7 feb 2009

FUORI LEGGE di Alessandro Dal Lago

È come se la politica della sicurezza in Francia fosse dettata da Le Pen. Le misure approvate al Senato descrivono il baratro in cui è caduta l'Italia, oggi il paese occidentale in cui una parte consistente della popolazione residente è letteralmente perseguitata in nome di un'ideologia xenofoba e del ricatto della Lega. Da oggi, la discriminazione degli stranieri diventa stigma ufficiale, un marchio legale impresso sull'esistenza, sui corpi e sulle possibilità di vita di chi è già privo di diritti, escluso o marginale. Una vergogna che ci coinvolge tutti e che rende oscena ogni mediazione tra opposizione e maggioranza, anche su qualsiasi altro argomento. Intendiamoci. Con queste misure, il governo va a caccia di guai e di ulteriore riprovazione internazionale. La possibilità per i medici di denunciare i clandestini non potrà che ripugnare alla coscienza umana e professionale di chi si sente vincolato al giuramento di Ippocrate. Non è difficile prevedere su questo punto una vasta obiezione civile. Quattro anni di carcere a chi si è sottratto all'espulsione significano intasamento degli uffici giudiziari e delle carceri, nonché nuove prigioni e Cpt. La tassa sul permesso di soggiorno è una gabella rivoltante che una società opulenta impone a chi cerca solo di sopravvivere con il proprio lavoro. Le ronde, armate o disarmate che siano, sono uno scotto pagato alla brama di delazione e di menare le mani che spira direttamente dalle osterie lombarde. Quanto al registro dei senza tetto, eccoci tornati al virtuale imprigionamento dei poveri dell'Inghilterra settecentesca. Sono norme grottesche e in larga parte inattuabili, ma che diffonderanno il terrore tra chi vive già nell'angoscia dell'esclusione. Misure indegne della costituzione. E vedremo se passeranno il vaglio delle supreme autorità. In ogni caso, dimostrano ampiamente quanto abbiano ragione, in Brasile o in Francia, quelli che dubitano della giustizia italiana. Una volta di più, la responsabilità di questa inarrestabile deriva razzista non è esclusivamente della destra. Se un partito xenofobo impone le sue ossessioni a gente che ha la faccia tosta di proclamarsi cattolica o liberale, è perché sente il consenso di fondo di gran parte del ceto politico, compreso quello che è minoranza in parlamento. Magari non sulle singole norme, ma sulla cultura che le sottende. L'oscena equazione «insicurezza uguale immigrazione», lo strepito bipartisan che ha visto metter alla gogna lavavetri, mendicanti, marginali, ambulanti e così via. Un consenso che non evita all'opposizione un declino inarrestabile, in un paese che si contorce senza fine nella paura.

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