e mercificata con la complicità della quarta carica dello Stato", attacca la Costa. Le "madrine" della Repubblica sono riunite nella saletta di un hotel non molto distante dalle vie del centro in cui sfila la parata militare. Ricordano le ventuno donne costituenti. Citano le parole con cui Natalia Aspesi conclude il fondo su Repubblica di oggi "Ma c'è anche un'altra Italia sempre più disorientata e costernata davanti... a questo disprezzo per una donna, per le donne, per tutto il paese".

Sono di sinistra, prevalentemente, tante le adesioni di parlamentari democratiche. Però l'appello sarà inviato anche alle donne della destra. Dice Silvia Costa: "Perché questo loro silenzio? Sembra la preoccupazione esclusiva di servire un padre/padrone. Invece ci vorrebbe solidarietà". Non quell'attacco di Daniela Santanché contro Veronica Lario, la moglie del premier che ha denunciato il "ciarpame politico", i vizi privati ("mio marito frequenta monorenni"), le preoccupazioni, e chiesto il divorzio. Le donne italiane da che parte stanno?


fonte la Repubblica

di Giovanna Casadio