13 lug 2009

LE PANCHE E LE BESTIE




Urbino è stata una città-esperimento. Saldamente in mano all'amminstrazione di centrosinistra, vive oggi come un fantasma, il fantasma di un'ideologia fallita, di una possibilità mancata. Sopravvive come addensamento parassitario di un pezzo di classe dirigente dedita al Buongoverno in un contesto in cui il buongoverno è impossibile. anzi, è possibile solo scaricando su nuove figure fantasmatiche di "nemico" le tensioni folli suscitate da una città-museo che vive senza tessuto produttivo, o meglio, con il tessuto produttivo occultato dietro una facciata inscalfibile di bellezza. Bellezza definita per atto legislativo. Prendiamo un articolo a caso del Resto del Carlino, l'agente produttore di Opinione Pubblica sui tavolini dei bar.

Urbino, 1 dicembre 2007 - Detenzione di droga ai fini di spaccio. Con questa accusa la polizia di Urbino ha arrestato M.P., una studentessa italiana di 20 anni, residente a Fossombrone. Gli agenti erano da tempo sulle tracce della ragazza, che fa parte di un gruppo 'punkabbestia', sospettata di essere coinvolta in un'attività di spaccio.
Questa mattina, con la certezza che la ragazza fosse in possesso di un quantitativo di sostanza, la polizia ha perquisito la sua abitazione, dove è stato trovato, nascosto in un armadio della camera da letto, un involucro di cartone contenente 36,7 grammi di oppio; nel cassetto di un comodino c'era invece una piccola scatola con 2,2 grammi, suddivisi in quattro dosi, di un allucinogeno derivato dall'anfetamina, oltre a materiale per il confezionamento delle dosi e un appunto con nomi e cifre. La droga, hanno appurato gli investigatori, veniva venduta soprattutto a giovani del gruppo frequentato dalla ventenne, e in occasione di feste private.


ecco l'articolo con cui il resto del carlino ha riportato l'arresto di una studentessa. interessantissimo il termine impiegato per designarla. sbatti il mostro in prima pagina, questa la poetica che accomuna lara ottaviani e tutti gli altri giornalisti del carlino, come di tanta altra stampa nazionale e locale. cerchiamo di capire a cosa serve la parola sulla bocca di tutti, la nuova causa di mali antichi e presenti, il nome che finalmente ha trovato il nemico: pancabestia.

E' la parola che serve a legare insieme i concetti di degrado, crisi economica, blocco della trasmissione dei valori, repressione delle forme di vita non assoggettate ai modelli dominanti di consumo nello spazio pubblico, riduzione della politica ad assecondamento poliziesco degli interessi dominanti, e chi più ne ha più ne metta.

lo svolgimento di normali funzioni amministrative, che dovrebbe essere nei fatti: vigilare sul rispetto delle norme vigenti, degenera fino ad assumere la funzione barbara di designare un sistema costante di atteggiamenti da punire, che, nello stesso momento, individuano e riempiono la categoria di "pancabestia" come portatrice di quegli atteggiamenti. sono i capri espiatori sui quali la società proietta le tensioni interne. ogni intervento crea un maggiore spazio di libertà nella definizione del nemico interno; si agisce quotidianamente per la creazione di tale esercito di capri espiatori di riserva, viene inoculato dentro una o una serie di vittime designate una piccola dose di violenza e sopraffazione, che si saprà stimolare al momento opportuno.

siamo nelle terre di nessuno tra la formalizzazione delle norme, operata dal diritto e dai provvedimenti amministrativi, e la creatività di ogni comunicazione umana, la performatività della comunicazione, la capacità di instaurare fiducia, di comunicare quale sia la categoria di cittadini che può sentirsi protetta dallo stato di ordine e diritto che la divisa rappresenta.
la dose farmaceutica di sopraffazione fa sentire il dipendente statale sempre più illegittimo, malvagio, agli occhi della vittima designata. questa sviluppa una distanza tra il suo sistema di valori e e quello difeso e realizzato dagli uomini in divisa. il distacco non è repentino e totale. la vittima designata continuerà ad osservare una discrasia tra il sistema di valori "alto", con cui si identifica la comunità per la sua sussistenza, e la sua particolaristica applicazione da parte dello specifico uomo in divisa che ha trovato sul suo cammino. questo rende la vittima designata ancora più suscettibile di attuare, al momento giusto, l'azione sconsiderata, lo slancio eroico per riportare i valori ala loro verità, nel momento più (in)opportuno; nel momento di massima tensione, liberandosi da tutte le sopraffazioni, credendo di fare un'opera di verità e morale, la vittima designata sarà invece protagonista della delegittimazione del sistema, della violenza distruttrice contro l'ordine della città, di calci, spintoni e pugni, "resistenza a pubblico ufficiale". la vittima designata diventa essa stessa male, "diabolico". la sua sfiducia è lo spaesamento, che è creato come un contenitore, in cui si riverseranno tutte le tensioni antisociali e le paure dei singoli cittadini .

è qui che interviene la categoria mentale del pancabestia. tale slittamento verbale nell'individuazione di una categoria sociale marginale, autorizza il personale alle dipendenze dello stato ad autorappresentare il proprio ruolo come igienica sociale, nettezza morale urbana.
Etichettamento, così si chiama. un fatto di cronaca diventa rilevante solo in quanto è commesso da un'appartenente ad una categoria di persone; il tutto serve a collegare indissolubilmente quella categoria a quel genere di reato. quando la categoria è poi, come in questo caso, così indeterminata e velleitaria, l'etichettamento serve a definire ulteriormente la categoria nella cognizione di chi, seduto al bar, legge il resto del carlino.
per intenderci. notizia:il reato di spaccio è stato contestato ad una pancabestia. effetto: chi sono i pancabestia? quelli che spacciano. capito?

nell'articolo sopra non c'è alcuna informazione aldifuori di pesi e misurini. tutto il resto è costruzione della paura della società nei confronti del pancabestia. la parola degli ultimi anni per indicare il nemico delle città serve a generare negli spauriti cittadini una rappresentazione chiara delle proprie preoccupazioni, serve a dare un volto alla paura che sempre è dentro di noi. quella paura terribile, angosciosa, che non si sa mai bene a cosa attribuire. la paura indeterminata prodotta dall'insicurezza sul posto di lavoro, sui servizi nuovi aggiunti alla bolletta, sulla fila al supermercato, sulla conclusione della travagliata vicenda amorosa di berlusconi e noemi, sulle analisi dal medico, su tutte le altre possibili vite che non sto vivendo.

ecco invece alcune espressioni dell'articolo del resto del carlino su una ragazza per la quale era stato chiesto a gran voce l'allontamento per atto amministrativo, il "foglio di via" da urbino.

"vive ancora in città", chiaramente il nemico è tra noi. è l'espulsione mancata. la pancabestia è qui ancora, dove non dovrebbe essere. "colei che avrebbe dovuto essere bandita dalla città". lei ha messo in discussione l'ordine pubblico. si dà per scontata la funzione delle forze armate a difendere l'ordine. si dà una breve descrizione del giovedì sera, espressa in termini di numerosità di massa; e si presuppone che il male sia già chiaramente presente nell'essenza stessa del giovedì (il male è la massa).

attraverso il tema "pancabestia" si legittima una sospensione di diritti, il pancabestia è il nemico interno, il traditore della nostra certezza, sulla base della quale solo possiamo accettare ogni modello cui ci si sottopone strutturalmente. pancabestia è una categoria svuotata e utilizzata come simulacro per accumulare una serie di atteggiamenti in un'unica categoria che bypassa la definizione ontologica di a-socialità. definire antisociale qualcuno sarebbe oggi troppo lugubre, non si potrebbe ricorrere alla necessaria prontezza d'animo atta a definire il sociale, ciò che c'è di buono e valido in esso.

"ultimamente vedo un panorama diverso in piazza, non ci sono pancabestia sotto il porticato del collegio raffaello, con i cani liberi e comportamenti degenerati, che vengono repressi con maggiore decisione".
ecco le dichiarazioni di un vigile urbano aggredito.

la studentessa pancabestia è stata costruita come deviante. è stata sapientemente riempita di intollerabilità al quieto vivere civile e ai comenti che ne permettono la sussistenza. lei è fonte di violenza, senza alcuna consequenzialità logica, secondo l'articolo, solo perchè un vigile urbano l'aveva invitata a smettere di disturbare la quiete pubblica.
in modo semiafasico, fisicamente simbolico e preverbale, quale è lo stato in cui vive la subcultura pancabestia proprio perchè tale è stata costruita da chi ha il potere di inventrare le parole, ha rappresentato la delegittimazione del vigile urbano, il suo essere delegittimato rispetto all'ordine che dovrebbe rappresentare.

mettiamola così: è più pericolosa una pacabestia con un cane o una distinta signora con ermellino, in un luogo pubblico in cui sarebbe vietato introdurre animali? presupponiamo che entrambe le madonne abbiano misconosciuto la norma scritta (per consuetudine, per valutazione di oppprtunità nel momento, ecc,come infatti capita che ciascuna macrotipologia di reato sia presente e specificata in forme diverse in ogni calsse sociale, in ogni gruppo, in ogni partito, in ogni "subcultura" - rubano il megaimprenditore e il rubagalline; a seconda dell'attenzione sociale su certi temi, uno ha più possibilità di farlo impunemente rispetto all'altro)
allora, a decidere se sarà più pericolosa per l'ordine costituito la madonna con l'ermellino o la pancabestia è il vigile urbano che, per scelta del questore o del prefetto o del sindaco, da oggi deve intensificare e capillarizzare i controlli, far sentire gli onesti cittadini più sicuri con la maggiore presenza sul territorio, rispondere alla domanda sociale di sicurezza, portare a casa delle punizioni inferte e dei colpevoli asssicurati alla giustizia; che ne so: 20 alla settimana.
il vigile sceglierà la pancabestia, perchè questa parola è stata immessa nel linguaggio della cronaca per consentire al vigile di sceglierla. il vigile , entrando nel luogo pubblico in cui non si possono introdurre animali ma fino ad oggi si è sempre fatto ma da oggi si cambia tutto, perchè sicureza e ordine tornano a garantire i diritti degli onesti cittadini, sceglierà in base alla sua forma di classificazione del mondo, al suo senso di puro e di impuro, di sporco e igienico, di pericoloso e di bello. la ragazza con gli abiti sapientemente lacerati, con i rasta viola, con la faccia martoriata da spilloni, sarà chiaramente, nella percezione del vigile, l'individuo che, se è disposto a portare un cane dove non si può, sicuramente non è perchè ama gli animali. l'atteggiamento nei confronti della pancabestia sarà di precauzione, contenimento, distanza, fastidio.

la pancabestia in questione, si sentirà perseguitata senza motivo, attaccata in nome di una norma morta, umiliata.

cosa c'è, una mania di persecuzione nel pancabestia? può essere, che la "subcultura pancabestia" sia un sottoprodotto dell'industria culturale in cui si addensano i fenomeni di rifiuto, afasici, impolitici, preverbali. oppure una maggiore sensibilità rispetto ad ogni forma di sopraffazione e di potere perpetrata nel funzionamento meccanico di ogni ogni struttura sociale? vale, per i pancabestia, ciò che vale per Diogene il cinico, capace di ingiungere al Grande Alessandro: "Spostati dal mio sole"?
o forse bisogna pervenire a caratterizzazioni crimologiche positiviste, parlare, come fa il vigile urbano reale intervistato dalla pronta lara ottaviani, giornalista di punta del Carlino, di "atteggiamenti degenerati"? questa sarebbe una discussione troppo lunga e contorta. ma sicuramente noi sappiamo che il vigile e la pancabestia si avvertono, a pelle, al primo impatto, qualcosa di reciprocamente altro e contaminante. inizia qui il gioco di provocazioni reciproche, chiusure e resistenze, per cui alla fine la pancabestia diverrà violenta, esasperata ed aggressiva, la legge la punirà per qualcosa di ben più grave che un cane al guinzaglio, e la categoria sociale del pancabestia sarà ancora più stigmatizzata e colpevole, nella cronaca dei tavolini del bar.

questo nostro scritto, sia chiaro, non vuole nè spiegare nè parlare della cultura pancabestia. noi sappiamo che quando lara ottaviani scrive i suoi articoli per il suo giornale, deve comportarsi come se non sapesse che la parola pancabestia viene dagli atteggiamenti della beatgeneration, è stato il modo per definire nella post-modernità delle posizioni e delle scelte sociali ed esistenziali già propugnate ed esaltate da socrate, diogene e la scuola filosofica cinica, nel quarto secolo a.c ad atene.
ma lara ottaviani sa che il pubblico non ha bisogno di questo. il pubblico ha piuttosto bisogno di una parola per indicare lo sporco, il male, il pericolo e il disordine come tutto concentrato in un punto, in una categoria, in un nemico interno da poter individuare ed espellere. contestualmente, nelle scelte di vita di chi viene annoverato nella categoria "pancabestia", poco c'è della radicalità di socrate, diogene o keruac; la piazza, il vivere nomade e suscettibile solo agli incontri, al continuo mutare della natura e alla riflessione speculativa, è solo una delle possibili scelte, confinata, con tutta la sua pericolosità sociale, entro delle scelte di consumo, entro le possibilità di fruizione dell'Aperitivo Categorico.

ma qui volutamente si vuole evitare questo aspetto della questione. quello che qui si vuole dire è che la categoria "pancabestia" non ha alcun richiamo semantico forte, non ha un significato per il quale viene usata. è svuotata dall'uso giornalistico. è solo una classificazione vuota, da riempire di volta in volta per dare una colritura negativa ancora più forte al comportamento che si intende discriminare. è da segnalare, a tal proposito, che anche nel sostenuto e tecnocratico italiano dei commissariati, sempre a caccia di nuovi participi, ha iniziato a fare capolino il "cosiddetto pancabestia", attentamente attenzionato.

ma perchè il giro di vite, l'inasprimento dei controlli, la stretta su sicurezza e pericolo?
questa è forse la questione più scabrosa della vicenda, quella più difficile da trattare. in primo luogo, come abbiamo suggerito all'inizio, la securizzazione degli spazi è una misura amministrativa, un provvedimento, qualcosa come spolverare il tavolo della cucina. non è una cosa sulla quale si decida. una cosa sulla quale si faccia un dibattito parlamentare, o un dibattito in ogni altra sede legiferante in cui vi sia rappresentata la totalità della cittadinanza. la securizzazione è prodotta da regolamenti, come nel caso di urbino, da norme interne all'organo stesso che deve vigilarne il rispetto: la polizia municipale. se il parlamento o altre sedi vengono portate ad affrontare la questione securizzazione è sempre sull'onda emotiva di qualcosa, di fronte ad un fatto già compiuto, oppressa dal ricatto morale di avallare, impedendo la stretta dei controlli e dei poteri disciplinari, un crimine compiuto, un aberrante misfatto perpetrato da un'emanazione di quella degenerazione che, attraverso il provvedimento legislativo, si intende estirpare.
è uno stato non dialettico della politica, uno stato non democratico, non partecipato. non c'è discussione, analisi possibile. tutto è improntato all'emergenza.

perchè in realtà la politica è inutile. nessuna delle forme rappresentative che ci sono date può oggi reggere la complessità economica e sociale in modo democratico . vecchie identità politiche, al centro di operazioni di re-styling, servono solo a mantenere in piedi pezzi di classe dirigente lergamente ininfluenti sui macromeccanismi che spostano capitali, flussi migratori, tecniche di produzione, psicologia e definizione dell'esperienza umana attraverso il discorso scientifico. viviamo in un modo che determina assurdi squilibri nell'economia mondiale. la nostra fortezza europea è assediata da miliardi di barbari, taluni penetrano entro i confini e mettono in discussione il nostro mondo. noi non sappiamo in realtà cosa stiamo difendendo, oltre la nostra sicurezza di avere una fortezza. non sappiamo in realtà quale sia il valore per cui la nostra fortezza vada difesa, cosa ci sia di meglio in noi rispetto che in loro. avere un barbaro disumano rispetto al quale difenderci è l'unica cosa che aiuta, in questi casi. dobbiamo costruire noi stessi in termini di puro, pulito, ordinato. e allora chi, all'interno della fortezza, mette in discussione l'ordinato, il pulito e il puro, deve essere espulso, e con la sua espulsione, garantire che la fortezza sarà difesa solo da probi e giusti cittadini, quando arriverà l'invasione. e questo, noi possiamo saperlo solo se sappiamo di essere diversi dalla nostra vittima.

la ragazza, a caso, diventa pancabestia, centro simbolico delle asocialità serpeggianti.
ma , come sa Foucault, "sono le strutture politiche a determinare le regole secondo cui è possibile parlare". la creazione della categoria cgnitiva del pancabbestia è la risultante di un potere politico che vuole riempire di paura lo spazio pubblico della piazza, che riempito della suddetta paura, diviene, da piazza, zona di degrado e purulenza, trincea, orinale. ciò che si vuole colpire è un atteggiamento nei confronti della città, un atteggiamento nei confronti della vita con gli altri, della disponibilità ad entrare in contatto in uno spazio pubblico, un atteggiamento per cui la piazza non è solo luogo di veloce passaggio trasversale durante il quale lanciare sguardi sospettosi al terribile usurpatore che viene dalle panche.

e allora la piazza deve diventare vuota; chi ancora vi si attarda è un possibile nemico, è uno che, attraverso una nuova parola, dovrà chiaramente dare a vedere di essere una possibile minaccia, uno che sta tramando alle spalle dell'ordine e della pulizia su cui si fonda la nostra vita. e allora: violenza, umiliazione, igiene e tranquillità.

ma si sa,
sotto la panca la bestia campa; sopra la panca la bestia crepa.

2 commenti:

  1. è tutto spiegato molto meglio qui
    http://www.youtube.com/watch?v=EnUHdlSJe8E

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  2. penso alle piazze svuotate.
    e riempite, e dosate in pillole durante le cosidette notti bianche.

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