29 mag 2009

ABBONATEVI A "IL FATTO"

Ci siamo. Il conto alla rovescia è cominciato. A settembre, finalmente, avremo un giornale nuovo, libero, tutto nostro. Un giornale eccentrico, rispetto agli altri. Un fatto nuovo. Perché?

1) Racconterà i fatti, fin dalla sua testata. Darà le notizie, le analisi e i commenti che gli altri non danno, o nascondono. Parlerà dei temi che gli altri ignorano.

2) Non avrà padroni: la società editoriale è composta da alcuni piccoli soci, compresi noi giornalisti, che partecipano con quote equivalenti a un progetto comune: un quotidiano fatto solo per i suoi lettori. Senza vincoli né sudditanze ai poteri forti, politici, finanziari e industriali, che usano i giornali per i loro interessi.

3) Non chiederà né avrà finanziamenti pubblici concessi da questo o quel partito.

4) Nascerà solo se avrà dei lettori interessati ad acquistarlo, e a leggerlo. Nel paese dei giornali senza lettori, mantenuti in vita dai contribuenti, anche e soprattutto da quelli che non li comprerebbero mai, noi faremo il nostro giornale soltanto se avremo un numero di lettori sufficiente per mantenerlo in vita.

Per questo vi chiediamo di abbonarvi subito: il prezzo della nostra libertà di informare e del vostro diritto di essere informati dipende dal numero di copie che i lettori acquisteranno in edicola, ma soprattutto dagli abbonamenti che raccoglieremo prima di partire. Più abbonamenti, più libertà.

Il nostro giornale avrà 16 pagine, tutte a colori. Uscirà sei giorni a settimana, tranne il lunedì. Sarà un giornale di carta e un giornale web. Sarà diretto da Antonio Padellaro. Avrà una redazione di giovani agguerriti. Si avvarrà di un gruppo di firme, di inviati di punta e di autori satirici che hanno condiviso con noi la lunga battaglia contro il regime berlusconiano, senza sconti per un’opposizione troppo spesso complice. Li scoprirete via via nell’apposito spazio “AnteFatto” che creeremo presto su questo e altri blog e siti amici. Con tutte le indicazioni per abbonarvi e diventare subito soci fondatori del nostro giornale (ricevendolo per posta, possedendo un coupon da presentare in edicola, scaricandolo in rete dopo la mezzanotte, e così via).

Nell’attesa - che sarà breve - dell’AnteFatto, ecco i riferimenti dell’ufficio che fin da oggi riceverà le vostre prenotazioni per l’abbonamento:
telefono 02-66506795
fax 02-66505712
mail: dettofatto@ilfatto.info

Vi terremo aggiornati, di settimana in settimana, delle prenotazioni raccolte. Sarà dura, ma tutti insieme ce la faremo. Dipende da tutti voi, anzi da tutti noi.
(Vignetta di Bandanas)

fonte: http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/

25 mag 2009

INVECE

La macchia della vergogna

Vedete? Non è il processo Mills che spiega quanto e come abbia corrotto col denaro, non sono i toni mussoliniani di quando dice il Parlamento è inutile e dannoso quel che macchia sfregiandola - agli occhi degli italiani - la cappa bianca dell'imperatore. È la sua malattia senile, è quella folle corsa all'eterna giovinezza che lo porta da anni ad assumere farmaci che ne potenzino il vigore, dunque la virilità, che lo costringe a trapiantarsi pezzi di cute a intossicarsi il sangue e poi a lavarlo con le macchine. Le donne attorno a decine. Cinquanta al tavolo, ci raccontava giorni fa Riccardo De Gennaro. Una quarantina a Capodanno in Sardegna, alloggiate come al campeggio mariano in bungalow da quattro. In principio erano attrici, soubrettes portate dalla corte compiacente. Aspiranti, sempre più giovani. Ragazzine, infine minorenni. Porta un'amica, ha detto a Noemi Letizia che aveva allora 17 anni. Noemi ha portato nella villa sarda Roberta, 17 anni anche lei. Dormivano con altre «due gemelline». Non posso vivere accanto a un uomo che «frequenta minorenni», ho pregato in ogni modo chi gli sta vicino di accudirlo «come si fa con una persona che non sta bene» ha detto sua moglie Veronica. Però poi lui è andato a Porta a Porta dall'amico Vespa e ha raccontato una serie impressionante di menzogne. Senza che nessuno lo contraddicesse: nella nostra - nella sua - tv non si usa. Che era un vecchio amico di famiglia, che lui è un uomo del popolo e perciò frequenta le feste da debuttanti delle adolescenti di Portici. No, non è per questo. È perché a volte si appassiona delle ragazze da catalogo di cui Emilio Fede e altri complici «dimenticano» il book sul suo tavolo. Alle bambine, poi, ci si appassiona con facilità.

Ieri a San Siro glielo hanno rimproverato i tifosi del suo Milan. Lo so, è terribilmente desolante ma il termometro del consenso politico è questo: lo stadio. San Siro, scrive Rinaldo Gianola, è il luogo dove la curva «dava del tu a Papi ben prima di Noemi». «Quante Champions League avete vinto?» il suo argomento contro l'opposizione. Gli striscioni che gli rimproverano di spendere soldi per «comprare le veline» sono un insulto e un pericolo. Striscioni comunisti, ispirati da un giornalista suggeritore? Difficile. Persino Enrico Letta, uomo sobrio non incline ad occuparsi di letteronze, dice che «Berlusconi è in preda al nervosismo perché la vicenda di Noemi gli sta sfuggendo di mano», «spara all'impazzata: dobbiamo inchiodarlo alle sue responsabilità». Morali, prima di tutto. L'ex fidanzato della ragazza dice: io non potevo farci niente. «Sarebbe come se un salumiere si fidanzasse con Britney Spears. Cosa avevo da darle in cambio, io?». Si fidanzasse, è questo il verbo che usa. Non esiste il lodo Alfano della morale. Il direttore di Famiglia Cristiana Don Sciortino lo scrive oggi nel suo editoriale e lo dice a Roberto Monteforte: «Il premier deve chiarire, l'immunità morale non esiste». Famiglia Cristiana. Se il Papi della Patria deve fare i conti con la curva di San Siro e coi parroci comincia ad essere un problema. Certo, in un Paese normale sarebbero state sufficienti a chiamarlo a rispondere la voce dell'opposizione e dei giornali liberi. Ma siamo in Italia, che volete: il vero pericolo sono la moglie, i tifosi e il prete dal pulpito.

Di Concita De Gregorio

da l'Unità

pre - visioni

22 mag 2009

MEDIASET IN SCIOPERO, BELLA NOTIZIA (oscurata)


Udite udite. E diffondete. Forse è l'unico modo per permettere a questa notizia di raggiungere più orecchie possibile: i lavoratori di Mediaset sono in sciopero. Difendono i loro salari e chiedono che vengano ripristinate le "normali relazioni sindacali". Ma oggi devono prima di tutto lottare contro il silenzio. La loro astensione dal lavoro, infatti, sembra non interessare a nessuno. Di loro non parlano neanche le agenzie di stampa. Paradossale ma vero: accade "qualcosa" - qualcosa di inedito, c'è da dire - nella più grande azienda di comunicazione italiana, e i protagonisti faticano a bucare lo schermo. Ma tant'è, a Berluscolandia.
I fatti: Cgil, Cisl e Uil hanno indetto per oggi uno sciopero dei lavoratori della Videotime di Roma. La Videotime è la società licenziataria di Mediaset-Rti che lavora nei centri di produzione "Palatino" e "Elios". Qui vengono registrati programmi molto seguiti: dal Tg5 a Matrix a Forum. I lavoratori della Videotime si occupano anche del programma "Uomini e Donne" di Maria De Filippi, che però viene registrato a Cinecittà. Si tratta dei tecnici, della parte di produzione, dei parrucchieri, dei truccatori, dei sarti. Insomma, di tutto il personale che serve per mettere in piedi un programma. Ebbene, dall'anno scorso sono tempi di magra. Mediaset dice di essere in crisi (ricavi netti nell'anno 2008: +9%, utile netto: +14,3%) e per questo stringe la cinghia: niente più diaria per gli esterni, fermi i passaggi di livello, diminuzione dei premi di produzione, azzeramento della politica retributiva. Questo è quanto denunciano i sindacati: "Un esempio - spiega Roberto Crescentini, delegato fistel-Cisl della Rsu di Videotime - sabato registriamo Matrix. I lavoratori hanno chiesto di lavorare in straordinario. Ma l'azienda ha chiesto ai parrucchieri solo quattro ore di lavoro, e non sette. Alla domanda: perché? La risposta è stata: l'azienda è in crisi. Figurarsi - dice Crescentini - noi siamo i primi a non voler affossare l'azienda e a capire che è in corso una grave crisi economica e finanziaria. Ma Mediaset è in crisi?". La domanda è pertinente, visto che, racconta Crescentini: "Alla puntata di Forum in cui era ospite Barbara D'Urso, Mediaset ha pagato un parrucchiere 1.300 euro. Come anche viene pagato tutti i giorni un parrucchiere per la conduttrice Rita Dalla Chiesa, ad un prezzo che ci pare esorbitante, visto il momento: 700 euro". Insomma, dicono i lavoratori, se bisogna fare sacrifici che li facciano tutti.
Secondo il dato dei sidnacati lo sciopero è andato benissimo: l'adesione ha sfiorato il tetto del 95%. Ultima chicca: il Comitato di redazione del Tg5 ha inviato un comunicato di solidarietà ai lavoratori di Videotime. Il comunicato, a quanto pare, doveva essere letto durante l'edizione odierna. Ma è stato stoppato. Ci sono notizie più importanti.

fonte il Manifesto

PERIFERIA, SBIRRI IN BORGHESE, PROCESSO, PSICOFARMACI, E ALTRE FREGNACCE

di Luigi Menichilli - ROMA

Arrestato perché sorpreso con tre grammi di hashish in tasca, sottoposto a trattamenti psichiatrici, curato con psicofarmaci e alla fine assolto dal tribunale dei minori di Roma. Una disavventura giudiziaria durata otto mesi durante i quali a Simone, 17 anni, romano, accusato di detenzione, spaccio e violenza a pubblico ufficiale, è sembrato di vivere un incubo. La sua unica colpa sono stati quei 3 grammi di fumo, insieme alla reazione avuta al momento del fermo, quando non ha capito che le persone che lo avevano bloccato in strada erano carabinieri in borghese.
La sua storia ha dell'incredibile, e inizia l'8 ottobre dell'anno scorso. Simone si trova nella periferia romana quando viene fermato dai carabinieri che, perquisendolo, gli trovano addosso i 3 grammi di «fumo». Preso alle spalle il ragazzo reagisce cercando di divincolarsi, guadagnandosi così l'accusa di violenza a pubblico ufficiale. «In caserma - spiega l'associazione tana liberi tutti, che assiste Simone - viene sottoposto a pressioni fisiche e psicologiche e finisce per ammettere tutte le accuse pur di porre fine all'interrogatorio e tornare a casa». Di storie così nel nostro paese, a causa la legge Fini-Giovanardi, ne capitano tante, ma è a questo punto che la vicenda del giovane romano diventa un calvario. Invece di essere rilasciato, Simone viene trattenuto all'interno di un Cpa (Centro di prima accoglienza) di Roma per vari giorni, in attesa di comparire davanti al Gip per l'udienza. A impedire il suo rilascio non sono i presunti reati commessi, ma la sua condizione sociale e familiare. Simone è orfano di madre e il padre ha problemi legali e psichiatrici. Il giudice non ritiene quindi opportuno far risiedere il ragazzo a casa del genitore, tanto più che nei suoi confronti è già avviato un atto di decadenza della patria potestà. Dopo il Cpa per il giovane romano si aprono le porte del CpiM (Centro di pronto intervento minori) di Torre Spaccata, ma gli assistenti sociali, in accordo con le altre autorità, vedono la sua permanenza nella capitale destabilizzante, per via delle cattive frequentazioni che potrebbero renderlo ancora più «instabile di mente». Viene dunque deciso di spostarlo fuori dalla capitale, ma nessuno si sarebbe immaginato che la scelta cadesse sul Cpm (Custodia preventiva minorenni) di Settingiano, una località a 600 chilometri da Roma in provincia di Catanzaro. In pratica Simone viene sradicato dalla propria realtà e allontanato da tutte le persone a lui care. Per di più nel Cpm viene sottoposto anche a cure psichiatriche a base di psicofarmaci che gli procurano effetti collaterali terribili, facendolo stare male. Mentre è recluso in Calabria il suo avvocato tenta di farlo riavvicinare a casa, ma il tribunale del riesame boccia la proposta di domicilio in una famiglia romana. E' l'ultimo tentativo di tirarlo fuori da li. Dal Cpm Simone uscirà soltanto il 23 marzo per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Durante la sua odissea nessuno si è preoccupato di assicurargli il diritto allo studio (al momento dell'arresto frequentava regolarmente il 4° superiore) e solo la benevolenza del preside del suo istituto alberghiero gli permetterà di non perdere l'anno. In questo periodo le uniche persone sulle quali ha potuto sempre contare sono stati gli amici del Laboratorio sociale tana liberi tutti, che da quel maledetto 8 ottobre si sono mobilitati e hanno lottato per la sua liberazione, senza «prassi terapeutiche obbligate». Ora Simone può lasciarsi alle spalle la triste vicenda che lo ha visto protagonista, e tornare al suo lavoro, al suo stage e ai suoi studi diciassettenne. Felice e di nuovo libero.

21 mag 2009

FATTI PROCESSARE

Le televisioni continuano a trasmettere autodifese pubbliche del presidente
attacchi ai giudici e alibi di ferro
mentre sotto, in sovraimpressione, magari è scritto:
"Confindustria, è arrivato il tempo delle riforme"

Lui è nervoso.



la rettorica


"- Assai abbiamo da portare ognuno la nostra croce, perchè tu ci venga a imporre l'insopportabile, e a togliere quei sollievi ai quali abbiamo diritto .
- Non portate la croce, ma siete tutti crocefissi al legno della vostra sufficienza, che v'è data, che più v'insistete e più sanguinate: vi fa comodo dire che portate la croce come un sacro dovere, mentre pesate col peso inerte delle vostre necessità. - Abbiate il coraggio di non ammetterle quelle necessità, di sollevarvi per voi stessi... Ma su quelle è misurato il vostro possibile e l'impossibile, il sopportabile e l'insopportabile dei doveri da compiere per guadagnarvi in pace la vita; quando v'adattate ai moti del corpo, della famiglia, della città, della religione, dite: io faccio i miei doveri d'uomo, di figlio, di cittadino, di cristiano e a questi doveri commisurate i diritti. Ma il conto non torna."


(Carlo Michelstaedter, "La persuasione e la rettorica", Milano, Adelphi, 1982)

20 mag 2009

Il Cavaliere impunito

Come il morto che afferra il vivo, il fantasma della giustizia trascina ancora una volta Silvio Berlusconi nell'abisso. La pubblicazione delle motivazioni della sentenza di condanna dell'avvocato Mills, nel processo per corruzione in atti giudiziari che vede implicato anche il presidente del Consiglio, sarebbe il "de profundis" per qualunque uomo politico, in qualunque paese normale. Non così in Italia. Questo è un Paese dove un'osservazione così banale diventa paradossalmente impronunciabile in Transatlantico o sui media (persino per l'afona opposizione di centrosinistra) pena la squalifica nei gironi infernali dell'"antiberlusconismo" o del "giustizialismo".

Questo è un Paese dove il premier ha risolto tanta parte dei suoi antichi guai giudiziari con leggi ad personam che gli hanno consentito proscioglimenti a colpi di prescrizione, e che si è protetto dall'ultima pendenza grazie allo scudo del Lodo Alfano, imposto a maggioranza poco meno di un anno fa, quasi come "atto fondativo" della nuova legislatura.

Ora, di quell'ennesimo colpo di spugna preventivo si comprende appieno la ragion d'essere. Secondo i giudici milanesi, l'avvocato inglese incassò 600 mila dollari dal gruppo Fininvest per testimoniare il falso nei processi per le tangenti alla Guardia di Finanza e All Iberian. "Mentì per consentire a Berlusconi l'impunità", recita un passaggio delle 400 pagine delle motivazioni. Un'accusa gravissima. Una prova schiacciante. Dalla quale il Cavaliere, guardandosi bene dal difendersi nel processo, ha preferito svicolare grazie al salvacondotto di un'altra legge ritagliata su misura, e ora sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale. Perché dietro la formula enfatica che dà il titolo al Lodo Alfano (cioè la "sospensione dei processi per le Alte Cariche dello Stato") è chiaro a tutti che l'unica carica da salvare era ed è la sua. "Riferirò in Parlamento", annuncia ora Berlusconi. Bontà sua. Pronuncerà l'ennesima, violenta invettiva contro le toghe rosse e la magistratura comunista, "cancro da estirpare" nell'Impero delle Libertà. E invece basterebbe pronunciare una sola parola, quella che non ascolteremo mai: dimissioni.

di Massimo Giannini
fonte "La Repubblica"

19 mag 2009

NON SARA' UN'ALTRA GENOVA

TORINO - Un gioco molto pericoloso. Torino trattiene il respiro. Attende con ansia di sapere che cosa sarà questa sera: una città che ha visto confrontarsi civilmente studenti e rettori oppure il bonsai di Genova 2001 con il suo corollario di ferite profonde, difficili da rimarginare. Le premesse sono inquietanti. La tensione sale e solo questa mattina si saprà se tra i 2-3.000 manifestanti annunciati dagli organizzatori ci saranno i teppisti del black bloc. "Questa è pure inglese", dice il poliziotto che ha appena fermato una studentessa durante la cariche di ieri mattina. La studentessa è greca. Parla inglese perché, a differenza di molti italiani, con quella lingua comunica quando va all'estero. In ogni caso, il fatto di essere inglesi non dovrebbe costituire un'aggravante. Il dettaglio è rivelatore di un clima non proprio disteso. E nel quartier generale della protesta, nella palazzina dell'ateneo dedicata ad Aldo Moro, le delegazioni dell'Onda anomala di tutta Italia promettono pullman e treni da Roma, Milano, Padova, Napoli, Palermo.

Ci saranno gli studenti del Centro universitario autonomo ma anche quelli che si sono staccati dall'Onda e hanno organizzato il campeggio ecologista Sherwood sulle rive del Po. Ci saranno anche i milanesi dell'Onda che ieri annunciavano: "Marceremo su Torino e non accetteremo nessuna zona rossa". Nell'aula magna l'organizzazione è in mano al centro sociale Askatasuna: "Non ci lasceremo intimidire dagli incidenti".

La prima delle due cariche, della mattinata, si svolge di fronte al castello del Valentino, sede del cosiddetto "G8 dell'Università". Definizione quanto mai ingenua e inopportuna per la riunione dei vertici di una quarantina di università sparse in 19 paesi del mondo: "Vorrei che si usasse un'altra espressione. Questa è un freno e genera equivoci", confessa il rettore del Politecnico, Francesco Profumo, che più di altri colleghi ha voluto ospitare la riunione. Preoccupazione tardiva perché il solo nome "G8" promette di attirare in città studenti e contestatori da tutta Europa e se davvero, come dice il rettore, "non si vuole discutere di politica ma di economia, etica, ecologia", forse era meglio precisarlo prima.

Nelle stesse ore il rettore dell'Università, Ezio Pelizzetti, ha deciso di chiudere per 4 giorni la storica sede delle facoltà umanistiche di Palazzo Nuovo. Una scelta dettata dalla paura e da un malcelato risentimento nei confronti dei dirimpettai del Politecnico: "Quando nella mia università entrano manifesti che inneggiano ai black bloc - si giustifica Pelizzetti - non posso fare finta di nulla. E poi il G8 dell'Università è stato organizzato dal Politecnico senza coinvolgerci. E allora sapete che cosa vi dico? Siccome nessuno si è fatto carico delle possibili conseguenze del contro-summit, non vedo perché dovrei preoccuparmene io. Chiudo e basta. E facciano quello che vogliono".

Il bilancio della giornata di ieri non serve certo a calmare gli animi. Due cariche, tre fermati (poi rilasciati), un poliziotto e due manifestanti feriti, tra i quali una dirigente nazionale di Rifondazione. Ma è su oggi che si concentra l'attenzione. Il sindaco Sergio Chiamparino invita "tutti a non gettare benzina sul fuoco". Un appello erga omnes, come si dice? "Un appello a tutti. Dai media, alla politica. Ho sentito paragoni con Genova che mi paiono, sinceramente, fuori luogo. Sono dichiarazioni che rischiano di spingere le cose esattamente nella direzione che si vorrebbe evitare". Ma per il sindaco "ci sono comunque le condizioni perché si possano svolgere sia il summit dei rettori, sia la protesta civile di chi dissente. E penso che questo possa avvenire senza bloccare la vita della città". Oggi a vigilare sul corteo ci saranno un migliaio di agenti. Tutti sperano che, alla fine, si rivelino troppi per difendere il castello dei rettori.

fonte la Repubblica
di Paolo Griseri

17 mag 2009

TECNICA DELLO STERMINIO


L'agricoltura è adesso un'industria alimentare motorizzata, nella sua essenza la stessa cosa della fabbricazione di cadaveri nelle camere a gas e nei campi di sterminio, la stessa cosa dei blocchi e della riduzione di paesi alla fame, la stessa cosa della fabbricazione di bombe all'idrogeno.


Martin Heidegger


Heidegger è stato il più profondo pensatore del novecento. Dopo aver aderito al Partito Nazista e aver appoggiato attivamente il regime di Hitler almeno fino al 1934, all'arrivo degli alleati fu escluso dal mondo accademico e allontanato dalla vita pubblica. Molti dei suoi allievi, tra cui troviamo autori fondamentali della seconda metà del secolo come Hannah Arendt, Herbert Marcuse e Hans Gadamer, difesero il maestro e combatterono l'ostracismo che il mondo accademico aveva decretato nei suoi confronti. Alcuni di loro, però, gli chiesero insistentemente di prendere posizione, dopo la guerra, su quella fascinazione nazista o, per lo meno, di condannare la shoah. Fino al 1976, anno della sua morte, il paragone che tracciò tra agricoltura meccanizzata e sterminio nei campi di concentramento fu l'unica risposta a queste insistenti richieste.


AVETE VISTO REPORT?

16 mag 2009

per un pugno di morti

antoniotramontana






















pomodori.
schiene nude ricurve nei campi. macchina umana a basso costo.

15 mag 2009

Trento: aggressione fascista alla sede di Rifondazione Comunista

Sabato sera si è verificato un altro, grave episodio di violenza di matrice politica, il secondo in pochi giorni in città. A farne le spese è stata in questo caso una giovane attivista del tavolo LGBTQ* (lesbico gay bisessuale trans queer) di Trento, del collettivo femminista deGenere ed iscritta e candidata alle elezioni comunali e provinciali con Rifondazione. La compagna si trovava da sola presso la sede del circolo del PRC di Trento, in via Santa Margherita, in pieno centro storico, quando ha sentito dalla strada pronunciare la parola: "Froci" e sputare all'indirizzo della sede. Affacciandosi si è trovata di fronte due giovani, all'apparenza più o meno ventenni. Uno dei due, vedendola, le ha gridato: "Troia", tentando con forza di entrare nella sede. La compagna ha opposto resistenza, cercando di chiudere la porta di ingresso, che affaccia direttamente sulla strada. La violenza dell'aggressore le ha causato una lesione alla spalla ed al braccio. Dopo aver minacciato di chiamare la polizia, è finalmente riuscita a far allontanare i due ed ora sporgerà querela contro ignoti.Negli ultimi tempi la sede del PRC è spesso stata usata dal tavolo LGBTQ* per tenervi le riunioni organizzative del festival lesbico, gay, trans, bisessuale, e queer "Universinversi", che avrà inizio il 15 maggio: dunque quanto accaduto non è casuale e riteniamo sia da ricondurre alla matrice culturale di stampo fascista che fomenta e legittima odio contro donne, gay, lesbiche, trans e migranti ed in generale soggetti politici di sinistra ed antifascisti.Si tratta di un episodio di violenza ed aggressione di stampo politico, ancora una volta testimone di un clima politico allarmante, in cui i toni e le pratiche ricordano sempre più da vicino i tempi bui dello squadrismo fascista. E' necessario che la società civile, la politica e le istituzioni cittadine reagiscano senza ambiguità rispetto a episodi di tale gravità, senza nasconderne la matrice politica dietro a confortanti e conniventi analisi sul bullismo, sul disagio giovanile o sulle varie teorie degli opposti estremismi.


Tavolo LGBTQ Trento
Collettivo femminista deGenere
Partito della Rifondazione Comunista del Trentino

dialogo tra me e una mia amica di Sinistra e Libertà

Maria
Ciao Luca
Luca
ciao
Maria
spero che le statistiche non siano vere
Luca
ma di quali statistiche parli?
io non sono riuscito a vederlo tutto ballarò
Maria
Sugli Italiani
Luca
ah, beh
Maria
Erano sconfortanti
Luca
certo. brutta vita, quella dei sociologi
Maria
Due italiani su tre approvano i metodi adottati dal governo sul tema dell'immigrazione, compreso l'uso della violenza
Luca
hai mai riflettuto sullo statuto ontologico del concetto di "problema"?
la semantica postideologica del "problema concreto"
ha snaturato l'essenza del concetto di problema
pro-blema è sempre un'astrazione dalla concretezza dello stato
è sempre un "atto politico" quello di individuare, tematizzare un problema.
il "problema", non è mai "in sè e per sè"
contestualmente a tale slittamento semantico
si è affermato l'utilizzo dell'"emergenza" come pratica di governo
"emergenza " rientra in quella classe di concetti che denotano sia una condizione oggettiva, uno "stato" della realtà
sia la reazione emotiva che un particolare stato della realtà suscita
dunque
il dominio avviene attraverso le parole.
è di questo che dovremo occuparci, più che delle statistiche.
(i dati di una statistica non possono essere "falsi". una statistica, per il solo fatto di esistere, E' la verità. come sopra, brutta la vita dei sociologi)
Maria
E' assurdo
E' assurdo
E' assurdo
E' assurdo
E' assurdo
E' assurdo
E' assurdo
Se in televisione viene detto che il 75% degli Italiani approva Berlusconi, indipendentemente dall'attendibilità della statistica, si tende a prendere tale affermazione come oro colato
Luca
no no, non bisogna dire "si tende a prendere tali affermazioni come oro colato". bisonga dire: é vero.
se qualcuno, con cartesiana disposizione al dubbio, ti chiedesse: come faccio io ad esserne certo? la risposta è già là: è una statistica.
Maria
Ma la validazione gli viene attribuita dalla televisone in tal caso
Luca
no. dalla televisione viene attribuito quello che Walter Benjamin definirebbe "valore d'esposizione" e Guy Debord "realtà dello spettacolo". Tuttavia, è il "discorso televisivo" che è costretto a usare la statistica per convalidarsi.
Maria
Ma anche viceversa
Una statisitca non può rappresentare tutto il reale relativo ad un argomento
C'è il rischio della spirale del silenzio
Luca
il problema è che una statistica non "rappresenta" il reale (in tal caso, la tua obiezione sarebbe giustificata). una statistica E' il reale. Il motivo per cui la tua obiezione, secondo me, è spuntata e ininfluente, è che utilizza le stesse armi del nemico; armi che sono state inventate per uno scopo e che non possono che servire quello scopo, anche se utilizzate da soggetti "antagonisti"
quando tu dici, ponendo una obiezione al discorso televisivo, che "la realtà non è rappresentata nella sua totalità dalla statistica", sei sempre nell'ambito della statistica come rappresentazione della realtà. La "statistica come rappresentazione della realtà" è precisamente l'ideologia della statistica, la sua produzione illusoria, il suo effetto di verità. Bisogna affrontare invece la questione in modo diverso. Bisogna dire che la statistica E' la realtà.
Maria
Ma che succede una volta ce si fferma questo?
Luca
si è più scientifici
di conseguenza, l'agire politico è meglio indirizzato, ecc ec
Maria
Secondo il criterio di scienza comunemente accettato
Ma forse il criterio di scienza deve cambiare
Luca
intendo secono il criterio di Marx.
non "utopistici", "moralistici", "umanistici", "solidaristici", ecc ecc. Scientifici.

13 mag 2009

i RESPINGIMENTI ai tempi di Prodi


28 marzo 1997: il giorno di venerdì santo, la nave albanese 'Kater I Rades' affonda dopo una collisione con la corvetta della Marina militare italiana 'Sibilla'. Sono tratte in salvo 34 persone e recuperati 4 cadaveri. Altri 52 corpi saranno estratti dopo il recupero del relitto nel mese di ottobre.


dall'articolo La Kater I Rades (Battello in rada)- Tentativi di insabbiamento - 2003



Erano salpati alle tre del pomeriggio del 28 marzo dal porto di Valona, intere famiglie con molte donne e molti bambini, a bordo della Kater I Rades, una motovedetta militare in disuso, costruita trentacinque anni prima per un equipaggio di nove marinai.


Proprio quella mattina, alla televisione italiana, qualcuno di loro ha sentito un rappresentante dell’Acnur dichiarare incostituzionale il blocco navale deciso dall’Italia e nella fretta di partire l’ha interpretato come un via libera. Da una settimana l’Italia ha infatti schierato la flotta nel Canale d’Otranto per fermare le carrette albanesi in fuga dal loro paese precipitato nella guerra civile. Il crack delle piramidi finanziarie ha bruciato due miliardi di dollari in pochi mesi lasciando sul lastrico migliaia di albanesi che avevano venduto la terra e il bestiame con il miraggio di interessi del 300%. La popolazione è in rivolta, comitati di insorti, vere e proprie bande armate, hanno assunto il controllo delle città, ovunque si è diffuso un clima di terrore.


La Kater I Rades ( Battello in rada) è carica fino all’orlo, i passeggeri sono oltre centoquaranta al momento dell'imbarco, invidiati dalla folla rimasta sul molo a imprecare all'occasione perduta. A bordo, sull’onda dell’euforia, qualcuno sparge la voce che basta avere una bandiera bianca perché le navi italiane ti scortino fino al porto di Brindisi, e di bandiere bianche ne vengono issate due, una a poppa e una a prua. La motovedetta ha da poco doppiato il capo dell'isola Karaburun, quando si vede avvicinare dalla Fregata italiana Zeffiro, appostata dietro all'isola di Saseno. La nave gira attorno alla Kater e dagli altoparlanti intima ai passeggeri di tornare indietro, benché stiano navigando ancora in acque albanesi. La Kater non si ferma, avanza verso le coste pugliesi mentre la nave Zeffiro continua a girarle intorno, come uno squalo, fino a quando, intorno alle cinque e mezza, si ferma, al traverso, a poppa della Kater, lasciando il passo a un’altra nave, più piccola e più adatta a manovre di intercettazione. E’ la Sibilla e si avvicina a giri sempre più stretti, tanto che i passeggeri della Kater vedono distintamente degli uomini in tuta mimetica sul ponte. Uno di essi punta contro di loro una mitragliatrice leggera, mentre un marinaio li fotografa. In aria, intanto, volteggia a bassa quota su di loro un elicottero della Marina, un pilota li filma dall’alto, poi un faro li punta e subito dopo le luci della nave italiana, altissima e vicina, illuminano a giorno il ponte della Kater.


Alle sei e quarantacinque l'elicottero se ne va, i passeggeri vedono lontano, nel buio, le luci della Zeffiro. La Sibilla sembra invece scomparsa, quando all’improvviso, la vedono avanzare verso di loro, a tutta velocità e a luci spente. Qualcuno pensa che sia il rimorchiatore, grida e salta di gioia. L’illusione dura poco, una voce nel megafono ripete le parole già sentite dalla nave Zefiro. “Tornate indietro”.


“Sterza, ci vengono addosso” grida a un tratto qualcuno sul ponte, mentre a dritta, sul fianco, vicino alla poppa, la prua della nave Sibilla colpisce la Kater facendola ruotare su se stessa. All’urto segue uno scossone, molti corpi sbalzano fuori, altri scivolano in acqua come bambole di pezza. La nave sale, sempre più in alto, poi precipita con un boato tremendo e dal cielo piovono sbarre di ferro, lamiere, vetri, pezzi di legno. Krenan Xhavara, uno dei trentaquattro superstiti, ricorda l’interminabile volo nel buio, poi il violento impatto con l’acqua gelida, la sensazione di muovere le gambe senza riuscire a risalire, il sapore acido dell’acqua intrisa di nafta.

La Kater I Rades viene colpita di nuovo più avanti, e questa volta si capovolge, altri passeggeri cadono in acqua, la Sibilla fa marcia indietro e si allontana, alcuni che non sanno nuotare salgono sulla nave rovesciata, in coperta donne e bambini stanno morendo affogati come topi in trappola.


Ore 19.03. La Kater affonda, un gruppo di validi nuotatori, tutti di Valona, nuota al buio, per venti minuti, verso la Sibilla. Dalla nave viene calata una scialuppa che raccoglie quattro cadaveri e qualche superstite, gli altri vengono fatti salire a bordo di una seconda scialuppa che pende dalla murata della Sibilla, non è stata calata in mare in loro soccorso. Una volta raggiunto il porto di Brindisi, carabinieri e polizia caricano i sopravvissuti a forza su autobus, lontani dai giornalisti in attesa di parlare con loro sul molo. “’A posto, a posto’, dicevano,” racconta ancora Krenar Xhavara.“’Potete andare’. Eravamo diventati testimoni pericolosi dei quali bisognava disfarsi, hanno offerto a tutti di andare in altre città italiane, lontani da qui e solo quattordici di noi sono rimasti a Brindisi.”










(...)










Sul molo di Brindisi nessuno rese omaggio alle vittime: non il presidente del consiglio Prodi, non il ministro della difesa Andreatta, non Giorgio Napolitano, non Massimo D’Alema, eletto nella vicina Gallipoli.






L’unico ad arrivare, in elicottero dalla Sardegna, e a versare celebri lacrime, fu Silvio Berlusconi. Decisionale come sempre, in un colloquio di venti minuti a porte chiuse in faccia ai giornalisti, propose ai superstiti di ospitarli tutti a casa sua. “Nessuno di noi accettò,” ricorda Krenan Xhavara, loro portavoce.” ‘Metti i soldi per ritrovare i cadaveri,’ gli abbiamo detto,” che era l’unica cosa che ci interessava in quel momento.. ‘È troppo profondo’ ha risposto lui.” Sembra però che, incaponitosi, Silvio, sia riuscito a portarsi via da un gruppo di profughi precedenti una famiglia che ha finto di sistemare in una casa della Regione a Canneto Pavese per poi abbandonarla a se stessa. Un vizio se è vero, come sembra, che anche uno dei due piloti albanesi disertori, atterrati una ventina di giorni prima, il 6 marzo, con il loro Mig nell’aereoporto militare di Galatina, sia finito a guidare l’elicottero di Berlusconi!





12 mag 2009

E POI COSA SUCCEDE IN LIBIA?


http://fortresseurope.blogspot.com/2006/01/guantanamo-libia-il-nuovo-gendarme.html




Dalle camicie nere a quelle verdi...la democrazia continua a restare sotto scacco...il popolo resta a guardare

Dalle carte, in parte inedite, del processo ancora in corso a Verona
sul tentativo di seccessione leghista, emerge il ruolo dell'attuale ministro
Maroni, la passione delle ronde
Nel '96 reclutava le Guardie padane
In una lettera come membro del "Governo provvisorio" invitava gli iscritti
a presentare le domande di adesione: "Nessuna scheda resti in sezione"


Il ministro degli Interni, Roberto Maroni
ROMA - Da reclutatore della ronde della Repubblica Federale della Padania a regolarizzatore delle ronde della Repubblica Italiana. Dalle carte, in parte inedite, dell'indagine svolta nel '96 dall'allora procuratore di Verona Guido Papalia sulla secessione leghista è possibile ricostruire nei dettagli l'iperbole politica di Roberto Maroni passato da "portavoce" del comitato provvisorio di liberazione della Padania, nel 1996. A ministro dell'Interno in carica del terzo Governo Berlusconi.

LA LETTERA DEL RECLUTATORE - IL RICORSO DEL GUP

L'indagine del procuratore Papalia contro tutto lo stato maggiore della Lega Nord aveva per oggetto la secessione ("la loro intenzione di disciogliere l'unità dello stato"), e le ronde padane (la Guardia nazionale padana e le "camicie verdi, aventi all'evidenza caratteristiche paramilitari"). E' tutt'ora pendente
presso il gip veronese in attesa che la Consulta si pronunci su un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato (vedi allegato, ndr) per l'uso che la
procura veronese ha fatto delle intercettazioni telefoniche di alcuni parlamentari leghisti. In questa inchiesta sulla "costituzione, il 14 settembre del '97, a Venezia, di un governo della Padania" (da allora mai disciolto) il cui presidente del consiglio risultava Maroni, sono attualmente ancora indagati tre ministri leghisti del governo Berlusconi: lo stesso Maroni, il
ministro per le Riforme e leader leghista Umberto Bossi, e il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli.

Da quei documenti giudiziari che portano il timbro della procura di Verona, emergono dal passato dettagli e particolari che acquistano oggi nuovi significati soprattutto se riletti alla luce del dibattito di in corso sul ddl sicurezza. E sulla determinazione della Lega Nord a porre oggi la fiducia sul pacchetto di norme fra cui spicca, non a caso, la regolarizzazione su tutto il
territorio nazionale delle ronde.

Le carte della procura di Verona testimoniano che Maroni, tredici anni fa, era il "portavoce" del "Comitato di liberazione della Padania" il cui statuto prevedeva "la non collaborazione, la resistenza fiscale e la disobbedienza civile" come "forma di lotta democratica per garantire il diritto di autodeterminazione dei
popoli". E che si avvaleva delle "camicie verdi" per garantire il "servizio d'ordine organizzato nell'ambito dei territorio della Padania".

Oggi Maroni è il ministro dell'Interno della "tolleranza zero" che - contro il parere di tutti i sindacati dei poliziotti che lo accusano, come dice Enzo Letiza del'Anfp, di "togliere il monopolio dell'ordine pubblico alla Polizia e di stornare fondi dalle forze dell'ordine ai volontari della sicurezza" - vuole legittimare tutte le ronde d'Italia. Comprese forse anche quelle di cui nel '96 era reclutatore e responsabile: la "Federazione della Guardia nazionale padana" e le "camicie verdi" (tutt'ora esistenti e operanti nelle realtà del Nord nell'ambito della Protezione civile, seppure con la faccia più presentabile di onlus).

Secondo l'atto costitutivo in origine di questa Federazione - presente fra le migliaia di carte processuali - sottoscritto da Maroni, Gnutti e Bossi, uno degli scopi della Gnp era "proporre l'esercizio del tiro a segno come momento di pacifico riferimento
storico, come attività sportiva, di svago e motivo di aggregazione sociale". Non a caso, nei moduli di iscrizione alla Gnp era prevista la domanda sul possesso di porto d'armi da parte dell'aspirante. Tiro a segno e porto d'armi, tuttavia, non si spiegano di fronte al dettato dell'art. 2 comma "d" che mette tra i princìpi ispiratori delle Guardie padane: "... il rifiuto di ogni attività che implichi anche indirettamente il ricorso all'uso delle armi o della violenza".

In sostanza, il Maroni ministro dell'Interno potrebbe legittimare, oggi - fra le tante ronde sparse un po' ovunque per il Paese - anche l'ex servizio d'ordine del governo provvisorio della Padania di cui era membro e portavoce, oggi onlus.

Che fosse proprio lui il reclutatore della Gnp, del resto, emerge con inoppugnabile chiarezza da una pagina spuntata dai trenta faldoni stipati nell'ufficio del gip di Verona.

Si tratta di una lettera del 7 ottobre del '96, firmata a mano "affettuosi saluti padani, Roberto Maroni", nella quale l'attuale ministro dell'Interno annunciava che per la costituzione della Gnp erano arrivate talmente tante domande, "che il governo Provvisorio della Repubblica Padana ha proceduto nel giro di pochi giorni alla costituzione di 19 Compagnie provinciali".

"Per consentire tale reclutamento - si legge ancora in quella lettera di Maroni - il Governo padano ha approvato una campagna di reclutamento di volontari in tutte le provincie". "Attenzione - ammoniva poi - La
domanda di adesione alla Gnp deve essere trasmessa al goverrno via fax e nessuna scheda dovrà essere conservata all'interno della sezione della Lega Nord. La Gnp riveste carattere strategico per il futuro della Padania". Che cosa fosse in realtà quel carattere strategico della Gnp lo chiarirà, il 22 settembre del '96, Irene Pivetti, ex presidente della Camera leghista, al procuratore Papalia che la interrogò come teste.

"Bossi mi spiegò - verbalizzò la Pivetti - cosa significasse per lui la Guardia nazionale Padana: "quando un popolo si sveglia, mi disse, ha bisogno del suo esercito". La regolarizzazione delle ronde che la Lega farà passare ponendo oggi la fiducia alla Camera è questione antica. Ci aveva già provato nel '96 con la
Repubblica Padana. In un documento acquisito il 13 gennaio del '98 dalla Questura di Pavia c'è infatti una "proposta di legge d'iniziativa del governo della Padania" rivolta al suo Parlamento. E intitolata "norme per la costituzione della Guardia nazionale Padana e per il riconoscimento delle associazioni volontarie di prevenzione e controllo della sicurezza dei cittadini
e del territorio denominato Guardia nazionale Padana".

Ciò che a Maroni non riuscì nel '97 quando era portavoce del Governo Provvisorio della Repubblica Padana, gli potrebbe riuscire in questi giorni, dieci anni dopo, come ministro dell'Interno della Repubblica italiana.

di Alberto Custodero fonte "La Repubblica"

beatrice borromeo censurata all'era glaciale della bignardi (rai 2)

11 mag 2009

masse di criminaloidi

"Che cos'è che ha trasformato i proletari e i sottoproletari italiani, sostanzialmente in piccolo borghesi, divorati, per di più, dall'ansia economica di esserlo? Che cos'è che ha trasformato le masse dei giovani in masse di criminaloidi? L'ho detto e ripetuto ormai decine di volte: una seconda rivoluzione industriale che in realtà in Italia è la prima: il consumismo ha distrutto cinicamente un mondo reale trasformandolo in una totale irrealtà, dove non c'è più scelta possibile tra male e bene. Donde l'ambiguità che caratterizza i criminali: e la loro ferocia, prodotta dall'assoluta mancanza di ogni tradizionale conflitto interiore. Non c'è stata in loro scelta tra male e bene: ma una scelta tuttavia c'è stata: la scelta dell'impietrimento, della mancanza di ogni pietà... Quali sono le mie due modeste proposte per eliminare la criminalità? Sono due proposte swiftiane, come la loro definizione umoristica non si cura minimamente di nascondere.1) Abolire immediatamente la scuola media d'obbligo.2) Abolire immediatamente la televisione.Quanto agli insegnenti e agli impiegati della televisione possono anche non essere mangiati, come suggerirebbe Swift: ma semplicemente possono essere messi sotto cassa integrazione".Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane, 1976, da articoli apparsi nel 1975.

8 mag 2009

DECRETO "ABRACADABRA"


ROMA - È stato ribattezzato "decreto abracadabra" per le innumerevoli devianze creative con le quali accompagna il processo di ricostruzione dell' Aquila. La luna di miele tra gli abruzzesi e Silvio Berlusconi ha subìto una prima e significativa increspatura. La lettura approfondita del decreto legge, e la verifica che i soldi all' Abruzzo in gran parte (4,7 miliardi di euro) saranno racimolati dall' indizione di nuove lotterie, dagli interventi sul lotto, e dai sempreverdi provvedimenti anti-evasione, soldi veri niente, e che in più le risorse saranno spalmate su un periodo lunghissimo (da oggi al 2033) hanno creato fremiti di rabbia prima isolati e poi sempre più partecipati. Il tam tam («Berlusconi ci inganna!») è iniziato sui blog. Prima Facebook e poi i partiti. Prima i conclavi nelle tende poi le riunioni istituzionali. Una giovane donna, Rosella Graziani, che sa far di conto, ha messo a frutto tutto il tempo ritrovato e fino alla settimana scorsa inutilizzato per radiografare il decreto legge e poi bollarlo in una lettera pubblica: «Mai nella storia dei terremoti italiani avevamo assistito a una ingiustizia tanto grande. Un cumulo di menzogne ha ricoperto L' Aquila più di quanto non abbiano fatto le macerie». Quali le menzogne e dove l' inganno?I soldi veri, il cash disponibile che Tremonti rende immediatamente spendibile, si aggira sul miliardo di euro. Tolte le spese per l' emergenza, restano 700 milioni di euro destinati alla costruzione delle casette temporanee. E qui il primo punto: 400 milioni saranno spesi per edificarle nel 2009 e 300 milioni nel 2010. Se ne potrebbe dedurre che la totalità delle case provvisorie sarebbero,è bene riusare il condizionale, realizzate totalmente entro l' anno prossimo. Dunque qualcuno avrà un tetto a settembre, qualcuno a ottobre, qualche altro a gennaio, o nella prossima primavera. È così? È il dubbio che affligge. Secondo punto: le casette sono sì temporanee ma il decreto le definisce "a durevole utilizzazione". Durevole. Moduli abitativi condominiali, magari lindi e comodi,a dueo tre piani. In legno. E le case in pietra? Qui la seconda questione campale: sembra, a scorrere gli allegati al decreto, che Berlusconi non possa concedere più di 150 mila euro per la ricostruzione dell' abitazione principale. E per di più questi soldi sarebbero veri fino a un certo punto, perciò la definizione di "decreto abracadabra". Cinquantamila euro li concederebbe - cash - il governo, 50 mila li tramuterebbe in credito d' imposta (anticipato dalla famiglia terremotata e ammortizzato in un arco temporale di 22 anni). Altri cinquantamila sarebbero coperti con un mutuoa tasso agevolato ma sempre a carico del destinatario del contributo. Non si sa bene ancora se sarà così strutturato il fondo. Le norme del decreto subiranno fino a giovedì emendamenti e correzioni. Quel che comunque sembra chiaro è che la somma ipotizzata (150 mila euro) sarà sufficiente per una casa popolare e di nuova costruzione, ma è sottodimensionata per lavori di recupero e restauro conservativo. Nel centro storico dell' Aquila ci sono 800 edifici pubblici e 320 edifici privati, sottoposti a vincoli per il loro pregio. Ai dubbi che già gonfiano i primi timori si aggiunge poi l' offesa istituzionale subita dagli enti locali. Il governo, pur avendo appena licenziato la costituzionale a vocazione federalista, ha accentrato ogni potere di spesa. Penserà a tutto, come al solito, Bertolaso... -

di ANTONELLO CAPORALE
fonte la Repubblica

UN MILITARE PER OGNI BELLA RAGAZZA

Il parlamento afgano ha varato una legge, non ancora pubblicata ma già firmata da Karzai il mese scorso, che introduce nella legislazione afgana alcuni provvedimenti che nemmeno i talebani avevano introdotto per legge anche se di fatto “operativi”. Secondo questa legge alle donne afgane è fatto divieto assoluto di uscire di casa, andare a scuola o farsi visitare da un medico senza il consenso del marito o del padre. Divieto assoluto di rifiutarsi di avere rapporti sessuali con il consorte, norma questa che introduce di fatto lo “stupro domestico”. Non c'è che dire, proprio una bella democrazia. Ma non è finita. La legge garantisce la custodia esclusiva degli eventuali figli ai mariti o, in alternativa, ai nonni maschi.




Iraq: il soldato Green alla sbarra per stupro e omicidio famiglia
E' lui la mente selvaggia dell'aggressione, rischia pena di morte
Fonte: © APCOM.net - Pubblicata il 06/04/2009

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CHICAGO - Rischia la pena di morte Steven Green, ex militare americano in Iraq, accusato di essere stato il regista del massacro di una famiglia e lo stupro di una ragazzina di 14 anni. L'ex soldato, congedato dall'esercito per «turbe della personalità» prima che si scoprisse la strage, sarà giudicato a partire da oggi dalla corte del Kentucky (centro-est degli Stati Uniti). Pesano su di lui le accuse di essere l'ideatore dell'orribile spedizione, avvenuta nella notte del 12 marzo 2006 in compagnia di altri quattro soldati, e l'esecutore materiale dello sterminio della famiglia irachena. Gli altri soldati sono già stati condannati davanti a una Corte marziale, dove sono stati ascoltati gli inquietanti dettagli relativi ai fatti. Prima del brutale piano, i cinque uomini si sarebbero «caricati» bevendo whisky e giocando a carte a un posto di controllo a Mahmudiyah, 30 chilometri a sud della capitale Baghdad.


Iraq: il soldato Green alla sbarra per stupro e omicidio famiglia
http://www.diariodelweb.it/Articolo/Mondo/?d=20090406&id=78453

Il soldato Green a un certo punto avrebbe detto ai suoi commilitoni di «voler andare in una casa e uccidere degli iracheni», ha rivelato uno dei soldati sotto processo, James Barker, condannato all'ergastolo. I militari hanno poi indossato vestiti neri e maschere, per farsi passare da insorti, e si sono diretti nella casa della ragazzina, Abeer Kassem Hamza al Janabi, che avevano notato al mercato del villaggio.



Pensavano che sarebbe stato facile «avere rapporti sessuali con una donna irachena», dato che il padre era l'unico uomo a casa assieme alla madre e a una bimba piccola di sei anni, secondo il sergente Paul Cortez, anche lui condannato alla prigione a vita. Cortez ha stuprato la 14enne, mentre Barker la teneva ferma. I due poi si sono cambiati di ruolo. Contemporaneamente sono stati uditi quattro o cinque colpi di arma da fuoco provenienti dalla camera nella quale Green aveva condotto il padre, la madre e la sorellina di sei anni, ha raccontato Cortez. Dopo aver abusato a sua volta della ragazzina, Green l'ha uccisa. Infine i soldati hanno incendiato la casa con il cherosene, per occultare ogni traccia, e sono tornati al loro posto di controllo, che distava circa 200 metri dall'abitazione, e si sono «rinfocillati» con alette di pollo.



Il quadruplo omicidio, inizialmente attribuito alle milizie irachene, ha sollevato indignazione in Iraq e negli Stati Uniti, soprattutto quando, tre mesi dopo, si è venuta a sapere la verità, grazie a un incidente nel quale due soldati sono stati rapiti e uccisi. «Sarà una vicenda difficile da difendere», ha ammesso Darren Wolff, uno degli avvocati d'ufficio di Green. L'imputato dovrà rispondere di 17 capi d'accusa, tra cui stupro, omicidio e di aver ostacolato il corso della giustzia.
Al momento del suo arresto da parte dell'Fbi nell'abitazione della nonna in Carolina Del Nord, ha dichiarato: «Pensate che sia io il mostro», ma sono «George Bush e Dick Cheney che dovrebbero essere arrestati». I legali non sono riusciti a rinviare il caso davanti a un tribunale militare, che, secondo loro, avrebbe potuto tenere conto della situazione in Iraq. Hanno anche rinunciato a far valere l'incapacità mentale del loro cliente.



Anche il soldato Jesse Spilman è stato condannato all'ergastolo per il suo coinvolgimento nella selvaggia aggressione. Il quinto e ultimo complice Bryan Howard, che ha fatto da palo, dovrà scontare due anni e tre mesi di prigione per aver ostacolato il corso della giustizia.
lunedì 6 aprile 2009



- La tortura da parte delle truppe americane e dei mercenari ("appaltatori militari") è un'estensione del costante disprezzo per la vita umana in Iraq, per come viene espresso nell'uranio impoverito e anni di sanzioni che, come tutti sappiamo, hanno insieme ucciso e storpiato - specialmente bambini.






Recentemente i movimenti cristiani degli Stati Uniti si sono opposti alla ratifica da parte degli USA della Convenzione delle Nazioni Uniti per l'eliminazione di ogni forma di violenza contro le donne (CEDAW) dichiarando che i dettami della convenzione "compromettono la sovranità nazionale, la riservatezza familiare ed esprimono posizioni femministe radicali". A seguito dell'intervento militare statunitense in Iraq, la popolazione femminile deve ancora affrontare condizioni di povertà, emarginazione e violenza diffusa oltre che dubbi e paure da parte dell'establishment iracheno di abolire il diritto di famiglia islamico che non riconosce alla donna parità di diritti rispetto agli uomini. La relazione diretta tra discriminazione sessuale e povertà è stata riscontrata in ogni paese e ad ogni livello sociale e culturale: le donne povere, spesso picchiate e stuprate dai propri partner, parenti e amici o vittime di tratta internazionale vedono continuamente negati i diritti di assistenza sanitaria e di cure mediche o l'accesso ai centri di assistenza volti a fornire possibilità di reinserimento della vittima nella comunità a cui appartiene o nel mondo del lavoro. Si calcola che, in media, una donna stuprata che spesso non ha possibilità di accedere a tali cure, perde circa il 20% delle ore lavorative totali in un anno, fatto che implica gravi ripercussioni sulla crescita interna del PIL del paese in cui vive.




Nelle zone di conflitto le donne vengono costantemente stuprate dalle forze armate o dalle forze di polizia che dovrebbero vegliare sulla loro incolumità. Le donne che entrano a far parte dei contingenti armati di qualsiasi stato sono ridotte in schiavitù sessuale o obbligate a provvedere alle necessità e ai bisogni dei loro commilitoni maschi, relegate nelle caserme e vittime di abusi continui. Alcuni militari e funzionari delle forze di pace della NATO e delle forze di monitoraggio delle Nazioni Unite stanziate in Kosovo hanno partecipato attivamente alla tratta di donne provenienti dalla Bosnia-Erzegovina in qualità di trafficanti, clienti e acquirenti delle stesse. Nonostante che l'esercizio della violenza sessuale e il trattamento inumano e degradante nei confronti delle donne da parte delle forze militari e civili sia un fatto risaputo, poco è stato fatto dalle Istituzioni e dalle Autorità per prevenire questi atteggiamenti, tutelare le vittime dagli abusi e assicurare gli aggressori alla giustizia.


Violenza di casa mia
di Ilaria Maccaroni
























ascolta l'audio della telefonata















la raccomandazione di cui Berlusconi chiedeva non andò in porto in un primo tempo perchè la signorina di cui si caldeggiavano i servizi sembrava largamente impreparata per il ruolo di attrice. al suo posto, era stata scelta un'altra signorina, più brava a recitare.



Tuttavia, dopo qualche tempo, SACCA' chiamo trionfante il PRESIDENTE e disse che la sua FAVORITA era stata al fine preferita a "quella brava". La FAVORITA DEL PRESIDENTE, si sente nelle intercettazioni, era stata esclusa per la fiction ("incantesimo") perchè TROPPO STRAPPONA, valida per un modello di bellezza troppo proletario, da "uomini o donne". Mentre era stata preferita una signorina con certe competenze recitative, dal look sofisticato e più appetibile per una fascia di popolazione con un modello di bellezza femminile più "sofisticato".


Ma, dopo le "dilanianti" contrattazioni di Saccà, giustizia è finalmente fatta: La Strappona prende il posto della Sofisticata. Pecca della Sofisticata, a quanto pare, è il "Naso troppo moderno".



Il solerte Corriere della Sera non si lascia scappare la ghiotta occasione di offrire a Saccà il diritto di rettifica rispetto alla sua stessa voce intercettata.



ROMA - Pronto, Agostino Saccà? «Ha sbagliato numero». Lo so che è lei. «Tanto non parlo». Spieghi almeno perché va scartata una che ha il naso troppo moderno. «Macché naso, intendevo la faccia. Parlavo dell' aspetto complessivo. C' erano due ruoli liberi. Uno da psicologa e uno da infermiera: per questo qui andava meglio la Ferranti che ha una faccia popolare, più da soap». Oddio, veramente nelle intercettazioni il suo interlocutore Marco Da Lio dice che non era pessima a recitare, solo che alla resa era un po' troppo strappona. «Un termine brutto, volgare, io non l' avrei usato... non si dice...» Lui l' ha fatto. «Voleva dire popolare». L' altra ragazza, Sara Zanier, le sembrava troppo elegante per uno sceneggiato. «Ma sì, è così. Era più sofisticata». Ed è un difetto? «Per quel personaggio sì. Comunque erano piaciute tutte e due. Giudicate idonee per la parte di Maya l' infermiera». Ma alla fine ha deciso lei. La vittoria è andata alla Ferranti. Una delle ragazze che sarebbero state segnalate da Berlusconi. «Dicevano che la Zanier era più brava. E volevano farle il contratto "in fretta in fretta, prima che il direttore torni da Cannes"». Ovvero Saccà. «Io». Ma, come ha ribadito anche nella telefonata registrata, l' ultima parola spettava a lei. «Infatti. E comunque entrambe hanno avuto un ruolo». La Zanier ha una particina, quando l' ha saputo si è messa a piangere». Sì, quella della Ferranti è un pochettino più importante. Però tutti quelli che mi criticavano, alla fine mi hanno dato ragione. Compreso Da Lio». Sì? «Camilla funziona, è brava, ora se ne accorgono. E Incantesimo è ripartito alla grande, col 18% di share contro il 13 di media dell' anno passato. Ma c' è una frase alla fine di questa intercettazione che non è stata riportata. Forse perché non faceva comodo». Quale? «Quando io dico: «Guarda che se non è giusta, la Ferranti non la prendiamo nemmeno se me lo chiede il Padreterno. E rifletta anche sulle altre che avrei raccomandato». Elena Russo, Antonella Troise, Evelina Manna. «Non ha lavorato nessuna. Perché evidentemente non andavano bene. Non avrei potuto avere i successi che ho avuto con RaiFiction se avessi abbassato la guardia sulla qualità. Nella scorsa stagione abbiamo battuto Mediaset 45 a 5. Adesso siamo già 16 a 4. E pensi che i costi della fiction per la Rai nell' ultimo anno sono cresciuti meno dell' inflazione. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza rigore editoriale da parte mia». Hanno chiesto il suo rinvio a giudizio. «Quando tutto questo fumo che è stato alzato si abbasserà, le cose si vedranno bene. La saluto».
Cavalli Giovanna
Pagina 15(11 gennaio 2008) - Corriere della Sera




A PROPOSITO DELLA


SESSUALITà DELL'ITALIANO MEDIO


In questi ultimi anni si sono moltiplicati gli stranieri dediti alla
prostituzione di strada. I viados brasiliani (e anche gli italiani che li
imitano, spacciandosi per sudamericani) l'esercitano principalmente in viale
Abruzzi, di notte; le slave e le sudamericane battono i marciapiedi di corso
Buenos Aires e delle vie vicine, sin dal primo mattino, assieme alle
tossicodipendenti italiane; le marocchine, che servono soprattutto i loro
connazionali e gli altri magrebini, operano dalle parti di via Benedetto
Marcello, assieme alle prostitute italiane più anziane e meno appetibili; i
tunisini attendono gli omosessuali sui bastioni di porta Venezia, la sera; le
africane, assieme alle slave e alle sudamericane, agiscono dal tardo mattina
nell'area di piazza Aspromonte, diventata, come ha scritto uno dei comitati di
zona, un "luna park del sesso" a cielo aperto, per la particolare concentrazione
di alberghi e pensioni compiacenti, tollerati (non si sa perchè) dalle forze di
polizia, anche se senza licenza o con licenza irregolare. [...] Frequenti sono
anche le minacce ai pochi abitanti della zona che osano protestare contro questa
vergogna che avvilisce il quartiere, così come le liti e le risse anche cruente
tra individui coinvolti nelle varie attività legali.[...]QUesta situazione ha
spinto una parte consistente della popolazione a richiedere un maggior controllo
de parte delle forze dell'ordine, ma con scarso esito [...]. I responsabili
dell'ordine pubblico, che tendono a sottovalutare la criminalità e i suoi
effetti distruttivi sul territorio affermano infatti, apertamente, di aver ben
altre scale di priorità (anche se non precisano quali).
U. Melotti, Criminalità e conflittualità. Il disagio urbano



Ciò che è esemplare in questo testo non è tanto il consueto tono allarmistico, la rituale polemica contro il disinteresse delle forze dell'ordine (e neppure la deliziosa allusione all'"avvenenza" delle anziane prostitute), ma l'assenza dei clienti italiani (vengono citati, a parte gli "omosessuali", solo i "magrebini", come se la domanda di prostituzione riguardasse esclusivamente gli stranieri). Il senso comune dei comitati non vede quella cospicua parte della propria cittadinanza che compra ciò che "viados", "africane" e "slave" vendono. Per spiegare questa rimozione, più che riprendere le analisi di Freud sull'ambivalenza degli uomini verso le prostitute, è necessario ricorrere alla testimonianza di un conoscitore empirico del fenomeno.









Il maschio medio italiano, in una percentuale che mi sembra realistico
stimare attorno al 60%, tende a frequentare con insistenza questa nuova
prostituzione straniera. Ho parlato di quali sono le molle scatenanti: il
dominio e l'inferiorizzazione. Nei racconti che raccolgo prevale un desiderio e
un diritto a praticare violenza senza che questa venga neppure in qualche modo
contrattata. Non ci troviamo pertanto di fronte a degli amanti particolari del
genere "sado-maso", non ci troviamo di fronte a delle richieste "tecniche", ci
troviamo di fronte a un sentirsi padroni completi e totali di un altro corpo, un
corpo da poter utilizzare e martirizzare perchè per sua "natura"
sottomesso.
Quello che intendo dire è che le pratiche di violenza fisica - pugni,
schiaffi, incatenamenti, utilizzo di coltelli o fruste improvvisate sono
estremamente frequenti - così come sono estremamente frequenti le costrizioni a
rapporti orali senza preservativo. Non trascurabile come pratica è quella dello
stupro di gruppo. Si tratta di una pratica ormai molto consolidata. Solitamente
si carica già in gruppo una giovane albanese e dopo averle promesso un permesso
extra, premio che non viene quasi mai corrisposto, la si trascina in una zona
molto appartata della città o in una abitazione privata, usandola per il tempo
che si ritiene opportuno. Dentro questo utilizzo non vi è quasi limite, nel
senso che, per esempio, le bruciature dei seni con la cenere delle sigarette
fanno parte di una pratica consolidata. Quello che sembra emergere dai racconti
delle giovani albanesi o delle nere è il forte senso di "diritto" che sembra
animare il maschio italiano; quello che sembra renderlo particolarmente felice è l'aver trovato finalmente un corpo il cui destino "naturale" è quello di essere sottomesso
.




Nei loro racconti quello che mi sembra esca fuori è la loro non
esistenza, sia che il rapporto avvenga singolarmente o in gruppo, è una sorta di
"competizione" con se stesso e con gli altri, e il corpo della prostituta viene
utilizzato come puro strumento "tecnico".
L. Tarantini, "Migrazioni femminili e devianza: una ricerca sulla
prostituzione nigeriana nella città di Genova"




Queste osservazioni sono confermate sia dalle giovani donne straniere che accettano di essere intervistate, sia dalle testimonianze dei volontari e dei funzionari di polizia. Alle note e consuete pratiche di aggressione delle prostitute (il "furto della borsetta", un tipico rischio professionale) si aggiunge la violenza come pratica comune nei rapporti sessuali con le donne più indifese, giovani o marginali. La normalità di questa violenza appare da un episodio "qualsiasi" a cui ho assistito casualmente:






Genova, quartiere della Foce [zona in cui è consueta la prostituzione delle
straniere, soprattutto nigeriane e albanesi], un sabato di settembre, mezzanotte
circa. Sono seduto al tavolino di un bar all'aperto. Un fuoristrada accosta
bruscamente a una donna nera sul marciapiede. Due uomini di mezza età scendono
di corsa e afferrano la donna gridando: " Vieni con noi". Altri due restano in
macchina. La donna si divincola. Un uomo seduto vicino a me, a una decina di
metri dalla scena, osserva: "devono essere poliziotti" (in realtà hanno l'aria
di reduci da una cena). I due uomini scesi dal fuoristrada gridano: "Fagli un
pompino!", e spingono con forza all'interno del veicolo la testa della donna,
che scalcia. Poco dopo la donna viene buttata fuori e cade per terra. Il
fuoristrada riparte sgommando.




La condizione delle prostitute straniere è sicuramente terribile. Alla violenza intrinseca nel rapporto con i clienti si aggiunge quella subita normalmente da "fidanzati" e sfruttatori. La stampa riporta quotidianamente punizioni inflitte, per ragioni futili, a giovani donne, spesso prive di permesso di soggiorno e quindi doppiamente ricattabili. Ma anche in questo caso la percezione della violenza è esclusivamente a senso unico, e non solo perchè si tratta di un fenomeno confinato ai lati oscuri e notturni della vita quotidiana e soprattutto alla marginalità dell'immigrazione. L'esistenza di queste donne è chiamata per lo più in causa solo quando provoca fastidio alla cittadinanza. Analogamente, lo sfruttamento della prostituzione viene inevitabilmente associato all'attività di "bande" criminali che lottano per la spartizione del territorio. Se si escludono iniziative spettacolari [anche di carattere legislativo, come il recente provvedimento Carfagna. ndr] per "ripulire le città", la realtà della domanda di prostituzione straniera viene normalmente ignorata dai media, dagli imprenditori morali e da gfren parte degli osservatori dei fenomeni sociali.




La rimozione della violenza subita dalle donne straniere, in cui si manifesta la "microscopia morale" dei cittadini, cela qualcosa di sinistro. Hannah Arendt ha notato, sulla scorta di Peguy, come sia proprio il "Padre di famiglia", il piccolo borghese o cittadino ossessionato dalla sicurezza, il soggetto più disponibile a "sacrificare le proprie credenze, il proprio onore e la propria dignità umana" per seguire ciecamente gli avventurieri politici sulla strada della demagogia. I "cittadini" contemporanei, ovviamente, non pretendono nemmeno questa sinistra grandezza. Essi tendo piuttosto ad accanirsi contro i marginali e in generale contro quelle figure che sintetizzano, con la loro presenza vistosa, l'erotismo esplicito, l'offerta sessuale palese, la promiscuità, l'esotismo - ciò che il senso comune aborrisce a parole, ma da cui è irresistiblimente attratto. Come nota Susan Bordo, il corpo femminile è l'oggetto di un vero e proprio double bind da parte dei maschi. Allo stesso modo in cui il senso comune giudiziario esige che la donna violentata dimostri di essere innocente, di non aver provocato in alcun modo, diretto o indiretto, il suo violentatore, così il corpo della prostituta viene letto dal senso comune come l'oggetto che attrae e che al tempo stesso è possibile offendere e umiliare.






Da: Alessandro Dal Lago, "Non persone", ed. Feltrinelli.




DICHIARAZIONI DI CONCITA DE GREGORIO A "BALLARO'" DEL 6 MAGGIO 2009




La cosa che più è preoccupante a mio giudizio è "ho detto alle persone che gli stanno vicino di aver cura di lui, del suo comportamento, come si fa con uno che sta male." Voglio riprendere il ragionamento molto interessante sul rapporto tra pubblico e privato. Berlusconi è un uomo pubblico che ha fondato il suo successo sull'esibizione di sè come superuomo nel pubblico e nel privato. Nella prima fase nel pubblico, perchè ha detto: "io sono uno che ha fondato un impero e come ho saputo gestire le mie aziende saprò gesitre il paese". Quindi come uomo pubblico: imprenditore\uomo pubblico. Nella seconda fase, ma anche nella terza parte della sua vita, superata una soglia abbastanza avanzata di età - e questo è un tema che noi non dobbiamo tenere lateralmente perchè questo problema dell'età diventa un'ossessione a un certo punto; come a molti uomi capita, il "superomismo", il "superpotere" si è anche trasferito in un'ossessione per la salute, per la forma fisica [...]Essere gradevoli come forma di rispetto per gli altri, si ricorda, l'"elisir di lunga vita" [quello creato dal dottor Scapagnini, ex sindaco di Catania], l'"età percepita" [...]





Quindi il circordarsi di ragazze - le abbiamo viste le fotografie, da tanti anni; ci sono molte ragazze che frequentano le case - non è un segreto, perchè poi le case sono luoghi semi pubblici, c'è un fuori e c'è un dentro, si vedono entrare e si vedono uscire.




Berlusconi va da Bruno Vespa [senza contraddittorio in tempi di par condicio, ndr] a parlare del suo divorzio, come può dire che sia un fatto privato?





a ciascuno è offerto un ambito nel quale sottomettere un oggetto, renderlo il foglio bianco su cui può produrre segni il proprio infondato desiderio, finalmente riconoscersi in un oggetto posseduto, dato che da sè non ha alcuna possibilità di comprendersi. Berlusconi è una sorta di "autobiografia biopolitica della nazione", ciascuno desidera il suo modello di desiderio, a ciascuno sono disponibili delle situazioni per ricreare le medesime condizioni di "trasparenza a se stesso", attraverso il possesso di un oggetto.





"Quando vita e politica, divisi in origine e articolati tra loro attraverso la terra di nessuno dello stato di eccezione, in cui abita la nuda vita, tendono a identificarsi, allora tutta la vita diventa sacra e tutta la politica diventa eccezione"


l’oltrecomatoso o néomort. Attraverso l’analisi di alcune pubblicazioni scientifiche relative al problema dell’oltrecoma e della ridefinizione del criterio di morte grazie alle nuove tecnologie di trapianto (dalla morte somatica “tradizionale” alla morte cerebrale), possiamo osservare che “oggi vita e morte non sono propriamente concetti scientifici, ma concetti politici, che, in quanto tali, acquistano un significato preciso solo attraverso una decisione”




l’intreccio tra politica, diritto e medicina sia diventato ormai un fenomeno generalizzato (e quindi non riguarda solo uno tra i capitoli più infami della biopolitica nazista). Si sta giocando ai nostri giorni una partita importante, la cui posta in gioco è eminentemente politica: la ridefinizione del criterio di morte è una delle questioni biopolitiche più significative e importanti nel contesto delle strategie del biopotere (assumere il criterio della morte cerebrale permette infatti di poter disporre legalmente di un corpo biologicamente ancora vivo: l’oltrecomatoso è una “nuda vita”, un “faux vivant” inerme sul quale le biotecnologie possono esercitare il loro potere). “La camera di rianimazione dove fluttuano tra la vita e la morte il neomort, l’oltrecomatoso e il faux vivant delimita uno spazio di eccezione in cui appare allo stato puro una nuda vita per la prima volta integralmente controllata dall’uomo e della sua tecnologia” (HS 183-84). Non stupisce perciò che ci sia addirittura chi invoca l’intervento dello stato sul falso vivo, affermando che “gli organismi appartengono al potere pubblico”.




“Solo perché la vita biologica coi suoi bisogni era ovunque diventata il fatto politicamente decisivo, è possibile comprendere la rapidità, altrimenti inspiegabile, con cui le democrazie parlamentari hanno potuto rovesciarsi in stati totalitari e gli stati totalitari convertirsi quasi senza soluzione di continuità in democrazie parlamentari



"in entrambi i casi, questi rovesciamenti si producevano in un contesto in cui la politica si era già da tempo trasformata in biopolitica e in cui la posta in gioco consisteva ormai soltanto nel determinare quale forma di organizzazione risultasse più efficace per assicurare la cura, il controllo e il godimento della nuda vita.



Le distinzioni politiche tradizionali (come quelle tra destra e sinistra, liberalismo e totalitarismo, privato e pubblico) perdono la loro chiarezza e la loro intellegibilità ed entrano in una zona di indeterminazione una volta che il loro referente dominante sia diventato la nuda vita."




Giorgio Agamben, "Homo Sacer. Il potere sovrano e la nuda vita" ed. Einaudi







L'insediamento del dominio spettacolare è una trasformazione sociale così profonda da aver cambiato radicalmente l'arte di governare. Questa semplificazione, che ha dato così in fretta simili frutti nella pratica, non è stata ancora pienamente compresa teoricamente. Vecchi pregiudizi smentiti dappertutto, precauzioni diventate inutili e perfino tracce di scrupoli di altri tempi sono ancora d'ostacolo nel pensiero di numerosi governanti a tale comrensione, che la pratica generale dimostra e conferma ogni giorno. Non solo si fa credere agli assoggettati che si trovano ancora in larga misura in un mondo che è stato fatto sparire, ma a volte i governi stessi soffrono per certi versi della stessa incongruenza. Capita loro di pensare a una parte di ciò che hanno soppresso come se fosse rimasta reale e dovesse perciò restare presente nei loro calcoli. Questo ritardo non si proptrarrà molto. Chi ha potuto far tanto senza fatica andrà necessariamente oltre.








Guy Debord, "Commentari alla società dello spettacolo", 1988