19 dic 2009

in carcere

COMMENTO | di Marco Bascetta
TARTAGLIA TRA L'INCUDINE E IL MARTELLO
Qualche parola, credo, dovrebbe essere spesa sulla sorte di Massimo Tartaglia, non certo per conferire un senso o una giustificazione a un gesto che non ne ha né può averne, ma per evitare almeno che una persona qualunque, malata, vittima delle sue ossessioni, finisca stritolata in un gioco che la sovrasta e la utilizza. Che sia quello dello scontro tra poteri costituiti, tra contrapposte demagogie o tra schieramenti politici. Temo che proprio questo stia accadendo e che la magistratura sia stata sospinta ad agire non sulla base di un'equa considerazione dei fatti, ma con grande attenzione allo scontro in atto con il premier e larga parte del suo schieramento politico.
Non è difficile immaginare i titoli di Libero, del Giornale, della Padania o gli strepiti di Cicchitto, Bondi e Fede, se il giudice per le indagini preliminari Cristina di Censo avesse accolto la richiesta dei difensori di Tartaglia di trasferire l'aggressore di Berlusconi in una struttura protetta, prima in un ospedale psichiatrico, poi in una comunità terapeutica. Meglio, dunque, attenersi alla richiesta del procuratore aggiunto Armando Spataro e lasciare in carcere Massimo Tartaglia. Con l'incredibile motivazione che esisterebbe un concreto rischio di reiterazione del reato (addirittura verso chiunque) nonché la possibilità che l'indagato tenti di inquinare le prove. Come questo possa avvenire tra le mura di un ospedale psichiatrico è a dir poco problematico. Senza contare il fatto che il riferimento a «eventuali prove» inquinabili allude alla possibilità di oscuri retroscena di cui, con tutta evidenza, non v'è traccia. Assai più probabile è dunque che «con l'aria che tira» a prescindere dallo stato di salute di Tartaglia, della sua e dell'altrui sicurezza, prudenza politica suggerisca di tenerlo in galera, almeno fino a quando si saranno calmate le acque.
Tutto ciò non scandalizza né i fieri avversari del «comunismo giudiziario», né gli apologeti di una magistratura salvifica e pura che dovrebbe tenerci al riparo dalle malefatte della politica. Corporazioni e poteri, compresi quelli giudiziari, sono assai poco inclini a mettere in secondo piano i propri interessi e il calcolo delle opportunità, condannando all'insignificanza la vita e la sofferenza di un singolo. Non è la prima volta che ne danno prova. E anche la stampa, pur costretta a difendersi dalla ridicola accusa di essere «mandante morale» dell'aggressione di piazza Duomo, dovrebbe prendere molto sul serio i legittimi timori dei familiari dell'aggressore.


ilmanifesto

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