8 lug 2009

IL G8 INIZIA


Dura molto poco l’avvio delle contestazioni al G8 di Roma. Il tempo di un inseguimento per le vie di Testaccio, storico quartiere di Roma. Obiettivo duecento attivisti, rei di fare un blocco stradale per dare il «benvenuto ai potenti della Terra» arrivati per il G8 dell’Aquila. Si volevano «riappropriare della città contro un vertice illegittimo», ma la condotta delle forze dell’ordine ha impedito qualsiasi mobilitazione. Studenti, attivisti della rete degli «indipendenti» (Acrobax e coordinamento lotta per la casa) e varie delegazioni di paesi europei partono verso le 10 in corteo dall’edificio dell’università Roma Tre occupato qualche giorno fa per denunciare la «carenza di agibilità politica nell’ateneo». Ad aprire lo striscione Smash G8 e alcune bandiere nere. Fanno trecento metri di corteo, arrivano alla metro Piramide e lì trovano un enorme dispiegamento di agenti. Neanche il tempo di organizzare un blocco stradale che i dirigenti di piazza (ben 3) intimano di sciogliere la manifestazione perché non autorizzata. Non c’è tempo per una trattativa. La guardia di finanza carica, gli attivisti indietreggiano. Per rallentare il cammino degli agenti lanciano qualche petardo e ribaltano qualche cassonetto per strada. Nulla più. L’inseguimento però continua e durante la fuga qualche no global viene fermato e trattenuto.
«Tra di noi c’erano tre infiltrati che hanno bloccato dei nostri compagni», denuncia qualcuno. Ritornati di corsa verso la facoltà occupata, lì fuori la polizia fa la carica più pesante. Vola qualche manganellata, gli attivisti si disperdono nei vicoli, alla spicciolata. E parte la caccia all’uomo, perfino nei bar e nei cortili dei palazzi del quartiere. La Digos perlustra anche l’università e lo stabile occupato, dove viene distrutto l’info-point allestito dai no global. Ce l’hanno con Acrobax, centro sociale molto attivo in città. «Vogliono fare i black bloc qui in Italia - dice un agente - non hanno capito che so’ cazzi loro». Alla fine saranno 36 i fermati (tra cui un polacco, un francese, due tedeschi, quattro svedesi e uno svizzero), 9 di questi verranno tramutati in arresti (quattro stranieri e cinque italiani) più una minorenne che, forse, verrà affidata ad una casa famiglia. Tra gli incarcerati alcuni attivisti di Acrobax, che vengono portati tra Regina Coeli e Rebibbia. Contro di loro il pm De Falco apre un fascicolo per resistenza a pubblico ufficiale, violenza e danneggiamento.
Contemporaneamente, sempre verso le 10, sulla tangenziale altri attivisti della rete no-G8 romana bloccano il traffico con un blitz: mettono transenne, tende e olio per strada. Per venti minuti il traffico sarà congestionato. All’università La Sapienza invece ben due cortei movimentano la mattinata. Tolti «gli arresti cautelari al rettorato», gli studenti inscenano una manifestazione invocando la scarcerazione dei 21 arrestati per il «teorema su Torino». In testa lo striscione «Liberi tutti», dietro qualche centinaio di persone. Sale subito la tensione: il contatto con gli agenti viene evitato solo perché due blindati della finanza per sbaglio si urtano, scatenando l’ilarità dei manifestanti. Gli studenti dell’Onda si rifugiano nell’ateneo e dopo una mediazione con le forze dell’ordine riescono a strappare un altro corteo per le mura esterna della Sapienza.
Nel frattempo la notizia dei rastrellamenti di Testaccio si diffonde. Alle 15, sempre alla Sapienza, si improvvisa una conferenza stampa, si attacca il governo, «mandante di questa stretta repressiva». Poi tutti a piazza Barberini per il sit-in autorizzato da giorni. Ma lo slargo è blindato. L’ambasciata non si vede neanche da lontano. Traffico sconvolto ad almeno un chilometro dalla rappresentanza diplomatica, e manifestanti costretti a sedersi soltanto davanti all’hotel Hilton, in compagnia di una foltissima schiera di finanzieri e poliziotti.
Ma il vero muro di agenti è dietro i blindati. «Provate a raggiungere l’ambasciata?», «quando mai, là dietro ci saranno almeno tremila poliziotti». Ma aldilà dello schieramento di divise, a fare impressione è un piccolissimo particolare che riporta alla mente vecchi e brutti ricordi: l’imbocco di via Veneto è bloccato da reti metalliche, «come a Genova», dice qualcuno. Paolo Divetta dei Blocchi metropolitani gli si para di fronte per urlare: «È una vergogna, mi rifiuto di manifestare in una piazza del genere, non siamo in uno stato di polizia». Più tardi al microfono ricorda Federico Aldrovandi e quel «po' di giustizia» ottenuta dalla famiglia con la sentenza che condanna a tre anni e sei mesi quattro agenti che hanno ucciso quattro anni fa il ragazzo ferrarese. Applausi e grida di «assassini».
In piazza ci saranno un migliaio di persone. A Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas, tocca l’analisi politica dell’arresto di 66 persone in due giorni, «cosa che non accadeva dagli anni ’70». Il suo ragionamento è questo: «Ho la sensazione che si stia preparando un nuovo compromesso storico sulla nostra pelle». Applausi. L’ipotesi è che Silvio Berlusconi sarà fatto fuori a breve per la nota vicenda del sexy-gate «e che quindi ci sia bisogno di un governo forte. E anche l’opposizione vuole dimostrare di saper bastonare il movimento».
Per Bernocchi il vero nemico da stanare è il Pd, che starebbe anche dietro a quelle organizzazioni che non sono d’accordo con la manifestazione nazionale organizzata all’Aquila dagli altermondialisti. Invece, dicono tutti, «all’Aquila ci saremo, ma per stare accanto ai terremotati e appoggiarli nelle loro lotte contro una finta ricostruzione». E non può finire così ingabbiati da un mini esercito che controlla a vista ogni spostamento. Viene concordato un percorso per un corteo che porti i manifestanti almeno fino a piazza della Repubblica. Accordato. La marcia è cadenzata da qualche slogan, dal «non mollare mai» al «tutti liberi» per i ragazzi arrestati.
A piazza della Repubblica qualcuno vorrebbe raggiungere la questura e rompere l’ordine della polizia. Dentro, ad aspettare di capire se saranno rilasciate o meno, ci sono ancora 26 persone fermate la mattina. Prevale l’opinione di chi pensa che la disparità numerica è troppo forte per rischiare, vista l’aria che tira. Ma non è finita. Un gruppetto si stacca e corre nella stazione Termini. Qualcuno si sdraia su un binario al grido di «tutti liberi». Arriva la polizia in tenuta antisommossa. I manifestanti tirano qualche sasso, insulti contro i fotografi. In un lampo la maggior parte si dilegua. A sera si contano altri due fermati.

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