4 dic 2008

SULLE "CLASSI PONTE"

Guardando l'onorevole Cota, della lega, primo firmatario della mozione in questione, mi è sembrato che il giochetto malato, la "strategia fatale" stia tutta nella capacità, posseduta dai politici in virtù di un apparato di informazione-spettacolo, di CREARE un problema, creare la percezione di un'emergenza, che loro si accingono ad AFFRONTARE.

Un linguista ha fatto recentemente osservare la particolarità del concetto EMERGENZA: esso designa in un'unico atto di significazione una "condizione oggettiva della realtà" e, contemporaneamente, lo "stato emotivo conseguente a percezione di tale condizione". secondo me è qui che gioca gran perte della strategia.

La norma, passata già alla camera, parla di "immigrati di ingresso recente in italia" che sarebbero sottoposti al "test di competenza linguistica". Già emerge una componente "spettacolare" del provvedimento in questione: l'immigrato da anni in italia, bocciato già due volte alle elementari, non potrà fruire di alcuno dei mirabolanti strumenti messi in opera dal governo per "affrontare il problema integrazione".

Il discorso dell'onorevole è: bisogna evitare che ci siano classi con l'ottanta per cento di stranieri (i quali, rallenterebbero il progresso dell'apprendimento dei "programmi" da parte dei bambini italiani). Quindi, prendiamo tutti gli stranieri e mettiamoli insieme, ad imparare la lingua. Perchè, nel frattempo, i genitori continuano a "scappare" dalle classi con l'ottanta per cento di immigrati (su questo non ho dati precisi, ma non stento a credere che sia un fenomeno rilevante). Allora si vede che il problema non è un deputato o una ministra, ma tutta la società, la sua deriva immunitaria e autoimmunitaria, la paura e l'incomunicabilità, la separazione.

In qualche misura, anche il concetto stesso che "a scuola si va per imparare" andrebbe decostruito, sottoposto ad una critica demolitrice. (Ma il mondo delle classi medie occidentali è alla fine. Questa fine durerà tanto o poco, ma è un'agonia. Il dispositivo immunitario della segregazione, della preservazione della nostra identità, è uno degli strumenti che si possono mettere in atto in un momento di decadenza. Tutto questo finirà. Ciò che verrà dopo non sarà meglio).

Ma il punto è, sempre al livello di discorso, non certo di "effetto concreto", il quale richiederebbe un'analisi ben più profonda: il leghista dice: difendere la nostra cultura e la nostra identità. Ma cosa ho io in comune con lui? io credo, affermo con certezza, che non c'è la minima cosa che io e lui troveremmo in comune da insegnare ai nostri figli, neanche il modo per evitare che mettano i diti nei buchi della corrente. Nè, di certo, la mitologia della battaglia di Lepanto

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