30 lug 2009

LOST IN BERLUSCONI parte seconda

CEMENTO DISARMATO

Scuole, ponti autostrade. Tutte finte, a rischio crollo, strutture di cartapesta. Costruite con cemento taroccato, mischiato a sabbia. Per risparmiare. E a risparmiare è la criminalità organizzata, proprietaria della maggior parte delle imprese di produzione del calcestruzzo del Belpaese. Sono decine le inchieste delle procure italiane sul cemento depotenziato. Oggi Legambiente ha presentato un rapporto che mette in fila tutte le opere che, finora, sono risultate costruite con il finto cemento. L'associazione ambientalista ha messo in piedi un Osservatorio nazionale. I dati raccolti fanno paura. Perché l'eventualità che le strutture nel mirino delle procure vadano in briciole non è una mera possibilità: è già accaduto. 3 dicembre 2007. Sulla statale Ionica 106 viene giù una galleria in costruzione a Palizzi. E' di ieri la notizia che la procura di Agrigento ha ordinato la chiusura dell'ospedale San Giovanni di Dio: venti anni per costruirlo, 40 milioni di euro spesi e ora vien fuori che quei muri potrebbero crollare. Entro trenta giorni dovranno essere trasferiti tutti i 250 pazienti. "Che il crimine organizzato abbia di fatto una specie di monopolio nel mercato del calcestruzzo – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Sebastiano Venneri - è un dato incontrovertibile. Basti pensare a ciò che accade in provincia di Trapani dove lo Stato, oggi, detiene il 90% delle imprese di produzione di calcestruzzo sequestrate o confiscate a esponenti della malavita, che fino a qualche settimana fa hanno fornito la materia prima per tutte le opere di quella zona. Secondo quanto emerge da un’indagine della Questura di Trapani – ha aggiunto Venneri - il quartier generale di Cosa Nostra sarebbe stato proprio nella sede della Calcestruzzi Mazara S.p.a, un’impresa della famiglia Agate, alleata di Matteo Messina Denaro".

di Cinzia Gubbini

fonte il.manifesto.it

Questo il link del pdf di legambiente con l'elenco completo delle opere

http://www.legambiente.eu/documenti/2009/0521_dossiervari/DossierCementodisarmato2009.pdf

29 lug 2009

TEST DI DIALETTO PER I PROFESSORI

Per il Carroccio i docenti devono conoscere la cultura della regione
"La maggior parte dei professori in servizio al nord è meridionale"

ROMA - I titoli di studio? "Non garantiscono un'omogeneità di fondo e spesso risultano comprati. Pertanto non costituiscono una garanzia sull'adeguatezza dell'insegnante". Piuttosto, per gli aspiranti prof sarà decisiva "la conoscenze della lingua, della tradizione e della storia delle regioni dove si intende insegnare", perché "non è possibile che la maggior parte dei professori che insegna al nord sia meridionale". La Lega, insomma, ci riprova. Con la deputata Paola Goisis che chiede che i criteri "padani" di selezione degli insegnanti vengano inseriti nella riforma della scuola ora all'esame della commissione Cultura della Camera.

Ma il resto della maggioranza non sembra essere d'accordo. E scatta il braccio di ferro tra il Pdl e il Carroccio. Il presidente della commissione, Valentina Aprea (Pdl), sospende il comitato ristretto e chiama in causa direttamente alla conferenza dei capigruppo di Montecitorio. La Lega si oppone. E la riforma, per il momento, si blocca. Con il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ammonisce: "Durante l'esame della riforma la prima commissione e l'aula valutino il pieno e totale rispetto dei principi fondamentali della nostra carta costituzionale. Si tratta di questione che non può essere opinabile ma che deve essere soltanto riferita a quel che c'è scritto nella Carta".

"Noi avevamo presentato una proposta di legge di riforma della scuola - dice la Goisis - Ma questa non è stata condivisa da tutta la maggioranza. Così abbiamo chiesto che ne venisse recepita almeno una parte nel testo unificato all'esame della Commissione Cultura. Abbiamo rinunciato a tutto, tranne che a un punto sul quale insisteremo fino alla fine: ci dovrà essere un albo regionale al quale potranno iscriversi tutti i professori che vogliono. Ma prima dovrà essere fatta una pre-selezione che attesti la tutela e la valorizzazione del territorio da parte dell'insegnante".

Il capogruppo del Pd in commissione Cultura, Manuela Ghizzoni, critica l'atteggiamento del centrodestra: "Stupisce veramente la profonda spaccatura - sottolinea - L'istruzione è un tema troppo serio e non può divenire oggetto di pericolose incursioni ideologiche dal sapore tutto nordista".
(28 luglio 2009)
fonte la Repubblica.it

LA STRISCIA ROSSA

Quale spazzatura, quale disgusto, quale miseria. Aveva ragione la moglie dicendo «Aiutatelo, è ammalato». E lui ora non nega lo squallore, ma lo indica come capacità, come virtù… Afferma: «Gli italiani mi vogliono così». Lettera di don Angelo Gornati all’ Avvenire

fonte l'unità

28 lug 2009

PRIMARIE PD, LA FIERA DEL TARTUFO


Signornò
da L'Espresso in edicola

Più si avvicinano le primarie del 25 ottobre, più il precongresso del Pd somiglia all’edizione nazionale della fiera del tartufo di Alba. Non contento di riabilitare Craxi come grande “modernizzatore”, Veltroni annuncia in una tragicomica intervista al Corriere che sta scrivendo una legge sul conflitto d’interessi di rara durezza: “incompatibilità fra funzioni pubbliche e possesso di mezzi di comunicazione”. Wow!
Peccato non averci pensato prima, quando il centrosinistra era al governo e lui era vicepremier (1996-‘98) o leader del Pd (2007). Ancora l’anno scorso Uòlter s’impegnò a “non attaccare mai Berlusconi”, anzi a non nominarlo proprio (“il principale esponente dello schieramento avverso”) e a fare “le riforme insieme”.

Ora che il Cavaliere ha 100 deputati di maggioranza, forse, è un po’ tardi. Intanto D’Alema spiega che “Bersani è il segretario ideale”, mentre Franceschini sta con “gli sconfitti”, fra cui Fassino. Il quale, a onor del vero, portò il centrosinistra a vincere tutte le elezioni parziali dal 2002 al 2005 e le politiche 2006, mentre il conte Max ha collezionato più fiaschi di una cantina sociale: dalla Bicamerale al governo-catastrofe che sostituì Prodi nel ’98 e tracollò nel 2000 dopo le bombe sull’ex Jugoslavia e la leggendaria operazione Telecom. Per non parlare della scalata Unipol-Bnl (“Vai, Consorte, facci sognare!”), frettolosamente rimossa.

Divisi sulle future poltrone, dalemiani e veltroniani hanno ritrovato comunque una mirabile unità nel chiudere gli occhi sulle tessere gonfiate che in certe zone della Campania superano addirittura il numero degli elettori (lo stesso era avvenuto nel 2007, ma nemmeno un responsabile fu sanzionato); e nel chiudere le porte delle primarie e persino del tesseramento a Beppe Grillo, in nome del sacro testo dello Statuto. Che però esclude soltanto “le persone iscritte ad altri partiti politici” (art. 2, comma 8). E Grillo non lo è. Ma lo Statuto del Pd è piuttosto elastico: si applica ai nemici (o presunti tali) e si interpreta per gli amici. E’ stata appena accolta nel Pd Alessandra Guerra, ex governatora del Friuli per la Lega Nord, ed è stata rinnovata la tessera a un tizio condannato in Germania per molestie sessuali.
Alle Europee si era deciso di non presentare amministratori locali. Poi però fu candidato (e per fortuna eletto) il sindaco di Gela, Rosario Crocetta, come pure Rita Borsellino, scaricata solo un anno fa dal Pd e passata alla sinistra radicale.

Del resto lo Statuto fu modificato nel giugno 2008 senza il numero legale per creare un sinedrio correntizio a esso sconosciuto, la Direzione nazionale, che esautorò il solo organo democraticamente eletto: l’Assemblea costituente. Assemblea riesumata sei mesi fa per eleggere Franceschini segretario senza numero legale né primarie, in barba allo Statuto medesimo. Come si chiama un partito che non rispetta nemmeno le regole che si è dato? Democratico, appunto.
(Vignetta di Bandanas)

fonte voglioscendere.ilcannocchiale.it

27 lug 2009

se una notte d'inverno, qualcuno bussa alla porta..



La morte nel carcere di Capanne, per un pestaggio, di un falegname incensurato non fa indignare nessuno in questo Paese di MERDA? Il medico legale ha riscontrato quattro ematomi cerebrali, fegato e milza rotte, due costole fratturate. Nessun parlamentare alza la voce per gridare di un cittadino italiano ammanettato nella notte in casa sua insieme a sua moglie per qualche piantina di canapa nell'orto? Portati via come i peggiori delinquenti lasciando soli una vecchia di novant'anni e un ragazzino di 14 in un casolare isolato? Nei regimi totalitari ti vengono a prendere di notte per finire dentro a una fossa... Cos'è diventato questo Paese in cui bisogna avere paura di chi deve proteggerti?
Vorrei sapere dal ministero di Grazia e Giustizia, da cui dipendono le guardie carcerarie, se ci sono delle indagini interne e a che punto sono. Vorrei che un parlamentare, almeno uno, si alzi, faccia un'interrogazione, si incazzi, chieda conto delle responsabilità al Governo.
Pochi mesi dopo la morte di Aldo Bianzino, la nonna del ragazzo è morta, forse per il dispiacere, la moglie è morta per malattia accelerata dallo stress. E' rimasto il ragazzo, Rudra. Se fosse nato in qualunque altro Paese democratico, i suoi genitori sarebbero ancora in vita.
Ho visto la ricostruzione dei fatti in un video che mi è stato inviato. Sono stato male e mi sono chiesto perché. In fondo, ogni giorno succede qualcosa anche peggiore. Ma questo arresto, queste morti, possono avvenire in qualunque momento, a qualunque famiglia italiana. Siamo tutti a rischio dentro le nostre case, mentre dormiamo.
La coca in Parlamento e Bianzino massacrato per delle piantine di canapa, una famiglia distrutta. I colpevoli impuniti, chissà, forse premiati. Uno Stato criminale non saprebbe fare di meglio. Ma io sono cittadino di uno Stato che si proclama democratico, una democrazia, e chi ha sbagliato deve pagare. Qualcuno in Parlamento usi la sua funzione pubblica per la ricerca della verità. Questa storia è un sintomo di una malattia che sta divorando l'Italia. Il rifiuto del diverso. Va curata questa malattia, finché siamo in tempo.

da www.beppegrillo.it

24 lug 2009

LA SERVA SERVE E NOI CI ADEGUIAMO

Per pura coincidenza temporale, nel fritto misto del decreto anticrisi si trovano gomito a gomito due provvedimenti che riguardano la vita e il lavoro delle donne. Dopo tanti spintoni, cade il muro pensionistico dei 60 anni per le lavoratrici del pubblico impiego (il settore privato seguirà a ruota). Dopo il pacchetto sicurezza, incartato frettolosamente dal governo pur di dimostrare i suoi quarti di razzismo, c’è la regolarizzazione «selettiva» delle badanti, senza le quali l’italico welfare dal basso crollerebbe nel giro di 24 ore. Pur se involontaria, la coincidenza veicola un messaggio maligno.
Il diritto delle donne ad andare in pensione di vecchiaia prima degli uomini è storicamente scaturito dal lavoro riproduttivo e di cura da esse svolto gratuitamente a casa. Da una quindicina d’anni una fetta di questo lavoro familiare e domestico è stata «appaltata» alle immigrate. E’ passato, a costo contenuto, dalle spalle delle italiane a quelle delle straniere. Il loro arrivo in massa ha creato un nuovo lavoro, la badante, che prima non esisteva. Vi siete liberate del vostro fardello donnesco? Dunque, andate in pensione più tardi, recita il messaggio. Quantitativamente esagerato, perché non tutte le donne italiane hanno la colf o la badante. Ma non infondato e, quindi, urticante per le donne che hanno difeso il bastione dei 60 anni.
Dovrebbe interrogare tanto le donne che gli uomini lo scandalo della regolarizzazione «selettiva», concessa solo alle badanti. E le centinaia di migliaia di immigrati che fanno in nero il muratore, il facchino, il manovale, il pizzaiolo? Si impicchino, anche se sono in Italia da un pezzo, anche se da anni sono in lista d’attesa per ottenere il permesso di soggiorno con la lotteria dei decreti flussi. Il ministro Sacconi ha rivendicato a viso aperto la «selezione». C’è la crisi, ci occorrono solo «determinate figure professionali». Le badanti, appunto. «La serva serve», recita un vecchio adagio, meno ipocrita di Sacconi. La famiglia italiana è sacra, quella dei migranti un po’ meno. Il cattolicissimo Carlo Giovanardi, il sottosegretario alla famiglia che ha dato il là alla regolarizzazione «selettiva», deve pensare alla prima, non alla seconda.
E noi? Diciamolo francamente, ci siamo adeguati. Le obiezioni a un provvedimento che calpesta spudoratamente il principio di uguaglianza sono state fiacche e di routine. In un paese dove passano le brutture del pacchetto sicurezza senza che quasi si muova foglia, la regolarizzazione selettiva è sembrata a qualcuno un piccolo passo avanti, a qualcun’altro un male minore. «Dobbiamo pensare anche ai mariti delle badanti», hanno fatto presente le Acli. Il segretario della Cgil ha scritto una lettera a Berlusconi e ai presidenti di Camera e Senato per «suggerire» che sarebbe più «razionale e giusto» regolarizzare tutti. L’altro ieri Epifani ha detto che «non si rassegna» alla sanatoria selettiva. L’ha detto con un fil di voce: sa di non aver dietro la sua gente quando si tocca il tasto dolente degli immigrati. Resiste indomita, bollando come anticostituzionale il condono solo per le badanti, Emma Bonino. Senza offesa, conta come il due di picche. La proposta di legge bipartisan che in Senato chiede la sanatoria generalizzata ha raccolto una cinquantina di firme e non farà molta strada.
La regolarizzazione selettiva delle badandi istituzionalizza l’egoismo. Tra i migranti scegliamo noi quelli che ci fanno comodo. E cancella le fandonie che ci raccontiamo sui migranti che dovrebbero arrivare qui istruiti, professionalmente formati, parlanti un italiano fluente. No, li vogliamo soli e impauriti, senza un letto e un tetto. E che siano di sesso femminile, mi raccomando. Per aggirare l’ostacolo, nelle prossime settimane tanti immigrati si «fingeranno» badanti. Gente subdola e Giustificainfida, sbraiterà la Lega.

di Manuela Cartosio
fonte www.ilmanifesto.it

19 lug 2009

RADIO LONDRA

radio http://www.criticaliberale.it/public/upload/image/radio%20londra.gif londra

oggi mercoledì 08 luglio è stato aggiornato [n. 42]

Critica liberale

il sito della sinistra liberale italiana all’indirizzo www.criticaliberale.it

VI SEGNALIAMO LE ULTIME NOVITA':

taccuino

le nostre 7 domande al "clown smascherato"

Sette domande al Primo Ministro italiano, Signor Silvio Berlusconi
Al Primo Ministro della Repubblica Italiana sono state rivolte dieci domande circa le sue relazioni con una ragazza minorenne invitata più volte anche a cene ufficiali. Fino ad ora si è rifiutato di rispondere. Si potrebbe fare uno sconto al Signor Silvio Berlusconi, chiedendogli di rispondere a sette domande.
Signor Berlusconi,
potrebbe rispondere pubblicamente a queste domande?
Premessa:
La Banca Rasini di Milano, di proprietà negli anni ’70 di Carlo Rasini, è stata indicata da Sindona e in molti documenti ufficiali di magistrati che hanno indagato sulla mafia, come la principale banca utilizzata dalla mafia per il riciclo del denaro sporco nel Nord - Italia.
Di questa Banca sono stati clienti Pippo Calò, Totò Riina e Bernardo Provenzano, negli anni in cui formavano la cupola della mafia.
In quegli stessi anni il Sig. Luigi Berlusconi lavorava presso la Banca, prima come impiegato, poi come Procuratore con diritto di firma e infine come Direttore.
1)
Nel 1970, il procuratore della banca Luigi Berlusconi ratifica un'operazione molto particolare: la banca Rasini acquisisce una quota della Brittener Anstalt, una società di Nassau legata alla Cisalpina Overseas Nassau Bank, nel cui consiglio d'amministrazione figurano Roberto Calvi, Licio Gelli, Michele Sindona e monsignor Paul Marcinkus. Questo Luigi Berlusconi, procuratore con diritto di firma della banca Rasini, era suo padre?
2)
Sempre intorno agli anni ’70 il Sig. Silvio Berlusconi ha registrato presso la banca Rasini ventitré holding come “negozi di parrucchiere ed estetista”, è lei questo Signor Silvio Berlusconi?
3)
Lei ha registrato presso la banca Rasini, ventitré “Holding Italiane” che hanno detenuto per molto tempo il capitale della Fininvest, ed altre 15 Holding, incaricate di operazioni su mercati esteri. Le ventitré holding di parrucchiere, che non furono trovate ad una prima indagine della guardia di finanza, e le ventitré Holding italiane, sono la stessa cosa?
4)
Nel 1979 il finanziere Massimo Maria Berruti che dirigeva e poi archiviò l’indagine della Guardia di Finanza sulle ventitré holding della Banca Rasini, si dimise dalla Guardia di Finanza. Questo signor Massimo Maria Berruti è lo stesso che fu assunto dalla Fininvest subito dopo le dimissioni dalla Guardia di Finanza, fu poi condannato per corruzione, eletto in seguito parlamentare nelle file di Forza Italia, e incaricato dei rapporti delle quattro società Fininvest con l’avvocato londinese David Mills, appena condannato in Italia su segnalazione della magistratura inglese?
5)
Nel 1973 il tutore dell’allora minorenne ereditiera Anna Maria Casati Stampa si occupò della vendita al Sig. Silvio Berlusconi della tenuta della famiglia Casati ad Arcore. La tenuta dei Casati consisteva in una tenuta di un milione di metri quadrati, un edificio settecentesco con annesso parco, villa San Martino, di circa 3’500 metri quadri, 147 stanze, una pinacoteca con opere del Quattrocento e Cinquecento, una biblioteca con circa 3000 volumi antichi, un parco immenso, scuderie e piscine. Un valore inestimabile che fu venduto per la cifra di 500 milioni di lire (250'000 euro) in titoli azionari di società all'epoca non quotate in borsa, che furono da lei riacquistati pochi anni dopo per 250 milioni.(125'000 euro). Il tutore della Casati Stampa era un avvocato di nome Cesare Previti. Questo avvocato è lo stesso che poi è diventato suo avvocato della Fininvest, senatore di Forza Italia, Ministro della Difesa, condannato per corruzione ai giudici, interdetto dai diritti civili e dai pubblici uffici, e che lei continua a frequentare?
6)
A Milano, in via Sant’Orsola 3, nacque nel 1978 una società denominata Par.Ma.Fid. La Par.Ma.Fid. è la medesima società fiduciaria che ha gestito tutti i beni di Antonio Virgilio, finanziere di Cosa Nostra e riciclatore di capitali per conto dei clan di Giuseppe e Alfredo Bono, Salvatore Enea, Gaetano Fidanzati, Gaetano Carollo, Carmelo Gaeta e altri boss – di area corleonese e non – operanti a Milano nel traffico di stupefacenti a livello mondiale e nei sequestri di persona. Signor Berlusconi, importanti quote di diverse delle suddette ventitré Holding verranno da lei intestate proprio alla Par. Ma.Fid. Per conto di chi la Par.Ma.Fid. ha gestito questa grande fetta del Gruppo Fininvest e perché lei decise di affidare proprio a questa società una parte così notevole dei suoi beni?
7)
Signor Berlusconi da dove sono venuti gli immensi capitali che hanno dato inizio, all’età di ventisette anni, alla sua scalata al mondo finanziario italiano?
Vede, Signor Berlusconi, tutti gli eventuali reati cui si riferiscono le domande di cui sopra sono oramai prescritti. Ma il problema è che i favori ricevuti dalla mafia non cadono mai in prescrizione, i cittadini italiani, europei, i primi ministri dei paesi con cui lei vuole incontrarsi, hanno il diritto di sapere se lei sia ricattabile o se sia una persona libera.
P.S. Dato che lei è già stato condannato in via definitiva per dichiarazioni false rese ad un giudice in un tribunale, dovrebbe farci la cortesia di fornire anche le prove di quello che dice, le sole risposte non essendo ovviamente sufficienti.

Carlo Cosmelli

http://sites.google.com/site/carlocosmelliwebsite/Home

grazie a Federico

16 lug 2009

LA GIUSTIZIA CON LA DIVISA

Altro che giustizia eguale per tutti! Tre anni di reclusione per aver rubato un pacco di biscotti (prezzo un euro e 29 centesimi); 2 anni e 8 mesi a un «ladro» di 74 anni per il furto di un etto di prosciutto. Tre anni e 6 mesi per i poliziotti che hanno ucciso, a colpi di manganellate, Federico Aldrovandi; sei anni per l'agente di polizia che ha spezzato la vita di Grabriele Sandri.
In carcere chi viola la legge per fame; a piede libero chi tronca la vita con una violenza inaudita.
Sentenze emesse «in nome del popolo italiano», mentre la maggioranza parlamentare approvava una legge che, tra le altre nefandezze giuridiche e sociali, punisce con 5 anni di carcere i migranti che non ottemperano all'ordine di espulsione; allunga fino a 6 mesi la detenzione amministrativa; modifica (creando nuovi reati e nuove aggravanti) intere parti del codice penale. Il carcere, ne siamo sempre più convinti, deve essere l'extrema ratio. Ma per tutti; non solo per i potenti o per chi indossa una divisa. E, invece, assistiamo, quotidianamente, a una progressiva, quasi inarrestabile, china discendente della nostra civiltà giuridica e della nostra cultura democratica.
Come è possibile considerare colposo (cioè dovuto a imprudenza, negligenza o imperizia) un omicidio da parte di chi, agente di polizia, freddamente, impugna la pistola, la punta e spara mirando un ragazzo seduto in auto? E come si può parlare di eccesso colposo in legittima difesa in un caso, come quello di Federico Aldrovandi, in cui più poliziotti hanno infierito con violenza inaudita sul suo corpo? La regressione è intollerabile. La giustizia, giorno dopo giorno, ritorna ad essere forte con i deboli e debole con i forti.
Anche altro ci deve far riflettere. Dopo la sentenza per la morte di Aldrovandi, i suoi amici e i suoi genitori si sono abbracciati; «volevo che a mio figlio fossero restituiti giustizia e dignità» ha detto il padre di Federico. Del tutto diversa la reazione degli amici di Gabriele Sandri. Insulti ai giudici; il Tribunale e le piazze trasformate in curve da stadio (violente e razziste, non quelle di una sana tifoseria). Eppure sia Federico che «Gabbo» sono vittime della stessa violenza e di una analoga ingiustizia. Ma ben diverse sono state le reazioni. Da un lato chi, come gli amici di Federico, crede in una giustizia che non deve mai trasformarsi in vendetta; dall'altro, chi, invece, pensa alla giustizia (e alla pena) come strumento di vendetta («gli ultras hanno voglia di vendetta», titolava ieri un autorevole quotidiano).
Una ultima considerazione, a proposito di giustizia ed eguaglianza. Forti, e del tutto condivisibili, sono state le proteste, a sinistra e nel centrosinistra, per l'approvazione del pacchetto sicurezza. Ma molti sono stati i silenzi: basti pensare, ad esempio, ai voti favorevoli, anche nel centrosinistra, alla reintroduzione del reato di «oltraggio a Pubblico Ufficiale». Eppure bastava leggere le parole della Corte costituzionale per opporsi al ripristino di un reato che, ripetutamente, la stessa Corte aveva espressamente invitato ad eliminare dal nostro ordinamento penale, onde evitare censure in relazione a vari articoli della Costituzione, tra cui principalmente, ma non solo all'art. 3, che sancisce il principio per cui tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. I giudici delle leggi, oltre vent'anni fa, aveva detto che tale reato era «espressione di una concezione autoritaria, non consona alla tradizione liberale italiana né a quella europea», e aveva evidenziato come «questo unicum, generato dal codice Rocco» era il prodotto della concezione dei rapporti tra pubblici ufficiali e cittadini tipica dell'ideologia fascista e quindi «estranea alla coscienza democratica instaurata dalla Costituzione repubblicana». La Corte non si era limitata, però, a chiedere espressamente al parlamento l'eliminazione di tale fattispecie penale dal nostro codice, ma - caso rarissimo - aveva autonomamente diminuito la pena allora prevista (massimo 2 anni di reclusione). Ebbene, con il recente pacchetto sicurezza, la pena è stata addirittura aumentata (fino a tre anni di reclusione). Ecco perché, di fonte a decisioni che contrastano con princìpi fondamentali di uno stato di diritto, chi crede nella giustizia non può tacere ma deve usare tutti gli strumenti della democrazia per opporsi a un abisso che ricorda un passato che speravamo definitivamente tramontato.

fonte ilmanifesto.it

15 lug 2009

ABORTO?

ROMA - L'aula della camera ha approvato le mozioni di maggioranza che impegnano il governo a farsi promotore presso le Nazioni Unite di una risoluzione che condanni l'uso dell'aborto come strumento demografico. L'iniziativa partita dal presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione. Pd e Idv si sono astenuti.

(15 luglio 2009)

da repubblica.it

14 lug 2009

Divieto di sorvolo al Dal Molin. E l’aeroporto?


Sulla stampa locale di ieri sono apparse alcune fotodall’alto che mostrano lo scempio in corso all’interno dell’area del Dal Molin: prati sventrati, grandi alberi abbattuti. Il cantiere distrugge la più grande area verde a nord della città.

Ma ciò che è più importante è l’annuncio legato a queste fotografie, nel quale si spiega che queste sono le ultime foto scattate dall’alto perché presto interverrà, come per la caserma Ederle, il divieto di sorvolo dell’area. E la nuova pista rototraslata che il commissario Costa ha promesso alla città? A chi servirà, dunque, se per i voli civili ci sarà il divieto di sorvolo?

Il cerchio si chiude. La nuova pista sarà utilizzata da velivoli militari a decollo verticale, come aveva annunciato lo stesso commissario, mentre sarà interdetta – a causa del divieto di sorvolo – agli aeroplani civili. Del resto le planimetrie statunitensi parlano chiaro: nelle loro intenzioni le recinzionidell’area militare ingloberanno tutto il Dal Molin e non soltanto una parte.

Gli statunitensi – per bocca del loro servile passacarte veneziano – mentono e i vicentini pagano la pista militare e gli altri servizi.

IL RUOLO-CHIAVE DELLA PSICHIATRIA NELLA GESTIONE MAFIOSA DEI SERVIZI PUBBLICI



Tratto Da PrimaDaNoi 17.09.2008

DA: http://www.percorsi.abruzzo.it/archnews/20_anni_di_illegalit%C3%A0.htm

1993 LA SANITA' DOPO GLI ARRESTI DELLA GIUNTA.

ABRUZZO. Quando si scopre che da sempre si denunciano scandali su scandali, che la sanità è una palude dove si annidano illegalità su illegalità è difficile oggi credere ancora ad una minima speranza di ravvedimento della politica unica responsabile dei mali di oggi.


Così dopo lo scandalo della Sanità scoppiato con gli arresti eccellenti del 14 luglio scorso, l'inchiesta giudiziaria va vanti tra rogatorie e interrogatori di persone informate dei fatti per ricostruire la mappa del tesoro che non si trova. Ma i presunti illeciti venuti alla luce con il lavoro della procura della Repubblica sembrano la fotocopia esatta di una "consuetudine" che va avanti da sempre.
Nel 1992 ci fu l'arresto della giunta regionale di allora ed il conseguente scandalo politico.
Un documento del 1993 a firma del consigliere regionale e vicepresidente della commissione d'inchiesta sulla psichiatria in Abruzzo, Sergio Turone, sembra raccontare i fatti della sanità di oggi. Persino alcuni personaggi sono gli stessi.
Qualche riflessione è d'obbligo soprattutto oggi, a due passi dalle prossime elezioni.
«II sistema di potere politico-amministrativo che fin dalla nascita dell'Istituto Regione (1970 ndr) ha condizionato l'Abruzzo ha trovato nell'organizzazione psichiatrica - vale a dire in quella che dovrebbe essere l'assistenza ai malati di mente - uno dei canali più massicciamente produttivi di corruzione politica e di arricchimento», scrive Turone in un documento agli atti di quella commissione.
Lo sperpero accertato ammontava allora ad oltre 1.000 miliardi delle lire del 1993.
Era questa in estrema sintesi la conclusione cui giunse la Commissione d'inchiesta che venne costituita dal Consiglio regionale alla fine del
1991 e che lavorò fino al luglio 1993.
Al centro del "caso psichiatria" c'era il gruppo Angelini.
Un documento, questo, che sta circolando anche tra i difensori degli indagati di oggi… «Quantificare lo sperpero - nei casi di cattiva amministrazione e corruttela - è sempre operazione ardua, che suggerisce doverosa cautela nella formulazione di cifre», scriveva Turone, «ma la Commissione d'inchiesta - pur fra le molteplici difficoltà in cui ha operato e che sono per esempio testimoniate dai tentativi d'intimidazione e dalle ripetute dimissioni di propri membri, volta a volta sostituiti - è riuscita ad acquisire gli strumenti conoscitivi per una valutazione minimale approssimativa e dimostrabile. Si tratta, a valore costante 1992 della lira, di un saccheggio non inferiore ai 1.050 miliardi: e tale somma è riferita soltanto al denaro che la Regione ha versato a cliniche private, cui di fatto è stata delegata senza alcun controllo l'assistenza psichiatrica almeno dal 1978 in poi».

SACCHEGGIO E DANNO SOCIALE INCALCOLABILE

«Siamo consapevoli», si legge ancora nella relazione Turone, «che in queste vicende il danno sociale è incalcolabilmente superiore al dato aritmetico contabile».
II punto di partenza fu un documento ufficiale di provenienza governativa, e più precisamente una lettera che - dopo ripetute richieste da parte della Commissione - l'assessorato alla sanità scrisse alla Commissione stessa in data 2 giugno 1993. Nella lettera si parla del rapporto finanziario intercorso fra la Regione e le due cliniche private: Villa Pini e Villa Serena.
«Si precisa che le suddette case di cura non sono convenzionate per la lungodegenza psichiatrica e si forniscono i seguenti dati relativi al 1992», scriveva Turone nel 1993, «per la Casa di cura "Villa Pini d'Abruzzo" i pazienti ricoverati da oltre un anno sono 350; la spesa per ricoveri sostenuta dalla ULSS di Chieti nell'anno 1992 è di 34,6 miliardi di lire; la diaria giornaliera è di 181.398 lire».
Per la Casa di cura "Villa Serena" i dati riportati nel documento parlano di 313 pazienti ricoverati da oltre un anno; la spesa per ricoveri sostenuta dalla ULSS di Pescara nell'anno 1992 pari a 35,6 miliardi di lire; la diaria giornaliera è di 175.264 lire.
«La prima riflessione che viene spontanea su tali cifre riguarda i pazienti ricoverati da oltre un anno, i quali sono, al di là di ogni dubbio, lungodegenti», scrive Turone, «su questo dunque c'è una prima evidentissima illegalità, perché le due cliniche non sono convenzionate per la lungodegenza».
Illegalità mai rilevata dai controllori della Regione, proprio come è accaduto fino ad oggi con le cartelle cliniche duplicate, ricoveri impropri, rimborsi per reparti non accreditati.
«Fin dall'inizio dell'estate di quest'anno (1993, ndr) la Commissione
- avendo ritenuto che molte delle cose apprese durante le numerose audizioni potrebbero costituire "notitia criminis" -», si legge ancora nella relazione, «ha inviato i verbali dei propri lavori alle procure della Repubblica di Chieti, di Pescara e dell'Aquila, perché siano i giudici, se lo ritengono, a indagare sugli eventuali contenuti penali di comportamenti su cui la Commissione d'inchiesta può esprimere ed esprime solo giudizi di condanna politico-amministrativa. Anche il testo della presente relazione sarà inviato alla magistratura, a completamento della documentazione che la magistratura stessa ha già ricevuto od acquisito mediante sequestri operati in regione».
Non si hanno notizie di sviluppi "eclatanti" da quelle segnalazioni, né dunque processi penali sull'argomento.

IL GUADAGNO DELLE CLINICHE PRIVATE

Infine Turone propone la sua riflessione sulle diarie.
«Come abbiamo visto, la retta giornaliera praticata da Villa Serena per ciascun paziente, nel 1992, è stata di L. 175mila e rotti, mentre quella di Villa Pini è stata di 181 mila lire e qualcosa. I malati sono in stragrande maggioranza autosufficienti e docili. Vivono in camerette ben tenute di due-quattro letti, fruiscono di un buon vitto.
Se, per ipotesi assurda, le spese potessero essere valutate secondo criteri alberghieri, una giornata di soggiorno comporterebbe una diaria ragionevole di 40.000 lire. In più c'è da calcolare però il costo delle terapie, che può variare da caso a caso. Ma quasi tutti i lungodegenti - che costituiscono la maggioranza dei ricoverati - ricevono purtroppo solo terapie consistenti nella somministrazione di psicofarmaci».
«Quanto costa una pillola di Valium?», si domanda Turone. «Alla divisione neuropsichiatrica dell'ospedale Mazzini di Teramo (pubblico) l'ufficio di statistica sanitaria della Direzione ha compilato una scheda da cui risulta che il costo farmaceutico per giornata di degenza è di duecentodieci (210) lire».
«Teniamo peraltro a ribadire che», conclude Turone, «se le diarie vigenti lasciano alle cliniche private margini di profitto spropositati, la responsabilità non è tanto degli imprenditori - che nel cercare il massimo guadagno fanno il loro mestiere - quanto dei politici che, negli anni in cui la DC abruzzese e i suoi alleati minori esercitavano su ogni ganglio della vita pubblica un controllo assoluto, hanno consentito o favorito lo sviluppo di un meccanismo così drammaticamente finalizzato allo sperpero di denaro pubblico».
«Se i mille miliardi, perduti in una dissennata gestione il cui risultato è che oggi in Abruzzo i malati mentali sono di fatto lasciati a se stessi o alle disperate famiglie, fossero stati investiti nelle strutture pubbliche che per legge dovrebbero essere distribuite sul territorio, oggi i malati potrebbero essere assistiti secondo criteri assai più umani, vivendo nelle famiglie, e trovando nei pressi della propria casa il supporto terapeutico di cui abbisognano per essere seguiti e stimolati a pensare, anziché addormentati con gli psicofarmaci».
Ecco perché oggi ci ritroviamo un debito sanitario impressionante: un peccato originale indelebile della classe politica che ha affossato da sempre questa regione.



IL RICORDO AMARO DELL'AMICO


A ricordare Turone è l'amico Renato Cerbo, esperto di neuropsichiatria infantile, che aiutò il consigliere regionale in quel lontano 1993 nella stesura di una parte del suo "libro verde".
«In tutti questi anni», scrive Renato Cerbo su Abruzzo Liberale, «mi sono chiesto tutte le volte che mi ritrovavo per le mani il suo "libro verde", come fosse stato possibile che tutte quelle denunce così dettagliatamente descritte, potessero essere state ignorate dalla magistratura, dalla politica, dalla gente stessa. Mi chiedo ancora oggi come sia stato possibile che ci siano voluti 15 anni prima di scoprire uno scandalo conosciuto da tutti, medici, politici, amministratori, giornalisti, magistrati e quant'altro. Come era possibile che dopo varie dimissioni dei presidenti, della commissione di inchiesta non era successo nulla?».
Nella prefazione del suo libro Turone (eletto tra le sinistre) dichiara di essere stato minacciato più volte, di essere stato oggetto di attacchi personali, oltre che da settori del sindacalismo aziendale anche da parte di politici di vari settori che sospettava vicini ad Angelini.
«Turone fu profondamente amareggiato soprattutto del mancato sostegno alla sua personale battaglia e del conseguente isolamento in cui cadde», ricorda Cerbo, «a parte pochissimi amici che non hanno mai smesso di ricordare la sua cultura sociale e la sua formidabile intuizione politica.
Ho sempre pensato che il giorno in cui si suicidò, pochi anni dopo, non fosse dovuto, come riportato brevemente dagli organi di stampa, all'angoscia di essere malato di cancro ma anche e soprattutto alla solitudine ed al dolore morale di vedere tanta indifferenza tra la gente comune, la stessa indifferenza che è durata tanti anni ancora».

… LA RESPONSABILITA’ MORALE

«E per questo», aggiunge Cerbo nel ricordo scritto appena 3 giorni gli arresti eccellenti del 14 luglio scorso, «che penso che la responsabilità morale, non tanto del suo suicidio, ma soprattutto del mancato ascolto del suo grido di dolore durato 15 anni per il degrado della vita pubblica ed in particolare della sanità abruzzese, non è solo delle persone che saranno condannate per i fatti riportati sulla stampa, ma anche di tutte le persone che non hanno visto o voluto vedere quello che era sotto gli occhi di tutti e che nulla hanno fatto pur potendolo fare per dolo o omissione.
Se più di una persona avesse ascoltato Turone, se tante persone lo avessero seguito nella sua denuncia chiara e dettagliata, oggi la Regione Abruzzo non sarebbe nella condizione attuale e forse non ci dovremmo vergognare di essere abruzzesi agli occhi di mezzo mondo».

17/09/2008 8.34

ASSOCIAZIONE ANTIGONE

co 'sto caldo, ce voléva un governo ombra



BEPPE GRILLO
Dalla morte di Enrico Berlinguer nella sinistra c'è il Vuoto. Un Vuoto di idee, di proposte, di coraggio, di uomini. Una sinistra senza programmi, inciucista, radicata solo nello sfruttamento delle amministrazioni locali. Muta di fronte alla militarizzazione di Vicenza e all'introduzione delle centrali nucleari. Alfiere di inceneritori e della privatizzazione dell'acqua. Un mostro politico, nato dalla sinistra e finito in Vaticano. La stampella di tutti i conflitti di interesse. Una creatura ambigua che ha generato Consorte, Violante, D'Alema, riproduzioni speculari e fedeli dei piduisti che affollanno la corte dello psiconano. Un soggetto non più politico, ma consortile, affaristico, affascinato dal suo doppio berlusconiano. Una collezione di tessere e distintivi. Una galleria di anime morte, preoccupate della loro permanenza al potere. Un partito che ha regalato le televisioni a Berlusconi e agli italiani l'indulto.


GIANFRANCO PASQUINO
"Abbiamo perso le elezioni comunali a Milano candidando a sindaco un prefetto, Bruno Ferrante. Pensiamo forse di vincere le politiche raddoppiando i prefetti e aggiungendo un generale?".
La composizione delle liste sembra a Pasquino "rispondere a esigenze prettamente pubblicitarie – ‘un operaio ma anche un imprenditore’.
tutto si riduce a un’operazione di vertice". Il disappunto del politologo è tale da stimolargli nostalgia per il Pci, "che sceglieva i candidati anche attraverso consultazioni della base, così da saggiarne la popolarità e l’indice di gradimento". Ora, invece, il leader del Pd fa "il bello e il cattivo tempo". Ma, procedendo a candidature concepite solo per raggranellare "qualche voto in più"


GAD LERNER
Beppe Grillo viene invece oggi col solo proposito di seminare sconquasso in un organismo reso fragile dal suo deficit di democrazia interna. Vuole distruggere il Pd

un'intervista di WALTER VELTRONI al Paìs. "Siamo riformisti, non di sinistra",

PAUL GINSBORG
«Non c'è dubbio che la cronaca di questi giorni vada inquadrata in un contesto storico che comincia nell'89. Allora i postcomunisti non riuscirono ad elaborare un progetto forte che spezzasse l'intreccio tra l'azione politica e il clientelismo. Uno storico male italiano: il rapporto verticale tra patrono e cliente. Gli antichi romani l'avevano codificato. Andreotti lo teorizzò nel '57, quando disse che la domenica mattina, anziché riposare, lui e gli altri democristiani si prendevano cura delle famiglie disagiate».Non ho mai mitizzato il Pci. E non amo parlare di questione morale. Ma a sinistra questo male veniva studiato: penso al lavoro di Mario Caciagli su Catania, di Percy Allum su Napoli, di Amalia Signorelli sul Salernitano; Chi può e chi aspetta era il felice titolo del suo libro. E a sinistra c'era l'orgoglio della diversità, della fibra morale, della connessione tra etica e politica». C'era. E adesso? «Oggi il rapporto tra patrono e cliente non viene più studiato. In compenso, è fiorito. Il patrono non è più il proprietario terriero che dispone delle cose proprie; è il politico che dispone delle cose pubbliche. Anche molti politici di sinistra». Berlusconi dice che la questione morale riguarda il Pd. «Berlusconi è un grande patrono. Lo dimostra anche con il linguaggio del corpo: ha sempre le mani sulle spalle di qualcuno. Ma il clientelismo e il nepotismo si ritrovano anche nelle amministrazioni del Pd. E non vedo tensione su questo tema al suo interno. Neppure il Pd affronta il grave problema della forma e del ruolo dei partiti. Molti meno iscritti, molto meno consenso. Il partito di massa cede il posto allo staff del leader. Il primo è stato Tony Blair».
Se il centrosinistra non cambia direzione, può fare la fine dei socialisti craxiani negli anni '90». Addirittura? «Se il Pd non si apre alla democrazia partecipata, se non si rivolge ai cittadini e si limita a fare da mediatore, a tenere i contatti con i poteri forti economici, diventa indistinguibile dagli altri partiti. Il clientelismo di Cioni nei suoi meccanismi non è diverso da quello della destra». Che succede a Firenze? «Le racconto un episodio. Quando Domenici fu eletto, fondammo un comitato per lo sviluppo sostenibile dell'Oltrarno. Andammo dal sindaco, portammo proposte per migliorare il traffico e la vita. Lui sembrò disponibile. Distinse tra le cose da fare subito, quelle di medio e quelle di lungo termine. Decise la chiusura temporanea di due strade, un'ora al giorno, per fare andare i bambini a scuola. Buon inizio. Ma tutto finì lì. Fu commissionato a Carlo Trigilia un piano strategico per la città; ma nel 2005 l'intero comitato scientifico si dimise, e oggi l'inquinamento a Firenze è sopra il livello di guardia. Se non hai una visione complessiva della città, finisci per occuparti solo di edilizia, project-financing, poteri forti. Domenici si è comportato come gli altri politici di sinistra con cui abbiamo discusso, da D'Alema a Chiti: ascoltano; spesso ci danno ragione; e poi fanno come se nulla fosse stato. Un muro di gomma».Domenici si è incatenato sotto «Repubblica». «Mi dispiace, ma non lo vedo come vittima. Preferisco prenderla con leggerezza. Non a caso si è incatenato a Roma; se l'avesse fatto a Firenze avrebbe violato il regolamento del suo assessore Cioni. Vietato disturbare la pubblica quiete, vietato esporre targhe e bacheche senza autorizzazione... C'è però una cosa che mi ha colpito molto del caso Domenici. Il cartello che inalberava». «Sì alla difesa della dignità e dell'onorabilità». «Ecco, la parola chiave è onore. Sento un'eco della vecchia Italia, della profonda cultura mediterranea. L'Italia ha grandi meriti che il mondo anglosassone non ha; ma nei Paesi anglosassoni non ci si appella all'onore maschile. Ci si difende laicamente in tribunale. La stessa eco la sento nel tragico suicidio di Nugnes: un'altra storia che ci riporta agli anni di Tangentopoli. Perché reagire così? Perché non dimostrare la propria innocenza, oppure patteggiare la pena? Siamo tutti esseri umani, non dei, e possiamo tutti sbagliare». Lo scontro tra procure? «Brutto. I giudici non dovrebbero comportarsi così. Molte cose nella magistratura come casta vanno criticate. Ma la sua autonomia è preziosa e va salvaguardata. E gestita in modo responsabile». Bassolino deve andarsene? «Qualsiasi politico indagato, compreso Berlusconi, dovrebbe andarsene. Figurarsi quelli rinviati a giudizio».Dove sono però i girotondi? E che fine hanno fatto i «ceti medi riflessivi» da lei teorizzati? «I ceti medi riflessivi non sono il Pensatore di Rodin. Si muovono. Ma faticano quando vengono sistematicamente irrisi, come fanno anche molti giornali. In tanti sono caduti nel cinismo, e non si impegnano più. Sarà difficile rianimarli, ma non impossibile». Può riuscirci Di Pietro? «Ho sempre pensato che Di Pietro doveva restare in magistratura. Ora ho cambiato idea. Non appartengo al gruppo di Travaglio, Flores, Di Pietro, ma condivido le loro battaglie. Voi giornalisti lo considerate noiosissimo, ma all'estero il conflitto di interesse resta il primo argomento quando si parla d'Italia». Quindi Veltroni non deve rompere l'alleanza? «Veltroni ha già commesso un grave errore a rompere con la sinistra radicale. Ha ottenuto un vantaggio immediato. Ma poi la sua apertura a Berlusconi non ha portato a nulla. Ora è in arrivo una crisi economica globale di grande drammaticità. O il Pd trova una progettualità forte e ricostruisce un'alleanza alternativa; o entra in un governo d'emergenza nazionale, e allora diventa indistinguibile dalla destra».


da: http://www.prolcom.altervista.org/comunicati.htm
In questi mesi i sindaci di diverse città italiane non hanno perso tempo a raccogliere l’appello del ministro Maroni ad impegnarsi a sviluppare le forme più "creative", cioè sempre più moderno fasciste, per mettere in atto concretamente una delle parti contenute nel decreto del governo sulla sicurezza. Maroni ha infatti concesso ai sindaci pieni poteri in materia di sicurezza rendendoli "funzionari governativi", in pratica nuovi sceriffi sul territorio!